Cari lettori (i soliti due),
ho cogitato un mesetto prima di mettere mano al post sulla Marabino che doveva infoltire la serie de “gli uomini dietro i terroir”.
Poi al momento di scrivere qualcosa, ho ripensato a ciò che era successo durante la visita in cantina.
E ho voluto scrivere di quello che è successo.
Sicilia, Agosto duemilaundici, mi dicono vai da Marabino a Pachino.
Concitato perché sono prossimo al ritorno a casa, telefono, prendo accordi, litigo furiosamente con mia moglie
(“non vieni mai con noi al mare sempre lì attaccato al blog o fuori a farti i c…i tuoi”),
mento a mia figlia trenne spudoratamente:”torno subito Bibi, facciamo il bagno insieme”, rientrerò a Sampieri alle 20,30.
Insomma alle due del pomeriggio esco e faccio prua verso Pachino contrada Buonivini.
Arrivo alla Marabino, veloce visita della cantina con il proprietario Pierpaolo Messina che poi mi lascia nelle mani dell’enologo.
Salvatore Marino persona squisita e profondo conoscitore della viticoltura Pachinese (figlio di vignaioli del luogo) con esperienze lavorative in giro per l’Europa.
Mi dedica tante parole e tanto tempo e di questo lo ringrazio pubblicamente.
Al momento di assaggiare i vini, si rompe l’idillio, compare della taccagneria, che a un mese di distanza mi suona come meschinità, inaccettabile da parte di produttori con un piede nell’industria petrolchimica e una cantina con così tanto inox che pare un acceleratore di particelle nucleari.
I vini che producono sono cinque.
Inizia la degustazione e Marino incomincia a rovistare nel frighetto della mensa.
Sono fortunato perché lì abbandonati trova quattro dei cinque vini aziendali.
Me li fa assaggiare.
Tutti da bottiglie senza etichette e alcune molto scolme, rimaste nel frigorifero da: “non mi ricordo più quanto”.
Il rosso per cui ero andato un Nero d’Avola DOC Eloro Pachino Riserva, non c’era e malgrado le mie rimostranze non sacrifica una bottiglia tappata della preziosa riserva.
Tambasio e gigioneggio un po’, pensando che scherzasse, invece nulla, non si smuove e non mette mano al tirebouchon.
L’aria condizionata ghiacciata della mensa e lo sbigottimento mi fanno scendere sudori freddi lungo la schiena.
Rimugino e ormai tachicardico alla fine, per assaggiare ‘sta riserva,
compro dodici buttiglie assortite (che avrei comunque acquistato).
Niente sconti.
Pago centoquaranta eurini.
Saluto.
Ondeggio nel calore cocente.
Salgo sulla macchina in ebollizione.
Ricomincio a sudare.
Mentre guido come automa verso casa.
L’amaro, piano piano, dalla bile mi risale fino alla bocca.
In più ho perso un intero pomeriggio di risate fanciullesche e spruzzi d’acqua.
Purtroppo c'è chi vive la cantina come se fosse un fabbrica di vino..
RispondiEliminaSarà stato condizionato dal tuo look "primitivocoicapelliscompigliatielunghi" ....
RispondiEliminaTi ha fatto almeno sedere? A me è capitato di stare in piedi per ore da vignaioli in Liguria, Piemonte e Valle d'Aosta, è una vita difficile :)
Può essere che fosse il look ad averlo intimorito.
RispondiEliminaSedere mi ha fatto sedere, gentile è stato gentile, solo taccagno negli assaggi, il Moscato Passito era di ere geologiche fà.
Senza etichetta non sapevamo nemmeno il millesimo che stavamo assaggiando.
Peccato perchè, lo ribadisco, Salvatore Marino è un tecnico che al potere consolatorio della tecnica non crede e si affida a concezioni più olistiche dell'enologia.
L'Eloro Pachino riserva forse per reazione non l'ho ancora aperto.
Mi spiace, Luigi, per la tua disavventura : ti esonero dal racconto delle mie che nulla possono portare alla discussione se non un comune "nessun gaudio".
RispondiEliminaTroppo spesso i produttori vivono le visite in cantina con supponenza e arroganza appena mitigate dalla buona volontà del collaboratore di turno che media direttive non condivise.
Credo che questo atteggiamento sia frutto di almeno tre fattori: il primo lo saltiamo con un balzo, la maleducazione non merita tempo.
Vi è poi un aspetto di miopia verso un fenomeno, quello del turismo del vino, che farà raccogliere pessimi frutti a chi non vi avrà riservato considerazione; sappiamo bene quanto ci risulti difficile apprezzare vini di produttori che, a vario titolo, non stimiamo. Anche solo rimandando l'apertura di una bottiglia.
Per ultimo, non in ordine di importanza, quello che potremmo chiamare "il rovescio della medaglia".
In quali altri settori dell'alimentazione il consumatore/appassionato chiede di visitare i luoghi di produzione, parlare con i tecnici, sapere la composizione del suolo, disquisire sull'uso del contenitore di invecchiamento e emettere sentenze? In quali bisogna avere una storia da raccontare a tutti i costi per poi vedere andar via il visitatore con la paura che lui , una storia, non possa più raccontarla?
Quanti decidono di andare a visitare una cantina senza avvisare, abbusando dell'ospitalitá e con nessun ritorno, in termini economici, per il produttore?
So bene di non parlare di te, Luigi, riportando questi pessimi comportamenti ma sono una realtà diffusa.
Hai forse pagato tu, innocente, il conto di altri?
Non per giustificare ma per ragionare.
Giuliano, premetto che, come ho scritto nel post, io mi sono annunciato molto tempo prima e abbiamo preso un appuntamento, avevo anche specificato che il resoconto dell'incontro sarebbe stato poi pubblicato sul blog.
RispondiEliminaQuindi tutto era chiaro, compresa la possibilità che io non acquistassi nulla (non penso che i giornalisti veri, io sono solo un dilettante allo sbaraglio, comprino 12/18 bottiglie a prezzo pieno in ogni cantina che recensiscono per assaggiarle).
Dopo la premessa e in risposta alle tue domande:
Nessuna supponenza alla Marabino, solo inconcepibile e insopportabile taccagneria e sottovalutazione del potenziale del Web.
Il fatto che le az agr sia visitabili è fatto molto positivo, non il contrario, gli allevamenti industriali di animali da carne non lo sono e ciò non è mai un elemento positivo ma solamente un espediente per nascondere, occultare.
Quindi far fare tour nelle cantine, nei vigneti è sintomo di trasparenza e onestà (con tutti i distinguo ovviamente).
Ultimamente sia in sicilia sia in piemonte sono andato da dei casari, molto meno abituati a queste visite e ti giuro che è stato molto istruttivo per entrambi, vedevo nei loro occhi l'orgoglio di far vedere come si esegue un lavoro con precisione e destrezza, e l'orgoglio nel mostrarmi la bellezza ieratica delle loro vacche.
Ormai, con i dovuti limiti, sorvegliare chi mi alimenta è quasi un dovere civile.
E difatti, caro Luigi, ho precisato che non parlavo certo del tuo di comportamento.
RispondiEliminaLa mia provocazione era duplice: da un lato il provare a porsi dall'altro lato del campo (ripeto, senza giustificare) dall'altro ribadire la necessità di meglio comprendere e, perchè no, controllare quello che acquistiamo.
Non solo nel vino, settore in stato di grazia in questo senso.
Hai detto una cosa molto bella e importante che tutti, ma proprio tutti, dovremmo far nostra:
è un dovere civile
Solo attraverso il costante sostegno a quegli eroi che continuano a pensare alla genuinità piuttosto che al profitto potremmo provare a salvare questa nostra terra.
Ancora peccato per la taccagneria: quella meravigliosa isola merita altri ambasciatori.