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martedì 26 ottobre 2010

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Antonino Barraco
Il 24 sera un sms del mio amico Francesco, mentre ordinavo le pizze al padellino da Nicola Onorato (un buon posto dove morire, diceva un mio prof) in via Stradella 42, mi ha avvertito che ci sarebbe stato all’enoteca Bordò di Torino in via Palazzo di Città 19/A una cena degustazione con i vini dei due jeunes vigneron siciliani più interessanti del momento Arianna Occhipinti e Antonino Barraco.
Arianna Occhipinti

Il dubbio e l’incertezza aleggiavano nella mente.
Questi eventi, loro malgrado, si trasformano in sagre della castagna in val Filzetta, con partecipanti che meno ne capiscono e più si comportano in maniera antipatica o arrogante, il tutto ambientato in mense aziendali con produttori stanchi, annichiliti che cercano di infilarti le bottiglie in sacchetta per ammortare le spese della trasferta.
Il passo da farsa a tragedia di solito è breve.
La decisione di andare l’ho presa all’ora di pranzo del 25, molto gentilmente mi hanno trovato due posti e ci sono andato.
Il destino talvolta agglutina senso intorno a degli eventi apparentemente casuali: il mio viaggio in Sicilia di questa estate dopo otto anni di assenza, la mia passione per il vino e in sub ordine quella per i vini dei due enfant prodige, la decisione di creare un blog, la voglia di uscire in una serata piovosa, l’incredibile comunione di intenti con mia moglie (d’altronde nel suo sangue c’è molta Sicilia), la simpatia dei presenti.
Le ragazze del Bordò (che mi dicono sia aperto da soli sei mesi) sono squisite, di una gentilezza che ti mette a tuo agio, l’ambiente è bello, informale, caldo poco torinese; la gente presente era una commistione di amanti della Sicilia e del vino, avventori casuali molto simpatici ma sciroccati, produttori di vino gioviali e allegri insomma le condizioni ottimali per bere (bene) e mangiare (bene) e soprattutto divertirsi.
Alla fine del pranzo tutti si scambiavano indirizzi internet, bigliettini, consigli, indirizzi di locali, sarà stato l’alcool ma i livelli sonori e di partecipazione emotiva erano alti.
Grazie Bordò, grazie Arianna, grazie Nino, la serata mi è parsa il naturale compimento di una serie slegata ma inarrestabile di eventi  che ci hanno trascinato tutti lì mentre fuori pioveva.
Le coincidenze non si fermano, le ragazze del ristorante hanno lavorato a Modica (RG) al ristorante Gazza Ladra dell’Hotel Failla e lì hanno conosciuto Arianna che ha i vigneti a Vittoria (RG) e Nino  che i vigneti li ha a Marsala (TP) ma che rifornisce sia la Gazza Ladra sia l’enoteca Vini d’autore.
In breve mia moglie ed io ci siamo divertiti, Arianna e Nino sono di persona ancora meglio di quello che anticipano su You Tube, niente di più che persone serie che trasudano sicilianità, buon senso e un chè di Pirandelliano.
Io ho bevuto troppo, non volevo disperdere il nettare, quasi fosse un peccato mortale.
I vini di Nino erano il Catarratto 2008 (con tonno di coniglio al profumo di arancia, eccellente), lo Zibibbo del 2009 (con gratin di alici pecorino di Pienza e pesto, eccellente) e il Milocca del 2006 (con bavarese al pistacchio di Bronte).
Vini difficili bisogna ammettere, potenti, caldi, densi ma setosi nel bicchiere, il Catarratto ha profumi complessi salmastri/iodati e di frutta (pera?melone tardivo di Alcamo?) sottospirito e scorza d’arancia surmatura, sapido/salino molto intrigante. Lo Zibibbo la vera scommessa di Nino, vinificato secco, è a mio avviso il Traminer del Mediterraneo, aromatico (ovviamente), potente di struttura, glicerico, alcolico, colorato, un vino quasi pastoso con residui di acidità esaltata dalla sapidità e un profilo aromatico che dallo stereotipo del moscato si allontana evolvendo nel bicchiere e in bottiglia dal fico/dattero al melange di resina/scorze d’agrumi/miele/salvia/finocchietto, pietroso. Da abbinare con un sontuoso Bloc de Foie Gras.
Il Milocca una vendemmia tardiva di Nero D’Avola che gli fatto ottenere un vino con così tanto zucchero che i lieviti a 16°alcool hanno tirato la ghirba e hanno lasciato ancora dello zucchero  da svolgere ma con 8 g/l di acidità fissa ne è venuto fuori un piccolo alieno dolce, acido, amaro (passaggio in barrique di castagno) con un profilo aromatico complesso, con volatile ben percepibile che veicola i profumi terragni di un vino che è seta e carta vetro allo stesso tempo, il nostro tavolo consigliava l’abbinamento con Marron Glaces.
I vini rossi di Arianna erano l’ S.P. 68 2009 (cotto e crudo di fassone) e il Frappato 2008 (bocconcini di brasato di fassone con cipolle e pomodoro).
Splendidi, il Frappato è uno dei migliori vini Italiani  è di un bel rubino abbastanza intenso, brillante, vivo ha una freschezza supportata da una acidità benevola quasi dolce (per chi ama gli ossimori). Al naso stupisce per l’intensità con sentori anche vegetali di geranio e spezie come il chiodo di garofano, ritorni di frutta rossa appena matura, un po’ di viola/liquerizia forse humus, tannico il giusto da berne a secchiate. Ottimo il blend Nero d’Avola e Frappato a cui ha dato il nome della S.P. 68 che passa vicino ai vigneti, un vino che sta studiando per diventare grande, fragrante e bevibile, fresco e luminoso come il frappato da cui mutua un po’ di corredo aromatico. Incredibile pensare che tutta questa leggerezza dei vini di Arianna scaturisca da un terreno povero, terre rosse su sottofondo calcareo con precipitazioni da Sahara, una insolazione impietosa e il mare che limita l’escursione termica, l’unico aiuto arriva dall’alto piano Ibleo che innesca una rinfrescante brezza di mare durante il giorno e di terra la sera.
Provate anche i suoi oli: masticabile e intenso il Pantarei a base di Tonda Iblea, più dolce e discreto il Gheta a base di Nocellara del Belice.
Comunque sia i vini di Arianna sia quelli di Nino sono da bere mangiando e assaporando l’alito dello Ionio e di spezie d’Africa che ci mandano.

luigi

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