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domenica 10 febbraio 2013

Ho consigliato un bistrot




Ho consigliato un bistrot a mia moglie, voleva festeggiare con le amiche il compleanno.
Ne ho scelto uno che avesse una carta dei vini decorosa, però…
Premettendo che le invitate erano tutt’altro che astemie e il vino in casa c’è l’hanno sempre, addirittura il marito di una di loro ne produce.
Ebbene al momento di scegliere cosa bere hanno preso la carta dei vini e hanno candidamente ammesso di non sapersi assolutamente orientare fra le referenze.
Per cui di solito, se non accompagnate dai mariti/compagni, si affidano all’oste con le tre parole che noi tutti aborriamo “vorrei un rosso/bianco/bollicine” e voilà la scelta del prodotto è delegata a terzi.
Il fatto che il vino non abbia appeal per le donne che non delegherebbero mai la scelta di un rossetto neanche alla migliore amica/sorella è una debacle incredibile per chi si occupa di marketing e comunicazione del vino e una presa di coscienza della assoluta incapacità comunicativa dei giornalisti enoici e ahimè dei blogger.
Il vino è una questione maschile?
Come le chiacchiere da bar su calcio e formula uno?
Pensiamoci, perché temo che sia così.

20 commenti:


  1. Secondo me non c'è differenza sensibile fra pubblico maschile e femminile di fronte ad una carta dei vini,quasi sempre sono in difficoltà anche io (ok lo confesso)nei posti nuovi e sono dell'idea che la carta dei vini come concepita oggi vada riveduta e adattata ai tempi che cambiano. Troppo spesso mi trovo di fronte a carte dei vini che non sono altro che elenchi di nomi spesso privi di significato anche ai più avvezzi all'argomento, carte fredde e gelide, che non traspirano alcuna passione,che allontanano invece di avvicinare.
    Il vino oggi non è più una questione maschile, forse nel passato, ma non oggi, direi che è un argomento su cui tutti hanno la possibilità e i mezzi (penso al web) per confrontarsi.
    All'ultimo Vinixlive a Torre Maina (MO) sono rimasto felicemente sorpreso dal fatto che i tanti giovani presenti erano perfettamente amalgamati, nei due sessi, e tutti attenti alla possibilità che veniva loro offerta di confrontarsi con produttori e altri consumatori di vino.
    I ristoratori dovrebbero maggiormente frequentare questi piccoli eventi e incontri dedicati al vino non tanto per assaggiare novità ma quanto per osservare il comportamneto dei loro possibili clienti di fronte al vino.


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  2. Spesso, per noi donne, le priorità sono altre. A meno che non si sia "del mestiere", ma anche in quel caso si rischia di apparire spocchiose a soffermarsi e disquisire troppo sulla carta dei vini, il piacere delle serate con le amiche risiede in altre cose. Inaccessibili a voi uomini. :)

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  3. Stimolanti entrambe sia quello di @Mirella sia quello di @Vittorio.
    Comincio per Galanteria da Mirella, l'apparire spocchioso capita a tutti gli amanti del vino ad una cena di "normali" consumatori (che però bisogna osservare per imparare da loro come la gente comune si approcia al vino) per cui la carta dei vini è un percorso lastricato di insidie e su cui non puoi iniziare a discutere con i commensali e intavolare dibattiti che durano l'intera cena, devi sceglier veloce, bene, senza fronzoli. Il problema che enucleavo io oggi è che la maggior parte di donne (e di uomini sia chiaro ma oggi è declinato al femminile) non ha neanche l'abc per orientarsi fra Regioni, Doc, Tipologie, Vitigni e con cui scegliere un vino gradito.
    @Vittorio,
    le nuove generazioni stanno rimontando a passi di gigante il calo di interesse che il vino aveva subito prima (la mia generazione non aveva grandi interessi nel vino) e infatti così come a Vinix Live anche in luoghi deputati come Millesime bio e ancor più agli off salone a Montpellier l'età media era piuttosto bassa e la percentuale femminile abbastanza alta (più agli off che alla fiera).
    Sicuramente bisogna cambiare il modo di comunicare il vino in generale ed in particolare nel caso del pubblico femminile che ha bisogno di parole più semplici e meno alterigia e meno dovizia di descrittori del vino, che, diciamocelo sinceramente, sono un puro e semplice esercizio di stile.
    Bisogna, all'esatto opposto di come fanno i pinguino vestiti delle associazioni del vino, accorciare la distanza fra savant e non savant anche attraverso l'esercizio dell'umiltà e l'uso di lessici meno specialistici.

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  4. NON E' QUESTIONE DI APPARTENERE AD UN SESSO ANZICHE' L' ALTRO
    CI SONO UOMINI...MARITI CHE DI VINO NON NE CAPISCONO NULLA
    E COSI' CAPITA ANCHE A LOR SIGNOPRE.
    CULTURA E' SOLO QUESTIONE DI CULTURA......

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    1. Carissimo anonimo/a,
      non è necessario ostentare irritazione con l'uso delle maiuscole, qui ti ascoltiamo lo stesso.
      Non credo di averne fatto una questioni sessista, anzi io faccio notare come un mondo di raffinata cultura come quello femminile non sia coinvolto in maniera capillare dalla comunicazione del vino che così si perde una rilevante fetta di mercato di alta gamma.
      L'esatto opposto di una tesi sessista e denigratoria, direi, tutto in minuscolo perchè non c'è bisogno di gridare.
      Tuttal'più, anzi lo faccio proprio, accuso una corporazione, quella dei giornalisti e dei comunicatori che non sanno leggere le dinamiche sociali e vanno avanti applicando schemi desueti.
      Buona Domenica

      ps
      anche l'anonimato al "Bar" non è molto ben visto, però siamo tolleranti.

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  5. Penso che la scelta del vino al ristorante per le donne, salvo quelle integraliste e con un anima enoica profondamente maschile, sia un pò come lo scettro del telecomando a casa ritengono di poterlo lasciare tranquillamente all'uomo perchè ci sono come più importanti a cui pensare e poi non sempre decidere è un bene, spesso affidarsi è meglio!!!
    Altro discorso è la presenza di carte dei vini che spesso invogliano e stuzzicano poco senza poi pensare che in molti ristoranti e/o bistrot la scelta al calice è veramente poca cosa...originalità e fantasia nella carta dei vini potrebbe meglio incuriosire sia donne che uomini.

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    1. Io un modo lo sto trovando, inventandomi delle vere e proprie liste letterarie, cioè "a tema", secondo il nome delle etichette. Certo valuto il contenuto, prima di inserire una bottiglia, ma, a parità di qualità, scelgo quella con il nome intrigante, che rientri, per il suo essere evocativa, alla lista in questione. ne ho all'attivo 2 che spesso mi accompagnano a serate o incontri particolari: "Intrighi d'Oltrepò" e "Terre di Passo". Allora si che, uomini, donne, e ragazzi, discutono, ridono, si stupiscono, conla carta dei vini in mano, trasformando anche il momento della scelta, in momento di convivialità e, perchè, no, di cultura e conoscenza dei territori. Con un po' di fantasia... cambiare si può!

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    2. Molto intrigante!!!
      Infatti andare in un locale dev'essere anche un modo per divertirsi col cibo e gli abbinamenti e raccogliere nuovi spunti.

      Complimenti

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  6. Ciao Luigi
    Capita magari di arrivare al "dunque" e di non avere le idee molto chiare. Nel mio caso direi che più che di idee chiare si potrebbe trattare di indecisione. Premetto che la scelta del rossetto, cosa che non uso, non la delegherei a nessuno. Tantomeno la scelta di una bottiglia. Per un fatto di normale stima della mia persona mi ritengo in grado di intendere e di volere, quindi anche di decidere… poi magari la bottiglia che tanto anelavo mi lascia con poca soddisfazione ma, se mai si prova mai la propria cultura si amplia.
    Ah, dimenticavo: anche volendo delegare non mi converrebbe… oltre al marito astemio mi capita spesso di essere single per ristoranti. Quindi mi affido a me stessa :)

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  7. Luigi, concordo con te e con Vittorio su quasi tutto: sulla comunicazione ingessata, sulle carte fredde ed ermetiche (e banali – aggiungerei - ma questa è un’altra storia), e anche sul vago disinteresse per il vino che talvolta accompagna le tavolate a cena, che magari si concentrano a conversare di rossetti, oppure sulla rilevanza dello spinterogeno nei motori a scoppio. Scelte insindacabili, se a costoro interessano tali argomenti di discussione.

    Mi blocco stupefatta, però, di fronte alle suddette affermazioni:
    1) che il vino non abbia appeal per le donne;
    2) che il pubblico femminile abbia bisogno di parole più semplici.
    Affermazioni non sessiste, come ribadisci. Ti credo in parola, anche se lette così, ne converrai, hanno un suono abbastanza inquietante.

    Un paio di osservazioni sulla situazione che hai descritto.
    La prima: il fatto che “il marito di una di loro ne produce” non sempre provoca l’immediato travaso di passione o di competenza per proprietà transitiva, e il fatto che le commensali non fossero astemie non significa che fossero anche enofile.
    La seconda: l’unica differenza di genere che mi è spesso capitato di osservare al ristorante è che mentre gli uomini sono generalmente più sboroni e non ammetterebbero MAI di non saper scegliere il vino in carta, le donne più candidamente se ne fregano.

    Tanto premesso, credo che il problema stia nella diffusa incompetenza nella costruzione delle carte dei vini. Che in Italia raramente sono costruite, ma piuttosto riempite di nomi ed etichette e mai, mai, mai messe in relazione al menu.
    Come se il vino fosse un ornamento, ovvero un orpello, come se non fosse anch’esso un ingrediente, parte essenziale del sapore e della personalità dei piatti, e della riuscita della cena.

    Sogno di vedere carte dei vini in cui si suggeriscano abbinamenti, si descrivano le caratteristiche dei vini e dei territori di produzione. E anche in cui i vini non vengano selezionati in base al colore dell’etichetta o alla notorietà commerciale del marchio: perché vorrei bere il frutto del lavoro di un bravo produttore, non quello di un buon grafico o di un eccellente ufficio stampa.

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    1. Non rimanere stupefatta Marilena,
      1 poche donne trovano carico di appeal il mondo sozzo, fangoso, marginale (tutta questa natura, troppa spaventa) in cui si fà il vino, alle scampagnate in Monferrato non si può andare con le Laboutin e la Birke.
      Questo è un dato oggettivo ma anche una incapacità dei comunicatori nel rendere attraente un luogo e delle pratiche rurale al mondo femminile.

      2 (non intendevo dire che le donne sono stupide per cui bisogna semplificare le parole) le parole più semplici servirebbero a tutti, me compreso, perchè delle tirate descrittive dei Sommeliere old style facciamo tutti voletieri a meno, proprio con Sandra Longinotti un annetto fà si parlava di come poco colpisca, se non addirittura annoi, il linguaggio (maschile) del vino e di come lei sentisse la necessita di inventare un nuovo modo di comunicare le cose del vino alle donne.

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    2. Errata corrige
      la Borsa di Hermes è la Birkin e non la Birke come ho scritto.

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  8. In controtendenza con molte affermazioni dei commenti che mi precedono devo confessare che il wine bar che frequento più assiduamente è gestito da donne assai competenti e frequentato prevalentemente da donne che scelgono con consapevole attenzione il vino da ordinare.

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  9. Luigi sulla necessità di stili comunicativi meno rituali sfondi una porta aperta. Ma credo che nella vicenda ci sia un unico punto debole: come fai a trarre una regola generale da un episodio personale quindi circoscritto? Ai corsi che organizzo io partecipano quasi sempre in maggioranza donne, ma non per questo posso dire che per i maschietti "il vino non abbia appeal". Che poi quello è un metodo valutativo molto anti-scientifico. Oddio, con ciò t'ho fatto un complimento? :D

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  10. Scusate, ma non siamo qui a disquisire se ci sia una differenza biologica fra uomini donne in fatto di attitudine alla cultura del vino, ma piuttosto a domandarci a che punto siamo con il superamento del modello maschilista imperante, ahimè, anche in questo campo.
    Forse le ragioni della differenza uomo donna in fatto di vino sono antichissime e non credo inverosimile che i due sessi si differenzino anche nel rapporto con Dioniso, ma dobbiamo constatare che generalmente la scelta del vino viene di default lasciata al maschio, spesso quello "che se ne intende", come se fosse ambito di competenza appunto del poco gentil sesso.
    Per fortuna le donne che amano il vino ci sono e penso che il loro numer sia in crescita, ma forse il loro modo di rapportarsi con esso è leggermente diverso. Sicuramente meno egocentrico, meno celodurista, meno esibizionista e meno onanista. O almeno a me così sembra.
    Per esempio pensando ai blog di vino, ci sono pochi blog femminili (tra l'altro di ottimo livello),e una marea maschili.
    Andando sul personale, mia moglie dopo tutti qusti anni ancora non riesce a capire cosa ci trovi io nel nettare bacchico (tranne forse immaginare che io vi affoghi le mie tensioni quotidiane) e mi descrive come un primate che con una mano rotea un bicchiere e con l'altra digita sullo smartphone!
    Ma, e qui secondo me sta il vero spunto di questo post, ignorare o sottovalutare nella comunicazione del vino il gentil sesso potrebbe essere un errore madornale e per contro la consapevolezza di questa svista potrebbe aprire nuove strade creative per raccontarlo.
    E l'horeca potrebbe proprio essere il settore che se ne renda promotore, con conseguente vantaggio.
    Le carte dei ristoranti sono mediamente mute per chiunque. Forse per chi conosce un po'il vino, più che aiutare quasi sempre deludono.

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  11. Ciao, bella discussione. Pensa io sino ad oggi credevo che a tutti fuorché agli appassionati non gline fregasse niente del vino. E melo confermavo nel tormento che mi veniva quando usciti a cena, ma anche in enoteca con amici non enostrippati venivo regolarmente additato come "colui che sceglierà i vini" della serie "sta menata a lui cosi noi ci godiamo tutto senza patire di sto casino della scelta del vino". Poi in agriturismo anni fa dissi, le cose cambieranno io mi sbatterò per creare una cultura del vino: cosi picchiai a tutta forza contro il muro dell'indifferenza media enologica. Non era, ahimè, solo femminile: uomini, donne tanto quanto. Poi ho capito che alcune cose sono belle perche di nicchia, come il formaggio di malga lo apprezzano in pochi mentre i formaggi industriali più o meno tutti li mangiamo.

    Pero, c'è un pero: se il vino e buono o no, se e abbinato bene o no, beh li le donne sono davvero un punto di riferimento.

    Un caro saluto da Ovada, Tom

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  12. Sottoscrivo quanto appena commentato da Marilena, ho sia amiche che vanno in crisi mistica nella scelta della sfumatura di verde della loro 3435 t-shirt e bevono al massimo un aperol, sia amiche che conoscono per filo e per segno anche la piú sperduta e antisocial cantina della sua regione.

    Quando sono in compagnia al ristorante, mi pare ineducato oltre che scortese, non lasciare all'uomo quell'attimo di terrore che segue all'arrivo della carta dei vini, per poi con garbo domandargli cosa gli andrebbe di bere e, solo dopo che la tensione è scesa, con un eccesso di galanteria mi cede l'incombenza della scelta del vino.

    Come in tutte le cose non facciamo di tutta l'erba un fascio.

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  13. Trovo fuorviante e sbagliato e falsamente political correct irrigidirsi su fatti incontrovertibili: donne e uomini sono diversi sia psicologicamente sia fisiologicamente (smentitemi ma se lo fate sono solo retoriche ugualitarie), per cui non c'è nulla di male nell'affrontare il tema del vino con comunicazioni differenziate che colpiscano nel vivo gli uomini e le donne ciascuno con la propria unicità e diversità.
    Tempo fa una mia amica (sì ho anche amiche!) mi diceva che nella pubblicità dei prodotti di bellezza, la componente di acquisto maschile era alta, però la comunicazione diretta rivolta agli uomini non pagava molto, spesso era meglio affidarsi alla pubblicità sulle riviste femminili tanto gli uomini le leggevano proprio per cercare nuovi prodotti di bellezza.

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  14. Lo ammetto: francamente non lo so come si chiami la borsa di Hermès, ma qui il punto non è questo, anche perché il fatto che io non lo sappia o che ami il vino sopra ogni cosa non fa di me un uomo, per fortuna…
    Trovare attraente il fangoso mondo dei vignaioli è una cosa, trovare appealing il vino un’altra, credo, e io di questo infatti parlavo.

    Se poi la domanda è se la comunicazione sul vino debba essere differenziata in relazione all'utenza, la mia risposta è sì, ovviamente. Segmentata anche per fasce di età, per livello culturale, per potere d’acquisto e non solo per genere, poi, sarebbe ancora meglio.
    Ma questo è lavoro vostro, cari blogger, non mio :)

    E quindi mi sento di trasferirvi i miei two cents.
    Solitamente, quando faccio le degustazioni non noto una grande differenza né nel numero né nel livello di attenzione tra uomini e donne presenti (lumaconi esclusi, ovviamente). Anzi, mi sento di affermare che, proprio perché il vino è stato per moltissimo tempo un topic prevalentemente maschile, la maggiore curiosità arriva, oggi, proprio dalle donne, che non si vergognano affatto di chiedere e di commentare - al contrario dei loro compagni, spesso ingessati nel ruolo di “espertoni”.
    Questo significa che il vino ha poco appeal sulle donne? Credo sia il contrario: ne ha, e molto. E per noi tutti credo sia un’opportunità da non sottovalutare.

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  15. Senza entrare in una questione di genere (penso che difficilmente l'approccio al vino possa dipendere dal genere). Parlo della mia micro esperienza: io al ristorante so scegliere il vino e accostarlo a quello che ordiniamo, ma la mia compagna mi supera in riconoscimenti olfattivi alla grande, ha una dote naturale. è dovuta al genere? non credo, piuttosto al fatto che io ho passato comunque la mia infanzia in città o al massimo al mare, mentre lei le estati andava in montagna, passando le giornate a giocare tra campi di grano, boschi e orti...

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