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lunedì 11 novembre 2013

prezzo sorgente?


Circa un anno Niccolò ed io avevamo parlato del prezzo sorgente (ai tempi era un argomento molto gettonato sul web e ci si scannava a riguardo) sostenendone la validità e l’eticità e ci eravamo scagliati contro i produttori che malgrado partecipassero a manifestazioni in cui era obbligatorio adeguarcisi non lo facevano e in questa maniera tradivano lo spirito dell’evento e le persone che ne acquistavano i vini.

Molti invece sostenevano, anche con livore che le fiere mercato avrebbero depresso le vendite delle enoteche/ristoranti. Non ci credevo allora, tantomeno adesso, pur avendo valicato la barricata e da mero consumatore sia diventato un pusher di “liquido odoroso”.
I numeri penso mi diano una mano per spiegare che essendo i produttori, partecipanti a fiere a prezzo sorgente l’1% del totale e che i partecipanti non professionali saranno una frazione inferiore al 0,5% dei consumatori abituali di vino, qualunque effetto di rifrazione e dispersione dei prodotti sul territorio e fra la gente non può che avere effetti benefici per la conoscenza di questi vini di nicchia, una pubblicità a costo zero e l’acquisto alle fiere da parte dei consumatori finali (che mi paiono sempre più preparati e curiosi) non è una mancata vendita dell’enotecario, ristoratore, distributore, importatore anzi può, se il vino piace ca va sans dire, causare una dipendenza che il bevitore potrà saziare, placare solo acquistando nei pressi di casa sua altre bottiglie uguali. Pertanto è un’opportunità più che una perdita e il contenimento dei prezzi (il famigerato prezzo sorgente) permetterà alla gente di comprare più campioni che assaggerà meglio, magari con amici (effetto moltiplicatore), a casa (situazione decisamente migliore per comprendere i vini).

Inoltre enoteche che abbiano saputo imboccare la via dei vini no-logo a zero marketing sono così poche che non vedo chi possa lamentare un calo delle vendite di prodotti (quelli presentati a fiere tipo Fornovo, Sorgente del vino etc.) mai tenuti sugli scaffali, mai assaggiati, mai conosciuti.
La maggioranza di questi esercizi commerciali navigano a vista cullati e traghettati dalle grandi distribuzioni, dai grandi nomi e propongono i soliti noti.
I motivi sono molti, la recessione in primis ma anche l’incapacità di annusare l’aria, di informarsi, di rischiare.
Un aiuto allo sviluppo di un approccio conformista è stato dato dalla rigidità elencativo/didascalica delle guide (a cui non nego un grande valore, al meno all’inizio).
Molti su quegli elenchi di merito si sono adagiati, molti quegli elenchi li difendono alla morte come ne andasse delle sorti del globo terracqueo.
Molti, solamente, non hanno saputo rinnovarsi e rinnovare la loro proposta.

Spesso la questione, vendere a chi e con che prezzo, è un'altra e non è riferita tanto ai rapporti con i privati ma proprio tra gli operatori del settore e le correità sono del vigneron e del risto/enotecario. Si assiste a vendite dirette tra produttore e rivenditore infischiandosene del fatto che il prodotto in questione, nel territorio di elezione dell’acquirente è trattato da un agente e il sottile gioco è quello di fregare (entrambe gli attori la pensano così) le sanguisughe che si occupano della distribuzione. Non è che ci sia bisogno delle fiere per adottare questa tecnica elusoria e fintamente conveniente ma durante le fiere mercato il fenomeno si accresce per effetto moltiplicatore del gran numero di espositori e pubblico.

Quindi io sostengo che ci dovrebbero essere molte più fiere mercato a prezzo sorgente rivolte ai consumatori, coproduttori ma insieme bisognerebbe lanciare una campagna di moralizzazione della filiera professionale.
Kempè

Luigi


6 commenti:

  1. Interessante punto di vista ma smettiamola perfavore di pensare che il vignaiolo voglia fregare la distribuzione.
    La distribuzione è un mezzo, non un fine.
    Il vignaiolo ne ha bisogno, ma non vive per essa. E' il distributore che ci campa, punto.
    La distribuzione vinicola (e non) è sintomo di progresso capitalista, dove un vino fatto in valtellina può e deve arrivare in sicilia, con tutti i benefit ma anche con tutte le problematiche del caso.
    In tempi antichi si andava in giro con la carretta, ad oggi in tempi di crisi si torna agli albori del commercio: mercati, fiere, vendita diretta in cantina (km0-1-100 ecc), con l'aiuto anche di internet.

    Facciamocene una ragione: anche il distributore deve saper adeguare la propria offerta e il suo modus operandi. Pensare di essere intoccabili per merito del mandato in carta bollata è quanto di più anacronistico in tempi di ripresa di rapporti diretti, umani e sinceri.

    Yoel Abarbanel

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    1. Non sono d'accordo con te per nulla, perchè non è tanto della rendita di posizione della distribuzione di cui voglio parlare ma della componente di divulgazione e di acculturazione e di avvicinamento al vino di cui si fa carico. Le degustazioni organizzate dai distributori sono molto più didattiche e approfondite di un corso Ais per contro moltissimi ristoratori e enotecari sono per lo più allo oscuro di quello di cui si parla (con dovute eccezzioni). Questo impegno ha dei costi in tempo e prodotti ed è una profonda scorrettezza sfruttarla per la vendita diretta.

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    2. Buongiorno Luigi,

      Credo tu abbia ragione nell'assioma ma non nello sviluppo.
      L'avvicinamento e l'acculturazione come li chiami tu sono degli accessori al prodotto, e concordo siano indispensabili per operare in onestà ma soprattutto per differenziarsi in un mercato troppo vasto e confuso.
      Ma è anche vero che rimangono accessori, contorni, surrogati ad un prodotto. Senza di esso non ci sarebbe altro.
      La libertà è di chi fa, non di chi vende, io dico solo questo. Lo sfruttamento, come lo chiami tu, non esiste nel momento in cui non vi è diritto sulla cultura. Vogliamo privatizzare anche quella?
      L'ais si vuole appropriare della cultura del vino, facendo i disastri che vediamo ogni giorno: spille e spilloni, cravatte e gergo ottocentesco, per poi dichiarare la bontà di un prosecco che sa di zigulì.
      Se accettiamo che il nostro mestiere è soprattutto passione, non possiamo poi rivenderla ad un prezzo più alto di chi ce l'ha insegnata.
      Yoel

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    3. Caro Yoel,
      devo dire che stento un po' a comprenderti, ovvero capisco la genesi dei tuoi pensieri ma non la loro applicazione nella realtà.
      Certamente è libero chi produce, sia mai! Ma il fatto di produrre un bene non genera automaticamente visibilità per cui io sostengo semplicemente che chi lavora per rendere visibili dei beni nel mare magnum del mercato debba essere remunerato.
      O sbaglio?

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    4. Sono convinto che prezzi e commissioni dovrebbero essere sempre trasparenti.
      E la conoscenza è quasi sempre un viatico per le "buone pratiche".
      Poi i comportamenti delle persone a volte sono scorretti. Io mi auguro che queste alla fine ne avranno danno. Chi continuerà a fare il proprio mestiere senza battaglie per difendere rendite di posizione alla fine dovrebbe spuntarla (un po' di ottimismo è d'obbligo).
      Però non c'è obbligo di fedeltà a nessun canale, ma rapporti di fiducia. E credo che sulla fiducia si basi la qualità della filiera. Chi vuole fregare per pochi euro, ma anche chi pensa sempre d'esser fregato, non rendono un buon servizio a un bene enorme che è "la cultura del vino".

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  2. Le Fiere Mercato non deprimono assolutamente le vendite di una enoteca, anzi tutto il contrario. Fornovo e il Mercato dei Vignaioli indipendenti ci sono una volta all' anno e capita spesso che chi compra a queste Manifestazioni torni poi da me a richiedere lo stesso prodotto. Ce ne dovrebbero essere di piu'? Da appassionato ti dico di si, da operatore del settore forse :D.
    Sulla proposta a scaffale e' vero che tanti miei colleghi hanno scelto di tenere i soliti noti e penso che sia proprio per questo che fanno una fatica tremenda a vendere..
    Personalmente io compro tramite agente, direttamente da aziende che non hanno rappresentanza nella mia provincia e anche in distribuzione e cerco sempre di accertarmi che le provvigioni vengano pagate regolarmente quando mi reco in loco ad acquistare senza passare da rappresentante...Penso pero' di essere una mosca bianca e non posso fare altro che darti ragione quando scrivi " Si assiste a vendite dirette tra produttore e rivenditore infischiandosene del fatto che il prodotto in questione, nel territorio di elezione dell’acquirente è trattato da un agente e il sottile gioco è quello di fregare ", perche' altrimenti non si spiegherebbe ancora l' esistenza di locali che sono oberati di debiti, ingiunzioni, protesti e che non vengono serviti dal Rappresentante di zona, da qualche parte il vino lo dovranno pur comprare.

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