E’ possibile normare un movimento “naturale”?
La domanda non è banale e la risposta, a mio avviso, non
può esserci.
La necessità, tutta umana, di semplificare per capire,
porta con sé sempre delle esclusioni, dei fraintendimenti, degli eccessi di
semplificazione che fanno perdere spontaneità al processo naturale che è
intrinsecamente caotico.
Nella norma c’è anche la necessità, ambigua e pericolosa
e poco democratica, di definire dei limiti e degli ambiti, insomma
individuare l’alterità, il nemico e l’amico, chi è dentro e chi è fuori, la
consacrazione di un processo bipolare.
Nella norma c’è anche la volontà, ambigua e pericolosa,
di proteggere il consumatore che da tale norma sarà tutelato, in quanto i produttori
che sottoscrivono il protocollo, hanno come obbligo statutario quello di
seguirne i dettami e prestarsi ai controlli e alle verifiche.
Nella norma evidentemente non c’è più e Corrado Dottori
lo segnala con forza, la componente etica, rivoluzionaria, culturale.
Dai suoi commenti al post si capisce ancor meglio la
visione e la missione che Corrado Dottori attribuisce ai “vignaioli naturali”,
è una posizione "agricola"! La stessa che spesso abbiamo, con fatica, portato avanti anche
in questo blog.
Secondo Dottori non si può stralciare la posizione dei
vignaioli da quella più ampia degli agricoltori e quindi va riconsiderata in
toto la produzione agricola e le sue gravi problematiche qualitative, etiche,
umane, economiche, ecologiche.
I vignaioli sono una nicchia dell’agricoltura che vive di
un certo agio economico e riconoscimento sociale e culturale, privilegio che
non possono condividere con nessun’altro dei colleghi agricoltori (contadini
sarebbe meglio dire).
Sfido chiunque di voi a trovare verdure degne di essere consumate
con piacere, senza parlare dei metodi di produzione e degli eccessi di chimica
e delle gravi violazioni delle norme sul lavoro e sulla contribuzione.
Questa visione “agricola”, globale sarebbe molto più
rivoluzionaria del tedioso quanto inutile dibattito fra vini nat e vini
industriali ma e non me ne voglia Dottori non mi pare che nessuno abbia mai
portato avanti un movimento per l’”agricoltura naturale” e sappiamo che sarebbe
molto urgente farlo, proprio perché l’economia, i tecnocrati e i loro modelli
attuali stanno “estinguendo questo mondo”.
D’altronde Lorenzo Corino poche settimane fa mi disse “l’olio (simbolo principe per la cultura mediterranea dell’agricoltura) è la cura, la medicina, il vino il gioco, il piacere”.
D’altronde Lorenzo Corino poche settimane fa mi disse “l’olio (simbolo principe per la cultura mediterranea dell’agricoltura) è la cura, la medicina, il vino il gioco, il piacere”.
Vedere i vignaioli come capi cordata di un movimento
contadino globale sarebbe una grande rivoluzione!
Per contro VinNatur ha proposto un protocollo produttivo
ai suoi associati il cui risultato, al termine della sua applicazione, sarà una
certificazione legale di “vino VinNatur”.
Qui la visione è di ambito, specificatamente quello
economico e credo che la volontà di Maule e dei soci sia quella di superare la
posizione di nicchia di mercato prima che diventi “loculo”.
Una certificazione può diventare “brand” riconosciuto e facilmente comunicabile.
Una certificazione può diventare “brand” riconosciuto e facilmente comunicabile.
Sicuramente la volontà è anche quella di superare la
vergognosa certificazione “Bio” per proporre al mercato globale una nuova
entità certificata e affidabile (il fatto che ci si debba certificare per avere
“valore” è un limite molto contemporaneo, una sconfitta culturale pesante per
noi consumatori che ormai vaghiamo acefali e pigri e demandiamo a terzi il
controllo delle nostre scelte).
Sono anche sicuro che VinNatur e Maule siano stati mossi
da una profonda sincerità e correttezza, è chiaro che ci troviamo di fronte a
una semplificazione dettata da un programma pragmatico con connotati
operativi prima che teorico/speculativi/insurrezionali.
Sempre in questo periodo sono stato stimolato, pungolato da
un ristoratore piuttosto “effervescente” che sostiene ci sia la necessità di
fare gruppo e di comunicare i luoghi (e le persone
e le aziende) in cui si servono/commercializzano i vini naturali, al fine
di stimolare anche un consumo più modaiolo (io
credo che vadano sfruttate tutte le opportunità anche quelle che in un discorso
snob fra amici sono stigmatizzate, sfruttare le debolezze di sistema mi pare un
processo altamente creativo e stimolante) che permetta di incrementare i
volumi e renda il loro lavoro sostenibile economicamente.
Lo stesso ristoratore lamenta l’impossibilità di trovare
verdure che siano degne di questo nome, persino ai mercati dei contadini, io
gli ho proposto di creare una cooperativa son i suoi colleghi e di affittare
del terreno e sperimentare delle produzioni orticole destinate a loro in primis
e poi ai privati che vogliano acquistarli, ci stiamo lavorando!
Credo che adesso ci sia effettivamente bisogno di uscire
allo scoperto e di promuovere i propri pensieri e il frutto del proprio lavoro
possibilmente in maniera unitaria, sinergica dal basso verso l’alto, prima che
siano entità extraterrestri a imporcele dall’alto e il pensiero di Corrado
Dottori e le sue teorizzazioni devono essere la linfa vitale, lo spirito guida
(con l’obbligo morale di aprirsi al mondo agricolo in toto) e i tentativi
pragmatici, magari goffi possono trovare anche loro spazio e possono generare
del reddito sufficiente a finanziare il movimento.
Chiaro che bisognerebbe anche lavorare sul mercato e non
farsi coinvolgere dalle dinamiche malate e asimmetriche dell’economia attuale.
Una guerra dei sogni.
*di proposito ho scritto “e” e non ho messo “versus” (vs)
proprio perché non riesco a pensare che gli uni possano essere contro gli
altri, sarebbe una sconfitta culturale insostenibile.