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mercoledì 5 ottobre 2011

ramìe barbichè Pomaretto Perosa argentina Coutandin

Gli uomini dietro i terroir
Daniele Coutandin.
Pomaretto(TO).
Perosa Argentina(TO).
Dove osano le aquile.

Mi chiedo quale folle intuizione e quale insana motivazione abbia spinto secoli fa, i primi abitanti di Pomaretto a disboscare, terrazzare il costone della Punta Tre Valli (1693 m slm), montagna con pendenze superiori al cento per cento?
(Forse per dedicare terreni più accessibili alla coltivazione dei pomi che hanno anche dato il nome e lo stemma al paese)
Per poi piantare viti così fitte da diventare inaccessibili su terrazze frammentate e comunque molto pendenti.
Diserbare con la zappa.



Lavorare le vigne, rimuovere le fascine delle potature, fare i trattamenti, vendemmiare.
Manutenere i muretti a secco e le scale in pietra.
Tutto a piedi, a spalle, con le sole mani.
Non c’erano agronomi, ampelologi, enologi.



Che analizzassero i terreni, le giaciture, le insolazioni, le ore luce, le cultivar,
che li consigliassero dall’alto della sicura, certa ed inattaccabile posizione della scienza.
L’immane lavoro compiuto è stato frutto solo di esperienza, intuizione e congrua dose di follia.
Per limitare i danni derivanti da ingiurie climatiche i vigneti erano e sono polivarietali, con una quantità impressionante di cultivar, cloni miscelati in maniera apparentemente casuale nelle terrazze.
Per lo più allevate ad alberello con tutore o variazioni sul tema.
Questo porta ad aumentare il lavoro in tutte le fasi, dalle potature alla vendemmia necessariamente scalare a più passate.

 Becuet, Barbera, Dolcetto, Avanà, Chatus (Neretto), Avarengo, Freisa e altre cultivar ancestrali.
Da sotto, dalla piazza del Tempio Valdese di Pomaretto le vigne sembrano slavinare sul paese.
Marco Benna ed io un mattina, ci siamo andati e accompagnati dai coniugi Coutandin, ci siamo inerpicati tra le vigne, abbiamo assaggiato l’uva, già dolcissima, abbiamo respirato l’aria sottile che dal Queyras, turbinando per la val Germanasca ci arrivava leggermente addomesticata in faccia.
Sopra noi lariceti e caprioli, dove un tempo, mi hanno detto, c’erano altri vigneti, ancora più alti e inaccessibili, raggiungibili solamente da Coutandin (il paese, non la famiglia) con sentieri a mezza costa, ad una altezza di ormai 1000 metri slm.
Luce fortissima e calore e vertigini e volteggiare di rapaci.
Profumi di erbe aromatiche spontanee al nostro passaggio.
Menta e timo serpillo e alliacee e arquebuse.
Poca terra avara, acida, labilmente appoggiata su una crosta di gneiss, granito duri, neri, ferrosi.
I signori Coutandin, Giuliano e Laura nel 1995 sono stati attratti, come canto di sirene, da questo territorio che definire marginale è eufemistico.
Si sono buttati in un lavoro/passione che ruba il cuore e ingolfa la mente.
Hanno adottato, da vecchi contadini, piccoli vigneti prossimi all’abbandono e li hanno ristrutturati, razionalizzati, riportati in vita.



Molti proprietari vista la buona riuscita se li sono ripresi rimessi a nuovo senza nemmeno ringraziare.
Hanno studiato e viaggiato e coinvolto il Comune e l’Università per avere risposte alle loro sempre più pressanti domande.
Hanno imparato a fare i vivaisti, gli ampelologi.
Perché vogliono propagare le cultivar ancestrali che con fare da esploratori trovano/cercano nei vigneti abbandonati o nei boschi.



La Signora Laura mi ha fatto notare la presenza di molte piante di barbera, nel vigneto di Perosa Argentina inerpicato su una collina morenica, a piede franco, tutte in ottima salute, molte delle quali propagate con un propagine della pianta vicina.
L’altro passo quindi sarà il piede franco, il tentativo di affrancamento dalla rigida protesi invalidante del portainnesto?



L’estrema ricerca dei sapori del vino europeo e non del vino Frankenstein?
Stanno anche lavorando con la scuola Malva di Bibiana sulla spumantizzazione di uve Bian ver (la Verdesse franco elvetica) da vecchi e nuovi impianti.
I signori Coutandin sono un turbine di parole, di cose fatte, di cose in procinto di essere fatte, di cose solamente pensate e cose solamente intuite.



Da qualche anno il figlio Daniele è formalmente a capo di questa anarchica ma determinata brigata famigliare.
I loro vigneti sono inerbiti, il sottofila pacciamato, ripongono estrema fiducia nella gestione naturale, nella biodiversità, limitano i trattamenti a base di zolfo e rame al minimo indispensabile (mi parlano di tre o quattro all’anno), aiutati anche da un clima asciutto ventilato e da terreni che drenano l’acqua.



Attenzione nelle potature per non offendere e stressare e mutilare le piante, alcune molto vecchie.
Uve mature, sane e poi pochi interventi in cantina.
La cantina è piccolissima, le cuvée in inox microscopiche, un antro del piccolo alchimista/alpinista.
Ne vengono fuori tre vini.






Il Pinerolese Doc  Ramìe 2008.
Piccola sottozona storica che comprende i soli comuni di Pomaretto (TO) e Perosa Argentina (TO).
Blend di tutte le cultivar riconosciute:
Becuet, Barbera, Dolcetto, Avanà, Chatus (Neretto), Avarengo, Freisa.
E’ vino elegante, sottotraccia, delicato come la flora alpina.
Timido e riservato.
Fresco, leggermente vegetale con quel lieve pizzicare come di ortica appena sfiorata.
Mirtilli e lamponi e fragoline, un mix di dolce e acidulo.
Fieno e aromatiche e mandorla e terra, polvere di miche.
Caldo ma composto.
Verticale come le guglie granitiche..
Chiama a gran voce del Plaisentif o della Toma della Valle Argentera.


Giuliano Coutandin

 
il Barbichè 2007.
è un Vdt, taglio di Barbera (40%) proveniente da Perosa Argentina e Becuet e del Ramìe.
Potente e caldo come l’annata.
Barbera sugli scudi.
Ciliegie e gigli di montagna e humus fungino e legni bagnati dopo un temporale estivo.
Untuosità di farine micacee.
Setoso, sarà il Becuet?
Sarà o non sarà, questo “finto nebbiolo” tesse come ragno una tela translucida di appagante piacevolezza.



e il Gagin 2010.
Non pervenuto.
È rimasto nella macchina dell’incolpevole Marco Benna, tramortito e intontonito da un pranzo a base di crottin, caprini della mitica Marie di Briancon, pecorini dei Pirenei, toma del Lago Nero, Beaufort d’été, Comtè 2009 e Roquefort artisanale.

Giuliano e Laura ci hanno fatto assaggiare anche una cuvée confidentiel di metodo classico ottenuto da pochi filari di Pinot Nero.
Sulfurea e rustica e lievitosa un vin de soif, aperto con il degorgement a la volée nel cortile di casa.
Bonne degustation

Luigi








3 commenti:

  1. Che meraviglia...Coutandin va visto, bisogna girare le sue vigne, toccare la terra, guardare il cielo e poi bere il vino.

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  2. bellissimo post da (immagino) bellissima esperienza.
    verissima invidia.
    come sempre.
    f.

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  3. I Coutandin sono viticoltori guardiani del territorio al di là della retorica la loro è una missione, perchè la fatica che fanno non è minimamente compensata dal ritorno economico.

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