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venerdì 28 ottobre 2011

monferrato rosso Dolcetto Bera canelli

Monferrato Dolcetto doc Bricco della Serra, millesimo non pervenuto.
Bera Vittorio e Figli, Canelli (AT).



Comincio a credere che i vini di Gianluigi Bera vadano frequentati con più continuità.
Tempo fa in una degustazione, con furto di vino da bottiglia abbandonata sul tavolo,
avevo incrociato il suo Moscato d’Asti docg, buonissimo ed opulento con grassezze incredibili e profondità da vinone.
Pochi giorni fa mi hanno fatto assaggiare il suo dolcetto.
Vitigno non proprio simbolo del Monferrato, soprattutto assai diverso da quelli langhetti.
Degustazione coperta, dalla quale al solito sono uscito con le ossa rotte.
Ero convinto che fosse un Nerello Mascalese dell’Etna.
E se ripenso all’arroganza con cui sostenevo la mia tesi, mi vergogno.
Strano è strano.
Molto ridotto all’inizio.
Sarà il basso dosaggio di solforosa 50 mg/l.
Ha avuto bisogno di bicchieri ampi e tempo.
Poi si è aperto con toni vegetali quasi da Sauvignon Blanc.
Pesche mature e mandorle.
Cupo e profondo e terroso.
Poi sferzate dolci di polpa matura.
Poi di nuovo il vegetale intenso e inebriante.
Tannino educato e freschezza.
Altalenava e alternava sensazioni e profumi indescrivibili e complessi.
Come l’ho trovato?
Ci ho pensato su un po’.
E il giorno dopo ho deciso che mi era piaciuto, fors’anche parecchio.
Soprattutto ho stabilito incontrovertibilmente che necessita di un secondo e più approfondito assaggio.
Mi hanno detto che la sua Barbera è ancora meglio.
Gianluigi Bera un personaggio da frequentare, almeno nel bicchiere.
Bonne degustation


Luigi

11 commenti:

  1. Io non mi stupirei, intanto il dolcetto era assai più diffuso nel passato nell'Alto Monferrato, poi sono arrivati gli "speculatori" della barbera quando una barbera "barricata" si vendeva a cifre senza senso e allora vai di estirpazione.
    Canelli poi è terra di confine fra 2 province, Asti e Cuneo, è un terroir di tradizione e di valore ma fa parte di una zona che è in difficoltà (basta pensare alle vicende Contratto), ben vengano produttori di valore come Paolo Bera.
    Mi piace il tuo "ci ho pensato un pò" :)

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  2. Hasta il Dolcetto siempre! Luigi, una nota sulla degu, per esperienza se stai basso di solforosa il vino è più aperto non più chiuso.

    Ciao
    Tom

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  3. @Tommaso,
    primo ti ringrazio per l'attenzione che mi hai dedicato.
    secondo, non ho detto che fosse chiuso ma che ha avuto bisogno di un po' di tempo per smaltire la riduzione dopodichè era apertissimo e mutevole come ho detto.
    Io ho pensato, forse sbagliando, che la produzione di composti volatili solforati fosse dovuta dalla so2 bassa che da' una minore protezione all'ossidazione.

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  4. Che meraviglia! Stavo confidando ad un amico una crisi di autostima e lui di botto mi fa: "Allora beccati questo e fattela passare", e mi manda li link. Ecco, per noi piccoli produttori naturalisti le soddisfazioni più belle e le gratificazioni più importanti sono soprattutto queste: sentir parlare dei propri vini come di una sorgente di emozioni; e sentirne parlare con una simile profondità e competenza. Grazie, Luigi, grazie di cuore. Spero potermi sdebitare facendoti assaggiare la Barbera, la mia Barbera eretica e francescana e lunare; e ancor di più una delle ultime bottiglie di un Moscato di 25 anni che tengo ormai solo per chi le merita.

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  5. Per quanto riguarda il Dolcetto, sarebbe importante per me conoscerne l'annata, che è scritta sempre nella controetichetta. Dalle tue parole mi è parso il 2009, ma non ne sono affatto sicuro. Pensa, l'ho imbottigliato nel Maggio scorso e a Giugno ero convinto fosse in assoluto il miglior rosso uscito dalle mie ormai numerose vendemmie. Dopo due anni di affinamento sui lieviti era una meraviglia, un frullato di frutti rossi e di amarene al profumo di Kirsh. A Giugno il trauma: dopo un mese di bottiglia, malgrado i 14,80 gradi alcolici e i soli 4 g. litro di zuccheri residui ha fatto una rifermentazione, tanto piccola quanto inaspettata e destabilizzante. (I rossi non li filtro, sarà per quello) Ed il vino è letteralmente impazzito, è diventato selvaggio ed è andato a vivere con gli indiani. Avvicinarsene è un rischio, va a giornate. A volte soffia e stride e graffia e picchia e ti prende a ginocchiate fino a quando non lo molli; altre volte strilla un po', poi si calma ma continua a brontolare. Per adesso lo lascio lì, che stia in prigione a farsi passare i grilli dal capo, vedremo cosa ne verrà fuori tra un anno, o tra due, o tra venticinque.

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  6. @ Vittorio: qui da noi il Dolcetto è sempre stato il vino "fine", "da buta"; fatto in piccole quantità soprattutto per la famiglia e per le grandi occasioni. Quando nacqui io era una grandissima annata, e mio nonno ne mise via nel crotin 100 straordinarie bottiglie che dovevano bastare per tutti i miei compleanni. Ma erano talmente straordinarie che mio padre le stappò tutte per gli ospiti di riguardo( "per el ciule", diceva mio nonno con gran rincrescimento) nei cinque anni successivi. Ecco, in memoria di mio nonno e delle sue cento bottiglie perdute mi ostino a fare il dolcetto a Canelli, e farlo come faceva lui. Poi ogni tanto mi frega, ma questo è un altro discorso! ;-)

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  7. @ Tommaso: sui rossi non supero mai i 40 mg di SO2 aggiunta, anche meno quando possibile. Non uso legno e faccio dai 18 ai 24 mesi in cemento sulle fecce; questo permette ai vini tenute lunghissime nel tempo, ma li rende piuttosto chiusi e risentiti nella prima gioventù. La riduzione però è davvero rarissima, anche se purtroppo ogni tanto succede, esclusivamente in caso di piccole rifermentazioni come quella di cui parlo nel commento più sopra.

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  8. @Gianluigi,
    metto sempre l'annata, quando la so.
    Il tuo Dolcetto, l'ho assaggiato alla cieca da una bottiglia senza etichetta che aveva Pietro al Consorzio (tuo grande estimatore). E' stato tutto così anomalo a partire dal tuo dolcetto (veramente ricorda il nerello di Graci produttore etneo)che ho deciso di raccontare un'esperienza un po' sognante e meno didascalica, il millesimo se lo vogliamo sapere con certezza dobbiamo chiedere a Pietro.
    Sono veramente contento che tu sia venuto a commentare sul mio blog, trovo che sia molto importante che i produttori intervengano per puntualizzare, spiegare; vivificano di molto i commenti e li scalzano un po' dall'iperuranio dell'immaterialità del web.

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  9. Ah, ok! Allora era proprio il 2009 di cui parlo sopra. Proprio Pietro mi ha detto a Fornovo di aver assaggiato la bottiglia, ma non mi ha detto con chi. Contento sono io per aver scoperto questo bel blog!

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  10. Ero a Fornovo e ho assaggiato al volo la tua Barbera (c'era tua sorella alla mescita) però bisogna approfondire.
    Il Moscato, lo confermo, è una delle migliori espressioni del vitigno in quell'area.
    Insieme a quello passito di Ezio Cerutti sono quelli che più mi piacciono considerando anche le difficoltà che avete in un territorio sacrificato alla produzione massiccia.
    Ti segnalo questo post http://gliamicidelbar.blogspot.com/2011/06/eziocerrutisolmoscatopassitocastiglione.html
    Luigi

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  11. Hai ragione: quella, come ti dicevo sopra, è una barbera francescana e lunare, nella caciara festaiola finisce per fare tapezzeria.
    Moscato, che dirti? Con ostinazione, cocciutaggine e sacrifici continuiamo a farlo come i vecchi: uve al massimo della maturazione, rese basse, (inevitabili vista la coltivazione in bio), rifiuto del "brenton" in vendemmia, fermentazione spontanea e nessun chiarificante dopo la gelatina della sfecciatura. Cerchiamo di mettere davanti a tutto la Terra, il Territorio e la Tradizione; non è facile, e a volte i risultati non sono pari ai sacrifici; ma di sicuro c'è sempre il mantenimento della specificità e dell'individualità. Che è poi ciò che mi interessa di più, in quanto piccolo produttore: non voglio e non posso fare vini uguali agli altri, li preferisco "strani" ma "miei".

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