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venerdì 26 luglio 2013

Alla domanda: cos'è un vino del territorio? Da oggi risponderò: beviti il "Vignammare" di Nino Barraco... di Riccardo Avenia


Era destino: sarei passato da Nino Barraco non appena arrivato a Marsala. Lo capii poche sere prima di partire per la Sicilia, al ristorante Marconi. Se siete in zona, è tappa obbligatoria: la cucina di Aurora è una ricercatissima e coinvolgente esperienza, mentre il fratello Massimo, dirige con grande maestria sala e cantina. Quest'ultima è ricchissima di perle "naturali", tra le quali lo Zibibbo 2005 di Nino. Che poi è stata la mia scelta.

Un vino che difficilmente dimenticherò, dal naso sopraffino, ampio nella sua idrocarburica aromaticità, con quella nota ossidativa che adoro e che, davvero, può ricordare il vino Marsala. Un vino nel quale i profumi hanno i colori del giallo, del verde e del rame che virano all'evoluzione. Quel liquido oro denso, dalla beva ricca, che vive e sgomita di sapidità, allo stesso tempo glicerica, avvolgente ed ancora ossidativa, che ti conquista e non ti lascia più. Una bottiglia da cui difficilmente ci si separa.

Così, pochi giorni dopo essere arrivati in Sicilia, incontriamo Nino Barraco nel centro di Marsala, davanti alla storica Porta Garibaldi. Un saluto e ci dice: «Salite ragazzi, vi porto a fare un giro, devo controllare la "Vignammare" dopo la pioggia di alcuni giorni fa».

Vignammare


Infatti, usciti da Marsala con direzione Petrosino, dopo aver superato una distesa di vigne, eccoci arrivati. Non ci volevo credere: è davvero ad una ventina di passi dal mare. Stupendo, davanti a me il verde vivo delle piante, un piccolo lembo di terra e poi l'azzurro, sempre più profondo, dell'acqua. C'è una luce incredibile da quelle parti, il sole è alto e picchia forte. Il vento soffia caldo e costante. Il respirare ti riempie i polmoni di iodio, di sale, di alghe e della rada vegetazione marittima. Per il resto, solo il rumore delle onde ed il muoversi delle foglie. E che foglie, che vita in questo vigneto di Grillo. Camminare al suo interno può divenire arduo. Bisogna spostare dei rami, scavalcarli, schivarli, sembra quasi che la natura si voglia riappropriare dei propri spazi. È chiaro: le piante, se lasciate in autonomia, cercano di proteggere sé stesse ed i piccoli grappoli dalla luce abbacinante e dall'eccessivo calore. È meraviglioso.

Nino Barraco


Lo seguiamo nel vigneto, Nino controlla le foglie, le gira, ne strappa una, avanza sicuro, sistema un ramo, tocca un giovane grappolo, ed intanto ci spiega che in primavera il vento spira talmente forte da bruciare le foglie delle viti più esposte, tanto da dover mettere una barriera a protezione (che comunque, ci spiega, non basta). Sorride: «Non hanno provocato nessun danno le piogge dei giorni passati, sono contento, non dovrò ripassare». Strappa qualcosa dal terreno e dice: «Chi vuole sentire il sapore della rucola selvatica?» Mai assaggiata così piccante e saporita.

Vignammare - con il mare alle spalle
Picoli grappoli di Grillo.
Ci racconta poi che in quella zona quasi tutti ricercano la quantità, che in molti conferiscono alle cantine e che i vigneti vecchi vengono espiantati perché poco produttivi (e li incentivano pure). Ed io spalanco gli occhi incredulo. Sono pochi i viticoltori che, come lui, vinificano ed imbottigliano il vino. Un territorio (salvo rari casi) dedito e piegato all'industria del Marsala.

Bastano pochi passi e si arriva al mare.
Ci spiega il suo approccio in vigna - sensibile e limitatissimo - e le vinificazioni. Semplici, consapevoli, attente: brevi macerazioni sulle bucce, lieviti indigeni, fermentazioni in acciaio a temperatura controllata, zero filtrazioni (solo per precipitazione naturale), zero solfiti aggiunti ed affinamento in acciaio per otto mesi circa.

Le ore volano e purtroppo gli impegni ci costringono a salutare Nino, che ci lascia comunque una bottiglia di Vignammare«Così ve la assaggiate con più calma», dice.
Grazie di tutto Nino.


Alcuni giorni dopo, stappo la bottiglia, ed eccomi catapultato nuovamente in vigna, in quella vigna. Dentro questo liquido risiede l'essenza del luogo, si respirano e si assaporano le medesime sensazioni. Quindi sì: esiste davvero la territorialità di un vino. Magari non è legata direttamente al vitigno, ma ad un insieme di fattori che, uniti, lo raccontano. Fattori spontanei, intrinsechi, che l'uomo deve solo accompagnare, non gestire o influenzare con i propri interventi.

Il Vignammare 2012 è giallo tenue, mai pulito, di corpo e struttura certamente inferiore al fratello "maggiore". Ha giovani profumi di fiori e di frutta. E poi c'è l'incredibile ricordo marittimo, di quel vento, di quello iodio e di quell'inconfondibile odore che emanavano le alghe, in quel tratto di mare. Un vino che si beve alla grande, anche merito dei soli 11,5°. Il sorso è un tuffo tutto sapido e rinfrescante di acidità, che invoglia perennemente al sorso. Snello, beverino, persistente e marino.
Da vigne di soli cinque anni, ed alla sua prima uscita, il Vignammare, è un vino da seguire, perché farà sicuramente parlare di sé.


17 commenti:

  1. Ho ancora negli occhi la visione delle vigne che scendono letteralmente a mare in un antico viaggio in Sicilia nella zona di Menfi, con le tue foto Riccardo riesci a dare a tutti un'idea di che cosa significhi una vigna a mare e di quanto sia importante proteggere e rispettare questo patrimonio, thanks.

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    1. Spero infatti che le foto, assieme alle parole, riescano a far comprendere il luogo e le sensazioni che ho provato e poi ritrovato nel bicchiere.

      P.S. Ingrandendo le foto (cliccandoci sopra), l'idea è sicuramente più chiara.

      P.S.2. In ogni modo, nel mio cuore batte ancora forte il ricordo di quel Zibibbo 2005 assaggiato al Marconi.

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  2. Molti anni fa, assaggiando un vino offertomi da un contadino siciliano, giallo scuro, un po' rasposo, dagli aromi forse non "raffinati" ma intensi e particolari, pensai che le isole del Mediterraneo avrebbero dovuto fare, o almeno fare anche, vini così, immediatamente associabili a quei luoghi e alla loro storia plurimillenaria: magari fatti un po' meglio, ma senza per questo somigliare ai vini dell'Alto Adige. Quando ho assaggiato i vini di Antonino a Piacenza mi è subito tornato in mente quel ricordo. Sicuramente non sono vini "facili", ma raccontano una storia.

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    1. Condivido tutto!
      Effettivamente non sono vini che spiccano per raffinatezza, tantomeno facili. Ma questo non vuol dire meno buoni. Certamente, sono meno banali.
      Sono sempre più convinto, che arrivati a questo punto, sia difficile tornare indietro. Intendo con il gusto.
      Grazie per essere passato dal bar Gily.

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  3. Chiudo gli occhi e mi ritrovo lì, a Vignammare. Complimenti Riccardo per un post bellissimo, capace di ripercorrere le sensazioni che solo un grandissimo vino può raccontare. Evviva Nino.

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    1. Jacopo, le tue parole mi rendono orgoglioso. Davvero!
      Quasi non ci si crede, ed infatti ero stupito: assaggiando il Vignammare solo dopo essere stato in vigna e, ritrovarcela letteralmente dentro, è stato uno stupore. Poi che gusto, che beva!

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  4. Ho assaggiato quei vini a Piacenza l'Aprile scorso. Vini incredibili, spaventosamente buoni. Non sono mai stato in Sicilia ma, pensando a quei vini, immagino come possa essere.
    Bellissimo post e grandissimi vini.

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    1. Daniele, la Sicilia è meravigliosa, ha una profonda cultura e tanta storia da raccontare. Il vino, nel suo piccolo ed a suo modo, ne è una parte. Se puoi, vai!
      Grazie per essere passato.

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  5. Vino splendido di uno splendido produttore...

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    1. Confermo Marcello!
      Grazie per il commento.

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    2. Nel mio ultimo giro in sicilia sono rimasto nella zona di Vittoria e Chiaramonte, tra Gulfi, COS e Occhipinti, ma la prossima volta un giro da Barraco lo farò di sicuro...

      ...e poi ci sono quelli che non apprezzano i vini siciliani... :-)

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    3. Proprio la zona che ho saltato io. Tra l'altro, sarei andato dagli stessi produttori. Mi è dispiaciuto parecchio.
      Toccherà tornare :-)

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    4. Io dei tre produttori citati ho apprezzato particolarmente l'ospitalità di COS...

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  6. Nino è un grande vignaiolo oltre che una grande persona.

    I suoi vini sono sicuramente espressione di territorio e conferma che l'espressività di territorio esiste e non la puoi ottenere con lieviti selezionati.

    Chi non può sentire questo, non ha la giusta attenzione/sensibilità o il giusto allenamento per rilevarlo.

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    1. Stefano, sfondi una porta aperta, condivido pienamente, anche se dal lato pratico sono praticamente a zero.
      Grazie per essere passato dal bar!

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  7. Da siciliana, ti ringrazio di cuore Riccardo!
    Per aver riconosciuto e portato alla luce l'essenza della mia terra.

    Vorrei ci fossero tanti coraggiosi produttori di vino siciliani scossi dal tuo punto di vista...

    Grandi emozioni!
    Ross

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    1. Una grande terra la Sicilia, l'emozione è stata la mia venendoci!
      C'è comunque un bel movimento di vignaioli attenti a queste tematiche e, con il tempo, sono convinto che aumenteranno.

      Grazie Ross!

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