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venerdì 4 aprile 2014

sancerre 2012 Thomas-Labaille vs sancerre 2012 Domaine Vacheron

Premessa:
Lorenzo Nodari amico enostrippato con derive francofile mi ha contattato per avere del Sancerre di Chavignol di un produttore praticamente introvabile (la degustazione completa dovrà scriverla Lorenzo e noi gliela pubblicheremo qui, naturalmente, questa è una minaccia e non una richiesta!), per cui alla ricerca di questo vino mi sono imbattuto in Dario Pepino, importatore molto preparato e appassionato che mi ha lungamente parlato dei Sancerre e delle loro sfaccettature per cui ho acquistato le due bottiglie oggi recensite (solo la prima dal sig.Pepino), più quella del fantomatico produttore consigliato da Lorenzo ma di quella ne scriverà lui.

Sancerre 2012, Chavignol, Les Monts Damnès, Thomas-Labaille
Colore scarico quasi verde, trasparente malgrado reciti in etichetta che non è filtrato (ma chiarificato?), questo aspetto “gelido” lo farebbe rientrare nella farmacopea medievale come lenitivo per gli umori caldi.
Profumi intensi di cedro, con qualche accenno di canditura, ananas che ha sempre una potente acidità che contrasta la dolcezza.
Mi colpiscono sempre i vini come questo, così “trasparenti” ma che sfoderano profumi molto intensi e caleidoscopici, l’acidità e la mineralità si intuiscono già al naso e si legano ai sentori di scorza d’agrumi amari.
In bocca è potente, pizzicante, amarognolo e salino con ritorni di maturazioni molto piacevoli che attenuano l’impianto acido.
Malgrado sia un vino “dritto” al limite del tagliente è anche ricco e a suo modo opulento.
Penso che si possa dar ragione a Dario Pepino quando mi disse che è un vino di territorio e Chavignol è un gran luogo per il sauvignon (e anche per i crottin di capra a cui abbinerei ettolitri di questo vino).

Sancerre Domaine Vacheron, Cher.
Colore un po’ più intenso, meno verdognolo del precedente.
Profumi più classici e stereotipali del sauvignon, vegetali ma un po’ fissi,  quasi stentorei di ananas e altra frutta tropicale, sbuffi di zuccherosità di caramelline.
In bocca poi conferma una unidimensionalità imbarazzante, acidità forte ma scissa dal corpo, dolcezze e morbidezze che vagolano in bocca come viandanti persi, il tutto per durate quasi infinitesime.
Mineralità e corpo non pervenuti.
Uno stereotipo del Sauvignon, didattico ma veramente deludente.











Kempè


Luigi