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martedì 17 dicembre 2013

Nero Lenticchia di Leonforte

di Rossana Brancato



La rivalutazione dei legumi neri è in atto.
Sarà un fenomeno legato al cambiamento di reputazione dei legumi che esprimono questo fenotipo, che fino a pochi anni fa venivano scartati e considerati senza mercato.
Oggi sono ricercatissimi da chef e gourmet e ciò ha dato slancio alla coltivazione.
In Umbria, in provincia di Viterbo e nei colli ennesi in Sicilia, la ricerca di antiche cultivar che rischiavano l'estinzione sta regalando perle rare, come ceci, fagioli, piselli, cicerchie e lenticchie nere.

Restavano pochi chili di sementi, erano state soppiantate negli anni da ibridi più resistenti, che offrivano maggiore resa produttiva e una più facile coltivazione.
Sono piante che hanno un portamento strisciante, non idoneo alla coltura meccanizzata, tutte le operazioni vengono eseguite a mano, dalla semina alla raccolta.
La lenticchia nera che viene coltivata nel territorio dei comuni di Nicosia, Leonforte, Calascibetta ed Enna ha scalato le classifiche dei migliori legumi italiani.
Un gusto pieno, rotondo, ma delicato. Si abbina armonicamente ai crostacei e ai molluschi.
Contiene rispetto alle comuni lenticchie, una più elevata percentuale di proteine, fibre, ferro e una minore percentuale di grassi.
Per via retronasale sprigiona aromi di sottobosco, al palato esprime dolcezza e sentori agrumati.
Nerissime da crude, con la breve cottura di cui necessitano, acquistano una tonalità più calda.
Il seme ha una consistenza ideale per ogni preparazione.
Possono essere utilizzate nelle zuppe, in abbinamento a cereali, per realizzare crocchette, creme, falafel, hummus, polpettine e per arricchire minestroni.

Io le ho utilizzate per impreziosire un couscous, da servire tiepido o a temperatura ambiente.
Le chips di patate Violetta, oltre alla nota cromatica, regalano croccante brio e arrichiscono il sapore del piatto.
Le uova di salmone aggiungono la componente iodica salina e apportano preziosi acidi grassi omega-3.
Un piatto che si può anche preparare in anticipo, lo trovo ideale per colorare la tavola nelle giornate uggiose e far mangiare i legumi anche a chi non li ama particolarmente.

Couscous di lenticchie nere di Leonforte, coriandoli di verdure e uova di salmone


per  quattro persone:

300 g di semola integrale per couscous Molini del Ponte
200 g di lenticchie nere di Leonforte
un mazzetto aromatico
2 zucchine
2 carote
2 patate Violetta di Sauze d'Oulx
50 g di uova di salmone
olio di semi d'arachide per friggere
olio evo al mandarino, sale e pepe bianco Penja.

Per l'olio evo al mandarino:
mettere in infusione le zeste di mandarino verde biologico in olio evo delicato, io utilizzo la cultivar Biancolilla. Riporre lontano dalla luce e fonti di calore per una settimana.
Filtrare. 
Si conserva per una decina di giorni, preparatene piccole quantità da utilizzare sui crostacei, carni bianche e insalate.

Controllare che tra le lenticchie non ci siano impurità, lavarle accuratamente, lasciarle in acqua fredda per 15 minuti circa, durante la preparazione del mazzetto aromatico.
Coprirle con acqua fredda, schiumatele frequentemente, aggiungere il mazzetto aromatico e portate a cottura a fiamma dolce. Salatele a fine cottura
Scolatele.

"Incocciare" il couscous e cuocerlo a vapore per circa 45 minuti. Se utilizzate il forno a vapore basteranno 20 minuti.
In alternativa utilizzate couscous precotto, seguendo le indicazioni sulla confezione.

Con un piccolo scavino formate le sfere di zucchine e carote, cuocetele a vapore per 5 minuti circa, dovranno restare croccanti.

Con la mandolina tagliate le chips di patate, mettetele 5 minuti in acqua freddissima, scolatele, tamponatele con carta da cucina e friggetele a 170°C poche alla volta, scolatele, tenetele su carta assorbente mentre componete il couscous.
Mescolate gli ingredienti, decorate con le chips di patate Violetta e le uova di salmone, finite con un filo d'olio al mandarino e pepe bianco Penja macinato al momento.

 



Rossana


lunedì 9 dicembre 2013

Di Viola, Violetta, Violette di Sauze & co.

Di Rossana Brancato



Sauze d'Oulx

S a u z e  d' O u l x

Sauze d'Oulx

Non c'entrano sci e Vialattea, 
tutta questione di tuberi:
preziose gemme ipogee che vengono coltivate in Paradiso e poi riposte e custodite in scrigni di larice in cantine museo, dove grazie al perfetto mix di temperatura e umidità si conservano al meglio.

Ci ha già spiegato tutto il Direttore qui
Io arrivo solo ora a questi preziosissimi gioielli:
dopo anni di ricerca vana delle cugine francesi Vitelotte
dopo tutti gli sguardi interrogativi e i sorrisini di tanti fruttivendoli, 
dopo ricerche di shop on line
dopo sacchetti cestinati in aeroporto... 

All'improvviso tra le mie mani le patate Violetta di Sauze:
sindrome di Stendhal mi colse (e ancor non m'abbandona...).

Deducibile dal mio pseudonimo che il colore mi attiri magneticamente, ma è stato l'assaggio a consacrare l'idillio.
La peculiare tonalità. che vira dal rosso al blu, è dovuta alla ricchezza di antociani, pigmenti flavonoidi idrosolobili che cambiano colore in base al pH del mezzo in cui si trovano.
Hanno attività antiossidante, antiradicalica, antiaging, proteggono il sistema cardiovascolare, contrastano la fragilità capillare e hanno spiccata azione antinfiammatoria.

Testate in tre cotture diverse, ne ho valutato le peculiari caratteristiche:
soffici, sapide della mineralità che associo ai ricci di mare, con la cottura svelano la dolcezza aromatica della noce di macadamia.

La ricetta è nata rielaborando gli ingredienti disponibili al momento, visualizzando l'abbinamento cromatico del rosa del salmone e dell'amato viola delle patate, ho profumato con le note di anice del finocchietto selvatico e aggiunto brio con l'acidità delicata dell'arancia. Le nocciole sono il prezioso tocco croccante e aromatico che mancava.

Gratin di Violette di Sauze, salmone e nocciole Piemonte IGP






per quattro monoporzioni:

800 g di patate Violette di Sauze
2 uova
50 g di Parmigiano Reggiano DOP
50 ml di latte fresco
20 g di finocchietto selvatico (o aneto)
sale, pepe bianco

400 g di salmone fresco a cubetti

80 ml di spremuta d'arancia

per gratinare:
30 g di burro
30 g di Parmigiano Reggiano DOP

per decorare:
30 g di nocciole Piemonte IGP


Preriscaldare il forno a 200°C.
Imburrare le cocotte.
Cuocere le patate partendo da acqua fredda leggermente salata, serviranno pochi minuti, pelarle e passarle con lo schiacciapatate.
Aggiungere poco sale, pepe, il finocchietto tritato, i due tuorli, il latte, il Parmigiano.
Montare a neve gli albumi e amalgamarli alla massa.
Con l'aiuto di una sac à poche o con un cucchiaio, riempire a metà le cocotte, disporre al centro il salmone, condirlo con poco sale, pepe e un cucchiaio di succo d'arancia.
Coprire con un secondo strato di patate.
Aggiungere fiocchetti di burro e poco Parmigiano e gratinare in forno per circa 15 minuti.




Se optate per una pirofila più grande prolungate la cottura di 10 minuti.

Decorare con le nocciole grossolanamente tritate e servire.

Potrebbe essere anche un'idea di riciclo del salmone già cotto avanzato.







Neanche il tempo di finire la mia porzione che ero già al telefono col gentilissimo Giuliano Vitton, a complimentarmi per il suo eroico e impagabile lavoro e per i meravigliosi frutti che riesce ad ottenere.
La notizia è che son riuscita a convincerlo ad acquistare per corrispondenza!
In caso contrario sarei già in cammino per Sauze d'Oulx! ;D



Le patate Ratte, che erano praticamente estinte, e Corne De Gatte sono con le Violetta di Sauze solo alcune delle varietà che Giuliano Vitton produce.





Molti gli ibridi sperimentali e le antiche cultivar di montagna che stupiscono all'assaggio per il gusto che sa essere intenso e delicato allo stesso tempo, e la consistenza, polpa compatta e grana finissima, che al palato diventa soffice e appaga i sensi.
Versatili e ideali per ogni tipo di preparazione, richiedono davvero una velocissima cottura.
Se le preparate al forno o in padella non prevaricatele con aromi, sono perfette ed eleganti da sole, con un filo d'olio, o burro tradizionale se preferite, e  un'idea di sale Maldon, magari nella variante affumicata.

Vi avviso: 
una volta assaggiate non si torna più indietro.
Assoluta ossessione gourmet.

Istintivamente le ho portate al naso, grande suggestione respirando il profumo della terra. Racconta di un territorio dove la salvaguardia della biodiversità, veicola emozioni.

Per info ecco il link

Solo grazie a Luigi Fracchia.


Rossana


giovedì 11 novembre 2010

patatepotatoespommedeterrekartoffelnsolanumtuberosum

Montagna, montagna e ancora montagna nel mio cuore, davanti agli occhi e sotto le suole delle scarpe.
Non pago della fatica delle camminate ho preso in "affido temporaneo" un orto in paese che ormai catalizza le mie giornate di relax.


In un orto c’è sempre da fare e la natura poi di solito ti premia.
Di solito ti premia ma non sempre, con me il dio maya delle patate (Solanum tuberosum) si è accanito con una applicazione e metodo che hanno del diabolico.
Nell’orto il primo e il secondo anno sono venute male, colpa della scabbia (mi hanno detto i testi e gli esperti) dovuta al terreno infestato di micosi.
Non mi sono perso d’animo e ho cercato un luogo vocato (come direbbe un giornalista enogastro) sino a che un povero ignaro villano, mi ha ceduto parte di un campo a 1500 m slm in frazione Bousson (TO), vista splendida sulle cime innevate, lariceti, praterie di graminacee, sole, vento incessanti e caprioli che osservavano al di là della rete.
Avevo prenotato una sedia all’olimpo dei coltivatori di patate.
Con grave disappunto del legittimo proprietario avevo anche tempestato il campo con cartelli indicanti le cultivar messe a dimora (bonnote de noirmoutier, mayan gold, la ratte, charlotte, institut de beauvais), un “cimitero” a dire dei bifolchi.
L’attacco frontale degli ironici montanari mi aveva convinto sulla bontà delle mie scelte e sulla mia superba capacità di coltivatore controcorrente.
Mi sono spezzato la schiena per diserbare, a mano of course, per rincalzare le file (avevo sovrastimato le quantità) e per raccogliere prono nella terra basaltica e ghiaiosa i maledetti tuberi.
Pessimi anche stavolta, piccoli e di scarsa conservabilità.
Consultatomi con l’ortopedico, dopo una risonanza che sentenziava ernia discale s5 in d4 (come a battaglia navale) abbiamo deciso che le patate non erano affar mio.
Mi restano le insalate, gli zucchini (questi mi vengono benissimo), i broccoli (alti e bassi) ma le patate ho deciso di comprarle anche per porre fine agli sfottò degli indigeni.
Ho cercato un pusher di tuberi, fino a che ho trovato un vero poeta delle “Solanum tuberosum” uno dei pochi che non ride quando gli cito i nomi delle cultivar più strane anzi di solito dice che le ha già provate in campo.
Il nome del dio maya delle Alpi Cozie è Giuliano Vitton maestro di sci e agricoltore in Sauze d’Oulx (TO) 1.500 m slm, negli ultimi anni è stato coinvolto in una sperimentazione sul recupero di una cultivar storica della valle, la Piatlina di Cesana.
La Piatlina non la trovate perchè ha rese agronomiche ridicole e pezzatura piccola (forse è ancora virosata e non riesce a produrre) e poi è ancora nel protocollo sperimentale (io la assaggerò per voi e vi relazionerò).


Giuliano Vitton
Bisogna premettere che le cultivar di patate oggi coltivate, anche in montagna, sono per lo più frutto di recente selezione ad opera dei semenzieri spesso stranieri e, per esigenze commerciali, sono divise in classi di farinosità A, B, C dalla A compatta da forno sino alla C farinosa da frittura e purèe.
Le vecchie cultivar se ne fregano altamente delle nostre classificazioni e hanno talvolta caratteristiche intermedie in funzione anche dell’ altitudine a cui sono cresciute. Le patate di montagna comunque sono sempre più piccole, compatte e saporite delle omologhe di pianura.
Praticamente non esistono più le varietà italiane che si erano coevolute nel nostro territorio, si tenta ora, con risultati alterni e forse un po’ nostalgici di recuperare quel patrimonio di biodiversità.
A Torino al museo della frutta trovate delle maquette in gesso di decine di cultivar (rosse, gialle, bianche, viola, bicolore, sferiche, oblunghe) ormai scomparse che erano coltivate sul territorio piemontese.

Giuliano Vitton produce, per il nostro solluchero, una serie di varietà che meglio negli anni hanno dato prova di adattarsi alle condizioni pedoclimatiche dei suoi campi in alta quota rigorosamente non irrigati:

- La Ratte  (1870) patata francese piccola affusolata, gli anglofoni le chiamano “finger potatoes” tipica dell’arco alpino e della Mittel Europa, classe A, pasta gialla, compattissima, da forno, ecellente al vapore da abbinare alla Raclette.
- Corne du Gatte (1850) “finger potatoes” anglo/belgo/tedesca buccia rosa, pasta giallo chiaro,  classe A, compattissima. In edizione limitata, buonissima.
- Roseval (1950) francese buccia rossa, pasta gialla, forma ovale, classe A/B, ottima al forno, in padella home style e al vapore.
- Bintje (1905) olandese, pasta giallo chiaro, classe A/B, fritta, purèe, gnocchi
- Rossa di Montagna tedesca buccia rossa, pasta gialla, classe A/B multi uso sapore squisito eccellente nelle vellutate o nel preburgiu.
- Agria (1985) tedesca, pasta gialla, classe B, multi uso.
- Vitellote antica varietà francese a buccia viola intenso, polpa bluastra, classe B/C, molto scenografica usata per gnocchi colorati, fritta, al vapore. Sul sapore sospendo il giudizio.
Il nostro prode tiene le scorte di tuberi nelle cantine e nella stalla di una vecchia baita nel centro storico di Sauze d’Oulx (TO), la sola visita di quei luoghi merita il viaggio.
La Tartifla du Sauze di Giuliano Vitton, Via Assietta 11, Sauze d'Oulx tel 0122 858456 cel 339/4994794
Attenzione alla ZTL, informatevi prima di forzare i blocchi stradali!


Domenica scorsa dopo l’ennesima visita a Giuliano abbiamo preparato due merluzzetti in padella con capperi e pomodori secchi, accompagnati da piccole Roseval con buccia, passate in padella.
Il pesce dalle carni bianche, eteree a scaglie saporose si abbinava perfettamente con la compatta polpa delle patate dai sapori delicati di castagna.
Un pranzo del genere meritava un vino altrettanto “artigianale” come il bianco di Gaspare Buscemi, “Braide della Venezia Giulia”  IGT 2004, pinot grigio, chardonnay, sauvignon verduzzo friulano imbottigliato il 28 luglio 2005. Vinificato con sistema artigianale. 12,5 % vol.
Giallo paglierino intenso, profumi dolci di fiori, miele, mou, frutta matura, caldo in bocca con acidità delicata, mineralità discreta, sapido quasi salino, intenso, lungo con finale leggermente ammandorlato.
Un matrimonio d’amore.


per chi ama leggere consiglio:
M.Borgia e R.Caramiello,"Le Patate della Montagna Torinese", Torino, 2007, Neos edizioni


per chi crede di poterle coltivare:
naturwuchs catalogo on line di semi tuberini
luigi