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martedì 26 marzo 2013

L'importante è che sia buono. Siamo sicuri?



Sul web e non solo la diatriba vino naturale vs vino industriale (chiamateli come volete senza commentare l'etimologia, please) è sempre vivissima, e si tenta spesso di uscire dall'empasse di una presa di posizione scomoda con frasi del tipo: "L'importante è che il vino sia buono".
Affermazione con cui mi posso trovare d'accordo.
In parte.
Siamo proprio certi che è questo l'essenziale? Che il vino sia buono?
Voglio, provocatoriamente, incanalare quest'affermazione verso una domanda che pongo a chiunque, produttori (naturali e non), consumatori etc..

Quanto siamo disposti a pagare per avere un vino buono?

E non parlo in termini economici.
Mi spiego. Prendiamo ad esempio le grandi maison della Champagne, o gli chateau sulle rive dalla Gironda o ancora i domaine di Borgogna. Siamo tutti d'accordo che in quelle zone nascano vini eccelsi. Ma a quale prezzo?
Quando ci approcciamo ad una bottiglia di vino pensiamo mai alla sua genesi?
La Champagne per arrivare alla fama odierna ha praticamente annientato biologicamente un territorio bombardandolo di sostanze chimiche, e a Bordeaux e in Borgogna non è che stiano messi meglio.
Certo ho fatto esempi estremi ma esistono purtroppo varie realtà vitivinicole (anche da noi in Italia) che anno dopo anno disperdono nell'ambiente grandi quantità di sostanze nocive per riuscire ad ottenere un uva integra e perfetta.
Siamo disposti ad accettare questo per la gioia(?) di versarci nel calice un vino tristellato, pentagrappolato o che dir si voglia?
Siamo disposti a danneggiare irreparabilmente l'ambiente e mettere a serio rischio la nostra salute e quella dei nostri figli pur di bere un ottimo vino?
Il fine giustifica comunque i mezzi?
Sia ben chiaro questo invito a riflettere è rivolto tutti, bio e non, naturali e convenzionali, perchè sappiamo bene che anche eccessi di rame e zolfo si accumulano nel terreno e pure le piretrine ammesse nel biologico possono essere tossiche per l'uomo e non sono assolutamente selettive per gli insetti. Con ciò non voglio dar voce ad una facile polemica, mi rendo conto che oggi in ambito agricolo è difficilissimo non utilizzare la chimica per difendere le colture da malattie e parassiti, ma è altrettanto vero che spesso certe sostanze vengono utilizzate e distribuite con molta superficialità e poca consapevolezza ("melius abundare quam deficere"), contribuendo in questo modo anche alla creazione di ceppi resistenti di patogeni. E da qui è un circolo vizioso. Perciò mi chiedo se questo abuso è realmente necessario o perchè è più rapido e meno faticoso di pratiche agronomiche alternative?
A volte bisognerebbe rendersi conto che se per avere uva sana occorre utilizzare quantità eccessive di sostanze chimiche forse quel luogo è poco adatto alla viticoltura, a prescindere dagli interessi economici che questa rappresenta per quel territorio.
Scendendo poi in cantina sappiamo che sono davvero centinaia gli additivi ammessi in ambito enologico, e proprio perchè ammessi per legge non dovrebbero (il condizionale è d'obbligo) essere nocivi per la salute umana. Io non ho assolutamente le competenze per discutere di questo argomento e lo affronto solo con gli occhi e i dubbi del consumatore medio chiedendomi: se la tossicità acuta è comunque controllata si può dire lo stesso per quella cronica?
Forse lo sapremo veramente solo tra parecchi anni.
A questo punto vi starete chiedendo se voglio indurvi a bere vini cattivi.
Assolutamente no. Ci sono ottimi vini (anche di produttori che non per forza rientrano tra i c.d. naturali ma che adottano pratiche agricole e non, di minimo impatto) prodotti nel rispetto della natura e dell'uomo, e ci sono ottimi vini prodotti senza curarsi di ciò che ci circonda.
Però noi li beviamo entrambi e quindi la risposta al titolo diventa ovviamente sì.
E in certi casi io mi sento un po' irresponsabile.

25 commenti:

  1. Ma un ottimo vino che non è etico è veramente un ottimo vino?

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    1. Se non si valuta il vino nella sua globalità mi verrebbe da dire di si. Sarei falso se dicessi che non esistono vini al GUSTO molto buoni seppur prodotti in modo convenzionale. Ultimamente però fatico a scindere le qualità organolettiche del vino con ciò che ci sta dietro. Per questo molto spesso sorsi di buoni vini (gustativamente parlando) non riescono ad essere totalmente appaganti.

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    2. Un percorso di crescita, lo stesso approccio va portato a tutto il cibo che consumiamo non solo al vino.

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    3. Pienamente d'accordo con te Vittorio. E se vogliamo ampliare l'argomento bisognerebbe che la qualità del cibo fosse accessibile a tutti, economicamente parlando.

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  2. il problema è che stiamo collegando un aspetto oggettivo (la produzione )con uno alla fine soggetivo, (è buono o no?), la mia risposta è si purche esprima il suo territorio, con vino da territorio intendo un vino totalmente fatto rispettando il territorio e che rispecchia in tutto e per tutto il territorio da cui proviene(non dimentichiamo che questo porta dei vantaggi anche dal punto di vista trattamenti rame zolfo ecc, ecc) , il problema è far capire questo al consumatore finale, perche'non è obbligatorio che tutti i vini piacciano a tutti, è qua' l'errore (anni novanta merlot ovunque, barolo alle chips, franciacorta caramellato) quindi bisognerebbe dire "dobbiamo bere vini da terittorio. Pl

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  3. Post che condivido in pieno. Con la globalizzazione la richiesta di vino è andata in notevole crescita, di conseguenza si è piantata la vite in territori a lei non idonei, con il risultato che per portare in cantina uva integra (stavo per scrivere sana, ma non mi sembra il caso) come scrive Andrea, si deve intervenire chimicamente. Purtroppo, a mio avviso, non si può tornare indietro, non ci sarebbe più vino per tutti. Il solo "territorio vocato" non è a sufficienza per soddisfare la richiesta.

    Altro punto assolutamente da non sottovalutare, soprattutto ora, è il prezzo. In questi giorni a Gustonudo (fiera di vignaioli cosiddetti naturali) le bottiglie di rosso che costavano di più di 20 euro erano 2. Un Amarone ed un Cannonau che proveniva da una selezione di un unico vigneto. Una cru di un cru se vogliamo. Bottiglie che alla cieca stendono tranquillamente "prodotti" che possono costare 5 ma anche 10 volte in più. C'erano poi le bottiglie da meno di 10 euro, che sono rientrate nei migliori assaggi della manifestazione. Per dire!

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    1. hai ragione in pieno, ieri a bologna a parte il freddo polare (tanti rossi hanno sofferto)si è visto questo, ma è anche quello che cerco di fare quotidianamente nel mio locale, vendere e bere vino consapevole....PL

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    2. Hai ragione Ric, il prezzo ad oggi è condicio sine qua non ed è triste, come anticipavo, prima che la qualità del cibo/vino sia alla portata economica di pochi. E non sempre il prezzo è a sola discrezione del produttore.

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    3. Anonimo, magari ci siamo anche visti allora! Effettivamente la temperatura era molto bassa, ma non si può dare nemmeno la colpa esclusivamente agli organizzatori per questo.
      Scusami la curiosità, ma hai un locale a Bologna? Magari ti vengo a trovare.

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    4. no io sono di Piancogno (bs) Vallecamonica ho un locale banco mescita vini e banco salumi e formaggi la vecchia salumeria di mia nonna trasformata da una decina di anni, non vorrei sbagliarmi ma forse ci siamo incrociati al banco di porta del vento , io avevo una beretta nera e occhiali grossi da vista......
      tu dirai che cazzo ci fa uno del lago d'iseo a bologna????il vino oltre ad essere il mio lavoro è anche la mia passione ......PL(il locale è il piccolo lord)

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    5. Ahh, potevi dirmi qualcosa, si facevano un paio di assaggi assieme. In ogni modo, buono a sapersi, quando ritornerò dalle tue parti vorrà dire che ti passerò a trovare :-)
      Riuscire ad unire il lavoro alla passione è il sogno di ognuno di noi, complimenti!

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    6. Andiamo da Piccolo Lord con Enrico e Rolando e barbera a gogogo!

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    7. vi aspetto volentieri , cmq vi svelo un anteprima alla fine di giugno avrete tanti bei motivi per venire a tempo debito saprete........:))))

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  4. Interessante articolo. Sì la viticoltura, di tutte le agricolture, è una delle più inquinanti.

    Gli esempi dati mi sembrano strani, soprattutto l'amalgama tra Borgogna - senza dubbio origine dei migliori vini al mondo, IMHO ;-) - che include essenzialmente solo piccoli produttori su piccoli appezzamenti, e Bordeaux o Champagne, vere valli industriali del vino e che comunque includono anche piccole realtà eroiche che producono in maniera relativamente pulita. Significativo per esempio il fatto che nella Champagne sia vietata la vendemmia meccanica, che vuol dire che per forza le grandi maison dipendono al 99% da migliaia di piccoli produttori che vendemmiano, tutti, a mano (magari avvelenandosi?).

    La domanda, se siamo disposti ad accettare le conseguenze nefaste della coltura per godere di un prodotto buono, mi pare pure strana, perché non concerne solo il vino ma tutto quello che mangiamo e beviamo.

    Per gli additivi, sì sono cento e più, ma non sono mica obbligatori e i vini convenzionali ne contengono in generale ben pochi (anche perchè questi trattamenti costano!), infatti molti vini convenzionali non ne contengono per niente. Mi disturba sentire un discorso "naturale" che vuol far credere al consumatore che se non beve naturale beve veleno: non c'è bisogno di ricorrere alla paura, sono metodi disonesti. E' sufficiente dire che si beve meglio se si beve naturale.

    "ci sono ottimi vini prodotti senza curarsi di ciò che ci circonda" - secondo me non è possibile fare vino buono fregandosene dell'ambiente. Anche nel vino convenzionale ci sono stati progressi enormi (lo so, non è mai abbastanza). Il mondo di oggi è molto meno inquinato di quanto lo fosse nella prima metà del XX secolo. Fino agli anni 60 Londra era un cesso coperto da una coltre spessa di nebbia marrone, oggi i bambini londinesi non sanno nemmeno cosa sia lo smog. Solo qualche anno fa respiravamo i fumi al piombo delle automobili, oggi lo abbiamo dimenticato ma era una situazione incredibile! Ricordo a Venezia negli anni 60, quelle rare volte che il vento soffiava da ponente, l'aria di Marghera era talmente corrosiva che gli argenti in casa diventavano viola o neri, oggi questo non succede più. Nel vino ancora peggio: la Francia dovette instaurare il sistema di repressione delle frodi e le appelations per il vino, proprio per combattere una storia di secoli di produzione di vino-veleno. Ci sono documenti che dimostrano che nel XIX secolo migliaia di persone morivano per il vino contraffatto a Bordeaux! Oggi succede raramente, in generale in Italia ;-)

    Per il vino sarebbe opportuno che le produzioni di massa si facessero in zone lontane dai centri abitati e caratterizzate da clima che permette di produrre in grandi quantità con un minimo di trattamenti o per i quali i trattamenti avrebbero poco effetto sulle popolazioni (Maghreb? Atacama?). Poi invece le zone pregiate, che tendono ad avere clima "difficile" e spesso sono vicine a zone abitate, potrebbero essere vocate a una coltura più attenta, basata più sull'esperienza di abilissimi viticoltori che sull'uso indiscriminato di trattamenti pesanti.

    Provocazione: l'Italia nonostante la reputazione dei suoi grandi vini rimane essenzialmente vocata alla produzione di vino da cisterna a bassissimo costo e di qualità scadente, in diretta concorrenza con il nuovo mondo. Le esportazioni italiane sono uguali in volume a quelle Francesi, ma in Euro valgono meno della metà. L'Italia (e la Spagna!) dovrebbe abbandonare quel mercato e lasciar "vincere" il nuovo mondo in quelle categorie (che sono proprio quelle che usano un gran numero di additivi!) e concentrarsi sui vini di qualità che inquinano meno. Magari dimezzare il volume prodotto, restituendo quelle migliaia di ettari di scato-produzione alla natura e investendo in ricerche e metodi più sani per le produzioni di qualità. Altrimenti è un suicidio economico e ambientale.

    Dati OIV (LEGGERE!):
    Spagna 1.06 Euro/litro
    Italia 2.11 Euro/litro
    Francia 5.09 Euro/litro

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    1. Bellissimo intervento. Dritto al sodo. Grazie.

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    2. Borgogna presa ad esempio per l'alta qualità dei vini, dove cmq il livello di pesticidi è rilevante (trovati anche nei vini). Poi forse come dici tu non a livello di Champagne e Bordeaux.

      Certo la domanda può essere allargata anche al cibo, ma qui ho voluto focalizzare il punto vino. :-)

      Il problema è che gli additivi sono ammessi e quindi possono essere inseriti nel vino. Infatti è una domanda che mi pongo: in quanti ammessi non "dovrebbero" nuocere sulla salute, ma se pensiamo che un tempo non troppo lontano usavano la formaldeide nel Grana che poi è risultata essere cancerogena... Per questo mi risulta ovvio pormi dubbi sulla veridicità di ciò che mi vogliono far credere, sia in ambito naturale che non, soprattutto quando il fine è economico.

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  5. hai ragione in pieno, ieri a bologna a parte il freddo polare (tanti rossi hanno sofferto)si è visto questo, ma è anche quello che cerco di fare quotidianamente nel mio locale, vendere e bere vino consapevole....PL

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  6. E' giusto porsi la domanda che ti poni Andrea. Per esempio io non me la pongo mai e forse non me la sono mai posta, convinto del mio percorso totalmente personale e soggettivo e guidato dal gusto. E' giusto perché ogni tanto bisogna mettersi gli occhiali "mainstream" e valutare come buono ciò che piace alla maggioranza. Leggere "Il Codice Da Vinci" e riconoscere che è ben composto. Poi io preferisco leggere altre cose, ma questo è un altro discorso.
    Sinceramente io sono partito e continuo a procedere seguendo il mio gusto. Esso si evolve e non è indipendente da valori etici. Già discussi di questo con Mauro Erro in calce a un post di un anno fa. Io credo che etica ed estetica vadano a braccetto come i due lati della stessa medaglia.
    Nel momento in cui si realizza che si vuol bere vini di territorio come dice Pl qua sopra, che si vuole bere liquido vivo e in movimento, che si vuol bere per soddisfare la propria curiosità, mi sono accorto che rimane davvero poco spazio per i vini buoni nel senso di questo post. I vini buoni secondo questa accezione tendono a essere morti e mortalmente noiosi. Con le dovute eccezioni. Ma se si comincia a cercare nel vino la vitalità della pianta e dei terreni dove vegeta, a un certo punto cominciano a comparire delle prove tangibili di questa connessione e allora il dado è tratto; non si torna più al supermercato a comprare vino.
    Per esempio succede quando bevi vini da viti vecchie, magari a pié franco e trovi qualcosa che non hai mai trovato altrove. Quando lo stesso vino restituisce come una filigrana le condizioni metereologiche dell'annata. Quando il vino evolve nel bicchiere, si muove. Quando non solo è piacevole, ma dà un'emozione, è generoso (cit.).
    E' come voler far l'amore con la Barbie o con una donna dal cui sguardo già cogli la complessità di un vita.

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    1. Volevo aggiungere che ogni tanto una notte con barbie ce la possiamo anche concedere, ma ero già oltre il limite della decenza ;-)

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    2. è vero diventa anche un discorso se vuoi romantico poetico, ricordo qualche tempo fa' a nizza monferrato, in un ristorante bevo una bottiglia di barbera di un produttore cosidetto naturale (18 euro), nel tavolo di fianco a me 2 agenti venditori di vino, ordinano un cru di barbera di un'azienda piu' blasonata di nome, molto ben criticata da tutto il mondo enoico , (non ricordo bene ma mi sembra intorno ai 40 euro), attacco bottone cominciamo a parlare di vino e di conseguenza ci scambiamo il bicchiere entrambe le bottiglie non avevano difetti, pero' la seconda sembrava appunto una barbie , di plastica, schematica orrenda nella sua perfezione , la prima invece rappresentava in tutto e per tutto il vignaiolo che l'aveva fatta, e di conseguenza anche il territorio.....e qui allora dobbiamo cominciare a parlare anche di personalita'......PL

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    3. Nic, hai centrato il punto.

      Buono, certo che bisogna partire da qui. Il bello è che poi, con il tempo e con il passare dei bicchieri, molto spesso ci si accorge che il termine coincide con una viticoltura "sana". E non è un caso, nel bicchiere c'è già tutto, basta ascoltarlo.

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    4. Io sono pienamente d'accordo con voi e in particolare con le parole di Jacopo "...con il passare dei bicchieri, molto spesso ci si accorge che il termine coincide con una viticoltura "sana". "
      Vero è che i "grandi" (così dicono i punteggi) vini spesso derivano da quelle zone menzionate ad inizio post. E per arrivare al Grande vino non si guarda in faccia a niente e nessuno. Poi forse quelli sono o diventeranno casi isolati. Speriamo.

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  7. una notte con barbie , una vita con una donna dal cui sguardo già cogli la complessità di un vita.PL

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  8. Leggo solo ora commenti a questo post su Facebook http://www.facebook.com/luigi.fracchia
    Non essendo su tale piattaforma rispondo qui a Roberto.

    Hai pienamente ragione:il problema è decisamente più ampio, non è solo il vino, ma l'agricoltura in generale, olio, pane, pasta etc...di come i pannelli solari rubino campi etc..
    Semplicemente ho deciso di focalizzare le mie idee sul vino, anche se possono essere allargate all'agricoltura in generale. Anzi i temi agricoli impegnativi sarebbero molti altri e forse più importanti del vino.
    Ma non mi pare di aver detto che il vino è la cosa più importante di tutte e il resto non conta, semplicemente ho deciso di parlare di vino. C'è chi scrive di cibo, di agricoltura etc..io scrivo di vino esprimendo un'ideologia, la stessa che ho in altri campi anche se su internet non ne scrivo.
    Ad ogni modo era già in fase di elaborazione, e non per il tuo commento, un post sugli allevamenti intensivi delle vacche da PR.
    Giusto per farti capire che non vivo di solo vino anche se è solo di quello che parlo qui online.

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