Lis Neris alias Alvaro Pecorari il Friuli in un bicchiere.
Antefatto:
il 18/11 c.a. Alvaro Pecorari ha organizzato presso la sede AIS Torino una degustazione di suoi vini: tre Pinot Grigio, tre Sauvignon e due blend.
Tenterò di offrirvi un sunto dell’incontro che è durato quasi tre ore senza cali di tensione, sbevazzando assai bene e in ottima compagnia.
Leggo dalla guida che Alvaro Pecorari (personalità estroversa e passionale) ha alle spalle studi da architetto (si vede dalla grafica molto cool delle brossure) ma meno male che ha lasciato ad altri quel mestiere e ha preso le redini della azienda di famiglia.
Settanta ettari recitano le note informative, una enormità di piante (circa 350.000 pensate potarle tutte più volte l’anno), di terreni, di braccianti, di atrezzature in sintesi di responsabilità.
Il territorio, tema caro ai produttori, ai somellier, meno ai consumatori è nella valle dell’Isonzo in provincia di Gorizia, un altopiano triangolare con Cormons, Mariano del Friuli e San Lorenzo Isontino come vertici, sub pianeggiante composto da ciotoli di origine glaciale del quaternario, caratterizzato alla profondità di 4/5 metri da formazioni di lastre di conglomerati di pietre e calcare (una sorta di calcestruzzo naturale) che apporta alle radici che lo raggiungono minerali e riserve d’acqua.
Terreno povero e drenante capace di fare da volano termico (i ciottoli tendono a scaldarsi di più e a cedere il calore più lentamente della terra), temperature diurne mediterranee, mitigate dai venti freschi dei balcani che si incuneano dalla valle del Vipacco, l’Adriatico li vicino a mediare tutto senza l’inerzia elefantiaca del Tirreno che arroventa e non fa scendere le temperature neanche la notte.
Alvaro sei in paradiso, di cosa ti preoccupi? le piante in ambienti del genere tendono con l’andare degli anni a stabilizzare la crescita vegetativa e esplorano con continuità il terreno sotto di loro, innescano processi di simbiosi con il consorzio microbico che c’è nel terreno, protendono i pampini verso il sole senza arroganza, disciplinate, producono meno e lo portano a maturazione in tempo, si fondono con l’ambiente e diventano specchio del terroir.
Quindi come facevano gli antichi, noi dovremo parlare di San Lorenzo o Val d’Isonzo bianco senza preoccuparci delle cultivar che avete messo a dimora, perché noi beviamo il terroir e non la varietà.
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Alvaro Pecorari |
Giochino pericoloso, come ogni estremizzazione, che però ci permette di mettere sotto il naso il suo Sauvignon e non sentire l’archetipo aromatico della varietà ma il profumo del suolo, dei minerali, del vento, del sole e delle erbe spontanee dei vigneti.
Alvaro ci tiene così tanto al legame con il terroir che ha interrotto da anni il diserbo chimico, lascia l’interfilare inerbito e recide con una lama le radici avventizie superficiali che nulla apportano alla trama minerale dei vini.
Valuta la maturazione polifenolica e aromatica con la gas cromatografia? No. Assaggiando ogni giorno l’uva.
Incredibile per una società che ormai delega tutto alla scienza, nella pia illusione che dia delle risposte.
Se l’uva è “buona”, si vendemmia.
Nel dopo vendemmia Alvaro sterza e ha una deriva tecnologica (bisogna rendergli atto che ne è convinto e i risultati sono lì a testimoniare che un po’ di ragione ce l’ha), vinificazioni in bianco senza macerazioni (però lunghe permanenze anche dei vini base sulle fecce fini, good job Alvaro!), lieviti selezionati, azoto, fermentazioni e maturazione a temperature controllate in vasche termocondizionate (per la sua e la nostra serenità ha installato pannelli fotovoltaici che erogano circa 2/3 del fabbisogno di energia elettrica dell’azienda).
Unica concessione ai metodi d’antan è la maturazione delle selezioni che avviene in Tonneau usati per 10 12 mesi con batonnage.
Il mosto-vino viene messo in botte a fermentazione alcolica ancora in corso e la finisce in legno.
Alt! i puristi del vino frenino gli ho chiesto che botti usa e lui mi ha detto che sono di quarto passaggio e quindi, come ci conferma G.Tachis, la cessione di polifenoli esogeni e sostanze aromatiche è nulla.
I vini quindi si microssigenano e compiono una maturazione ossido riducente che stroncherebbe molti prodotti e invece esalta le qualità dei vini di Alvaro.
Mi si perdoni un inciso un po’ tecnico, i vini bianchi solitamente non amano le maturazioni in presenza di ossigeno perché è una molecola molto aggressiva e tende a degradare i polifenoli e altri coloranti con gravi conseguenze per i vini, nel caso di Lis Neris (sebbene non sia l’unico) il processo di maturazione è assorbito con naturalezza e porta il prodotto a vette gustative inimmaginabili.
Malgrado lo strapazzo i vini hanno colori carichi ma non ridondanti con una spina di verde che ravviva e tonifica, sono brillanti anche se l’acidità non è l’unica arma al loro arco.
Longevità, parola oscura ai più quando si parla di bianchi, ebbene come i borgogna i vini di Alvaro sono pure longevi e raggiungono la mezza età con una freschezza atletica che forse non hanno nemmeno da giovani. Il ragazzo si è messo a fare vini bianchi, buoni, di terroir, che danno il meglio dopo anni di bottiglia mentre i consumatori chiedono l’esatto opposto!
Ama le sfide e noi con lui abbiamo incrociato i calici.
Abbiamo degustato:
Pinot Grigio 2009, Gris 2008, Gris 2003, Confini 2008 (vendemmia tardiva di pinot grigio, traminer, riesling).
Sauvignon 2009, Picol 2009, Picol 2001, Lis 2006 (pinot grigio, chardonnay, sauvignon).
Tutti i vini degustati a mio avviso sono caratterizzati (forse per caratteristiche varietali ma io amo pensare che sia per influenza del terroir) più che dalla acidità, dalla mineralità prorompente quasi caustica che ha bisogno di un po’ di tempo per educarsi e ammorbidirsi.
I base sono ottimi ma dopo aver messo il naso nelle selezioni li dimenticherete.
Gris 2008 (fermentazione e affinamento in tonneau) infanticidio! Minerale con toni idrocarburici in sottofondo, mandorla al naso e in bocca, grasso ma con una spada amarognola che vivifica, complesso.
Gris 2003 (fermentazione e affinamento in tonneau) malgrado l’annata bollente il vino è appena pronto per il consumo, ha toni opulenti, una deriva burrosa con memorie di vaniglia e caramello al sale, frutti maturi, forse pepato, sfaccettato in bocca l’ammandorlato sorreggeva un corpo importante ma agile, lunghissimo e complesso.
Confini 2008 vendemmia tardiva di pinot grigio, traminer, riesling (fermentazione e affinamento in tonneau).
Ottimo forse un po’ internazionale, molto aromatico con frutti tropicali, litchie, salvia, in bocca un bel corpo, sapido da abbinare a noodle saltati nel wok con pollo, maiale speziati e lemon grass.
Premessa i sauvignon di Alvaro sono potenti di una mineralità sapida, per nulla varietali, comunque freschi (ma non con la spina acida dei Bordolesi), con polposità masticabile di pesche gialle mature, avvolgenti.
Picol 2009 (fermentazione e affinamento in tonneau) infanticidio! Profumi intensi di agrumi, di pesca, di erbe officinali, quasi balsamico, minerale in bocca lungo, avvolgente, caldo, “pescoso”.
Picol 2001 (fermentazione e affinamento in tonneau) il mio vino: mou come fondale con memorie di agrumi canditi, forse mentolato, idrocarburi, mineralità prorompente, intenso, complesso in bocca lunghissimo e suadente da abbinare al baccalà mantecato.
Lis 2006 blend di pinot grigio, chardonnay, sauvignon (fermentazione e affinamento in tonneau).
Memorie di Francia con la vaniglia e l’humus dello chardonnay, il burro, un po’ di affumicato, frutti maturi, in bocca rotondo, grasso, lunghissimo e pacificante.
luigi
P.S.
stamattina a pubblicazione avvenuta su "bevo dunque sono" di Roger Scruton, edizioni Cortina ho trovato una definizione calzante con i vini di Alvaro Pecorari.
"Per apprezzare il Borgogna (il vino di Alvaro) com'è veramente bisogna lasciarlo maturare per almeno cinque anni, dopo di che nella bottiglia ha luogo una strana trasformazione; il vitigno lentamente arretra lasciando in vista prima il villaggio, poi il vigneto e da ultimo il suolo."