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venerdì 4 gennaio 2013

Trebbiano Veruzza 2009, Guccione



Ho cominciato a sentir parlare dei vini dell’azienda dei Guccione a Semplicementeuva. Era la fine del 2010, e finalmente a Milano vedeva la luce un evento dedicato ai vini naturali.
Poi fu la polemica, perché l’evento era sovrapposto a La Terra Trema. Qualcuno urlò allo scandalo, qualcuno si incazzò, qualcuno si disse sorpreso… E poi anche la partecipazione, esplicita, di Porthos non fu presa bene da tutti.
Comunque, col senno di poi, e col rimpianto perché la manifestazione non venne mai ripetuta, posso dire che ricorderò sempre quel fine settimana, le decine di assaggi, ricostruiti a memoria, l’impressione di aver abbracciato un bel po’ del mondo in fermento dei vini appunto “cosiddetti naturali”, ché questa fu l’allocuzione appropriatamente usata dagli organizzatori.
Comunque ricordo nettamente che non visitai il banco d’assaggio Guccione, ma quando andai allo shop che era stato organizzato, correva la voce che i loro vini fossero una vera sorpresa della manifestazione.
Tornai a casa con il Perricone Arturo di Lanzeria. Che trovai irresistibilmente ruffiano.
Poi ogni tanto si parlava di questi vini, anche per la conoscenza diretta che ne aveva Luigi, e poi per vicende tristi sulle quali non voglio soffermarmi.
Passa il tempo e non si può stare dietro a tutto, ma qualche volta le cose ritornano. E così un po’ per sbaglio, in uno dei brevi assaggi nel minuscolo bar à vin di Sarfati (di cui sento già la nostalgia, perché non esiste più) mi sono ritrovato a bere il Catarratto Girgis Extra 2008 e il Trebbiano Veruzza 2009 di questo produttore siciliano.
Quando ho deciso di comprare il primo, era già finito.
Per fortuna col secondo è andata meglio e sono riuscito a berlo di frequente negli ultimi mesi.
Dico subito che per me è un vino straordinario.
Partiamo dal presupposto che sono pazzo per il Trebbiano. Che, come ormai sapete, considero un elemento di pregio che nel processo di vinificazione, la bottiglia non sia considerata un approdo finale dove fermare il più possibile il prodotto, ma essa stessa un tramite, dove il vino possa continuare a vivere per poi continuare a farlo nel bicchiere, in bocca, nei nostri stomaci e infine nelle nostre memorie.
E non v’è dubbio che il Veruzza sia vino vivo, integrale, in costante evoluzione.
L’assaggio è stupefacente, sia all’apertura, ma ancor di più nel suo sviluppo nelle ore e nei giorni successivi.
Ho anche provato a fissarne alcune note.

Lime e rosmarino. Polpa gialla compatta come di mango. Mentuccia ed erbe aromatiche fresche. Accenni sottili di rhum agricolo.
In bocca è trebbianitudine un po' sul versante del profumo. Piccolo residuo carbonico. Si sviluppa ossigenandosi verso i toni più freschi e citrini e il sorso decolla in un turbine di ipersalivazione con la mineralità da effervescente brioschi. Insieme, un bagaglio di spezie che lo rendono anche un po' sontuoso, pur rimanendo di consistenza cristallina e piacevolmente tagliuzzante. Mi entusiasma.
Comunque di beva sin troppo facile, che potrebbe anche farlo sottovalutare. Credo invece che ad aver pazienza, ma di bottiglie in giro ne son rimaste poche, continuerà a evolversi nei prossimi anni un po’ come il Trebbiano più famoso.
Ho cercato di capire qualcosa del terreno sul quale crescono le viti che danno questo nettare, ma non sono arrivato a capire causa e effetto di questo risultato sorprendente nel bicchiere. Ma la zona è peculiare e per quote altimetriche 450-600 m, e per caratteristiche dei terreni. Nella zona ci sono delle marne e mi piace immaginare,  da profano che vive nella città e non capisce una mazza di geologia, che il tipo di mineralità che ho trovato nel gusto del Veruzza abbia corrispondenza nella chimica del terreno. E che dunque vi sia una componente di magnesio bicarbonato di sodio che potrebbe spiegare il mio riferimento ai granulari digestivi.
Va be’ in un'altra vita spero di avere il tempo per queste interessanti seghe mentali.
Per ora mi accontento di bere Veruzza con grande soddisfazione!

14 commenti:

  1. Mannaggia Niccolò, tu che sei scienziato mi cadi nel facile sillogismo geologia-mineralità dei vini!
    Lo sai benissimo che se non c'è un essere vivente che "chela" un minerale con una base carbonio la pianta non può ciucciarlo!
    I terreni che danno vini minerali, come quelli di Francesco, che colgo l'occasione di salutare, sono in realtà terreni non tanto ad alta componente di minerali ma di vita microbica, l'unica che interagendo con le radici può estrarre le pietre dal terreno.

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    1. Naturalmente sto facendo dell'ironia!
      noi de "Gli amici del bar" non potremmo vivere senza Dese alias "scienziato pazzo" tra le nostre fila!

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    2. Interazione microbi-radici che rende disponibili macro e micro-elementi (su tutti gli ioni potassio, magnesio e ammonio) = Ciclo dell'Ossigeno-Etilene alias ciclo "simbiontico" senza il quale piante e microbi crepano stecchiti.
      Più lavori il terreno, più lo concimi, più lo lasci scoperto di vegetali e più rompi questo ciclo (non per nulla questo ciclo lo si trova per lo più nei terreni incolti e nei boschi), andando a snaturare le condizioni del sottosuolo che ne consentono lo svolgersi.

      ;-)

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    3. ps
      le intuizioni di Fukuoka e le ricerche scientifiche del Dott. Alan Smith su questo ciclo sono la base agricola della Permacoltura e dell'agricoltura sinergica. Così, giusto per la cronaca.

      :-P

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    4. Come mai alle scuole enologiche insegnano per due anni la "gestione delle malerbe"?
      Ossia come irroro di diserbanti sempre più potenti i vigneti?
      Quando è ormai chiaro che la biodiversità della rizosfera è indirettamente proporzionale al numero di lavorazioni, concimazioni, diserbi che subisce?
      Quando è prmai chiaro che il sapore di territorio è funzione della composizione del consorzio stesso?

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    5. Grazie a entrambi per le preziose precisazioni. Ergo conveniamo che laddove i terreni siano sani e vitali ci sono le condizioni per il trasferimento di alcuni elementi tipici del terreno nei frutti della vite. Poi dal magnesio alla sensazione gustativa ci vogliono passaggi ancor più complessi, ma allora viaggiamo veloci con l'intuizione e l'immaginazione!

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    6. @Luigi:
      La risposta è semplice, credo. Alle scuole enologiche e nelle università si studia su libri antiquati. Ed i profs ti parlano delle medesime tecniche enunciate in quei libri. Sanno una sega di chi era il Dott. Alan Smith, il microbiologo che ha scoperto, negli anni '70, il rapporto "simbiontico" tra microbi e piante ed i suoi effetti sulla nutrizione delle piante.
      Sono rimasti all'aratro, al gasolio, al diserbo, alle erbe infestanti, all'uso del segaccio nel vigneto, all'arieggiamento del suolo e via dicendo.
      In una parola: antiquati. Sia libri che profs.

      @Niccolò:
      Il nocciolo della questione è quale sia la concezione di "sani" e "vitali" che gli agricoltori hanno. Di terreni "sani e vitali" che vengono puntualmente arati e concimati ogni anno ne è pieno il mondo.

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    7. Io però l'orto in permacoltura o anche solo in coltura coperta non riesco a farlo? la roba mi cresce stentata e allora zappetto un po' e tolgo le erbacce ma mentre lo faccio piango, perchè lì sotto le infestanti il terreno è glomerulare umido e pieno di lombrichi, soffice e dopo il mio intervento in solo poche ore diventa sabbia morta anche se pacciamo con la paglia. Ad ogni aratura facciamo in grande ciò che faccio io nel mio orticello.

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  2. Leggendo gli appunti di degustazione sono stato colto d'improvviso da pavloviana salivazione. E "trebbianitudine" me lo segno! ;)

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  3. Forse per quello non ho trovato troppo riscontro ;-)
    In rete trovo spesso documenti sulla situazione idrogeologica e su ioni e sali ivi disciolti in prevalenza. Penso non sia errato del tutto ipotizzare che un po' delle proprietà dell'acqua,se le radici sono abbastanza profonde, si ritroveranno per forza negli acini. Come per il magnesio, così col calcio etc
    Cmq que viva El consorzio microbico!
    Niccolò

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    1. Devo controllare i sacri testi ma credo che senza chelazione niente minerali. ;)

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  4. Questo trebbiano e il vigna vecchia di Collecapretta collocano la classe operaia in paradiso.

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    1. Bellissimo commento. Condivido e penso che vada istituita la classe dei vini che danno un pezzo di "paradiso alla classe operaia" a cui enoicamente appartengo!

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  5. Ricordo anni fa che comprai da Camillo Donati del trebbiano, wow che sorpresa di bontà fu...il trebbiano era allora un vino snobbato, ma credo che sia ancora così. Poi venne un VinixLive! a Perugia e Jacopo Cossater che mi fece conoscere Collecapretta e il suo trebbiano, altra chicca da inserire nel paniere. Infine un castello con i vini naturali, il mio primo incontro con Luigi Fracchia e circa due ore ad assaggiare con lui i vini di Francesco Guccione, fra cui questo solendido trebbiano, ma come, pensavo,trebbiano in Sicilia?! ebbene sì e sembra di tradizione, ma anche qui a torto snobbato e misconosciuto ai più.
    Grande like per la classe operaia in paradiso!

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