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venerdì 5 luglio 2013

Se mi chiedessero quale piatto rappresenta meglio la cucina piemontese

Se mi chiedessero quale piatto rappresenta meglio la cucina piemontese, oggi dopo la cena a Tigliole (At) al Vittoria, non avrei dubbi.
È un piatto non cucinato, solamente manipolato, definirlo semplice è un eufemismo.
(ne esiste una versione francese che occhieggia a quella piemontese, o viceversa chi lo sa ma è come una scultura barocca di fronte al giardino di Kyoto)*.

Ha attraversato generazioni, più o meno sempre uguale a se stesso, scarno, lineare, immutabile (apparentemente).
Ha attraversato tutti i livelli della ristorazione dall’osteria di ultima, al pranzo di nozze/battesimo/cresima/comunione sino ai ristoranti più o meno stellati.
Oggi la sua preparazione ha subito una ulteriore rarefazione (impresa ardua visto che gli ingredienti sono quattro/cinque) meno sale, meno olio, niente limone, niente aglio, per esaltare la carne che deve essere rigorosamente di fassona di razza piemontese e le capacità degli allevatori, una sorta di epifania dei luoghi, delle persone, degli animali (che un tempo erano anche da lavoro, latte  con cui si facevano molti formaggi piemontesi).

Il piatto simbolo del Piemonte (per me) è la battuta al coltello ma non quelle (per altro buonissime) “Zen” ma quella reinterpretata e “cucinata” da Massimiliano Musso al Ristorante Vittoria a Tigliole (AT).

Geniale proprio perché esce dalla scia monacale della purezza e della semplicità per rientrare nel quotidiano del consumo della carne cruda (almeno a giorni alterni la famiglia media piemontese a casa, mangiava della carne cruda).
Recupera il limone che un tempo era spruzzato abbondantemente sino a “cuocere” la carne, le scaglie di Parmigiano che spesso comparivano nelle versioni “in bella vista”.
Colpo di genio finale è il taglio della carne che non è battuta sino a ottenere un trito a grana più o meno grossa ma è tagliata a striscioline sottili (ne guadagna in masticabilità e si annulla completamente qualsiasi sensazione di molliccio).
Inserisce con un coup de thèatre dei bocconcini di pane tostati e croccanti e della mollica tostata e queste tostature e croccantezze portano la libidine culinaria a vette che pensavo irraggiungibili, a fronte di una tale semplicità del piatto.

Ricapitoliamo, la “battuta non battuta” di Massimiliano è così composta:
fonduta alleggerita di Parmigiano 24 mesi su cui poggia la carne (coscia molto magra) a striscioline, condita con sale, olio evo molto delicato e olio essenziale di limone (che non cuoce la carne e non dà luogo a quei guazzetti acquosi insopportabili), mollica e cubettini di pane tostati.
Il limone, anzi la sua essenza, esplode al naso e in bocca e riporta indietro negli anni (forse questo effetto di macchina del tempo non sarà perfettamente compresa dagli alloctoni e me ne dispiaccio), la masticazione si fa asciutta con croccantezze inaspettate e con finale cremoso e sapido di fonduta.
Forse qualche filo erba aglina che rammemorasse con delicatezza l’abbondante agliatura di un tempo sarebbe da provare.
Bonne appetit


Luigi

*la steak tartare che è composta da carne battuta al coltello condita con sale, olio, senape, cipolla, rosso d’uovo crudo, capperi.

8 commenti:

  1. di prima (o seconda).. mattina appena dopo il caffè non si può che esclamare "Slurp"!
    Bravò
    ..

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  2. Caffè o non caffè..........la Voglia c'è!

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  3. Più che "manipolato" io mi permetterei di dire rispettato.
    La masticabilità enfatizza l'esperienza sensoriale e la sottrazione di ingredienti satellite lascia protagonista una carne di bontà e pregio che non hanno concorrenti al mondo.
    Il mio mito Pino Cuttaia mi ha insegnato ormai tredici anni fa ad usare gli oli essenziali delle zeste di agrumi per acidificare aromaticamente ed un gesto che regala emozioni.
    Vorrei tuffarmi in quella fonduta...
    Grazie Luigi,
    sono molto piemontese inside ;D

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  4. Più che "manipolato" mi permetterei di dire rispettato, azzarderei venerato, come è sacrosanto fare per prodotti di tale eccellente e inarrivabile qualità, unici al mondo come la Fassona.
    La masticazione delle tenerissime fibre può solo enfatizzare l'esperienza degustativa, taglio intelligente che mette al riparo da indesiderate ossidazioni.
    Il grande Pino Cuttaia, ormai tredici anni fa, mi ha insegnato l'utilizzo degli olii essenziali delle zeste di agrumi per acidificare sensorialmente, un gesto che esalta e sgrassa il palato senza aggredire.
    Spero di poter andare in autunno, magari avrò la fortuna di trovare il piatto arricchito da Re Tartufo ;D

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    1. questa cosa degli oli essenziali merita approfondimento e consigli pratici

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    2. @Vittorio approfondiremo... ;D
      L'acidità del succo denatura le proteine, modificando la struttura della materia prima.
      Data l'eccellenza della Fassona, gli olii essenziali degli agrumi donano solo la freschezza e gli aromi citrini esaltanti che puliscono il palato.

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  5. Una domanda: la carne battuta al coltello che spesso incontro nella ristorazione (parlo di medio-alto livello) è sempre preparata espresso o è il più delle volte sottovuoto spinto?
    Grazie Luigi per questo post e grazie anche a chef Massimiliano Musso che ridà dignità ad un piatto troppo sfruttato e impoverito della sua vera natura.

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  6. Con che vino l'hai innaffiata tale libidine?

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