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mercoledì 1 dicembre 2010

aistorinogrenachegarnachaprioratroussilonrhonesardegna

Carissimi,
Torino alla sede AIS Torino nel solco degli eventi legati alla scoperta dei Vitigni Nobili abbiamo degustato la GRENACHE.



Sinonimi: in Spagna Garnacha Tinta, in Italia Aleatico, Cannonau, Canonau, Granaccia, Tocai rosso, Uva di Spagna, Vernaccia di Serrapetrona.
Vitigno a bacca nera di origine spagnola che è emigrato seguendo le invasioni spagnole sia nel mediterraneo sia nel nuovo mondo.
E’ il secondo vitigno come diffusione mondiale però è nel bacino mediterraneo che si esprime al meglio, in Spagna (usata in blend con il Tempranillo, in purezza nel Priorat e in certi Blanc de Noir e rosè Metodo Classico del Pènedes) nel sud ovest della Francia in Languedoc, nel Roussillon (Banyuls, Rivesaltes, Colliure, famosi i vini fortificati stile Porto e spesso in blend con Syrah e Carignan nei vini secchi), in Provence, nel Rodano del sud (presente in molte denominazioni in particolare: Chateneuf du Pape in blend con Cinsault, Syrah, Picpoul etc., Lirac e Tavel nei rosati. Da segnalare Chateau Rayas che produce Chateneuf du Pape a base 100% Grenache) in Italia in Liguria (pare imperdibile il Cericò di Walter De Battè) ma soprattutto in Sardegna, dove con il nome di Cannonau o Canonau, il terroir estremo ne esalta le caratteristiche di resistenza all’arido, al calore e al vento.
Il sistema di allevamento principale è l’alberello che meglio si adatta ai climi caldi, in Sardegna l’azienda Perda Rubia di Nuoro da anni seleziona cloni resistenti alla fillossera e i suoi vigneti sono tutti a piede franco.
E’ vitigno rustico e adatto ai terreni aridi e sferzati dal vento e il frutto mantiene livelli di acidità e polifenoli tali per cui i vini  risultano freschi e senza sentori di cotto.
Il rilancio internazionale del vitigno è legato principalmente alla lungimiranza di Renè Barbier, impreditore del vino del Penedes che ha di fatto riportato la coltivazione della vite nell’area vitivinicola del Priorat, una piccola enclave vicina a Tarragona, caratterizzata da un territorio collinare/pedemontano aspro, con forti pendenze, roccia madre scistosa affiorante e ne ha fatto un laboratorio sperimentale della Garnacha.
La particolarità del Priorat (motivo per cui è stato di fatto scorporato dalla doc Tarragona per generare una sua doq ) è la composizione geologica dei suoli, è uno dei pochi suoli vitivinicoli mondiali a reazione sub-acida (come da noi in Piemonte a Lessona) caratterizzati dalla presenza di una roccia metamorfica ricca di quarzite e di intrusioni terrose e ferrose chiamata “llicorella” (liquirizia).  Il suolo è povero e molto drenante e obbliga le piante a ricercare l’acqua in profondità penetrando tra le fenditure delle rocce scistose.
I vini del Priorat sono dunque figli di un terroir antico (già i Romani avevano terrazzato le pendici delle colline) ed estremo ma riletto con le tecnologie e le conoscenze agronomiche contemporanee.
In Sardegna e nel Roussillon suoli poveri, rocciosi, aridità e influenze marine riproducono le condizioni ottimali per il vitigno e poi il lavoro dei vignaioli negli anni ha portato a smussare le asperità di vini che tendevano a nascere già ossidati, scarichi di colore, cotti nei profumi e nei sapori. Ad Argiolas produttore di Serdiana (CA) bisogna riconoscere sia il grande lavoro nei campi e in cantina per svecchiare tipologie di vini senza mercato sia la grande capacità di comunicazione del prodotto che in pochi anni è diventato uno dei grandi vini Italiani.
A Dettori bisogna riconoscere una incredibile e salda convinzione nell’inseguire la qualità nella tradizione usando tecniche enologiche “arcaiche” e qualche tempo fà  fuori moda, portando comunque i suoi vini a livelli di assoluta eccellenza.



sette vini in degustazione coperta più un fortificato
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Tenores 2005, Tenute Dettori, Sennori;
vino d’autore sostiene Gallo, vinificato e affinato in cemento ha colore granato scarico, profumi intensi e complessi, corpo possente, alcool sovrabbondante, caldo ma non bruciante, una volatile alta lo smagrisce e lo riporta sulla terra.

Turriga 1999, Argiolas;
con i due Spagnoli è quello più colorato sinonimo di barrique, intenso ma ancora influenzato dal legno, indugia su dolcezze di liquerizia e vaniglia, poi cuoio, tabacco, caldo, lungo, comunque fresco, tannini un po’ ruvidi.

Cote du Rhone 2006, Chateau Fonsalette;
colore leggermente scarico, naso vivace e intenso che apre con toni un po’ umici per assestarsi su spezie, affumicato, tabacco, ciliegie sotto spirito in bocca è snello, setoso come il Clos de Moulin è giocato su una riserva acida significativa e “puntuta” che fluidifica e vivacizza un corpo importante.

Cote du Rhone Clavin 2007, Domaine de la Vieille Julienne;
il più giovane e più semplice dei campioni ancora floreale e legnoso giocato su toni un po’ caramellati e uniformi, bocca semplice, senza asperità calda, morbida.

Colliure Clos de Moulin 2002, Mas Blanc;
altro campione della Francia enoica, colore non cupissimo, ostico al naso con note di riduzione che stentano ad andarsene, memorie di Seitan affumicato, soia, tabacco nero, caffè forte, Lapsang Suchon, ciliegie sottospirito, in bocca caldo, lungo e avvolgente sempre puntellato da acidità e tannini.

Priorato Clos Mogador 1998, Renè Barbier;
il vino del pioniere perfetto, intenso sia nel colore sia nei profumi giocati sul tostato, sulla frutta sottospirito, minerale in bocca morbido, lungo e persistente con tannini sugli scudi e acidità un po’ latitante.

Priorato l’Ermita 2001, Alvaro Palacios;
difficile definirlo il migliore (se il costo è specchio della qualità 350,00 euro) alla mera degustazione, si è presentato in linea con i migliori, palesando una concezione enologica moderna, segnata da note tostate, liquerizia pregevolissime ma riconoscibile, comunque evolvendo ha aggiunto al corredo aromatico spezie, confettura e un finale mineral-terroso, in bocca lungo e intenso.

Rivesaltes 1961, La Collas de Thuir.
Hors categorie un vino fortificato della Languedoc quasi al confine con la Spagna, I vigneti sono terrazzati (fenici di origine, dicono) sulle pendici dei Pirenei che si tuffano nel Mediterraneo, qualche palmo di terra povera torrefatta da un caldo asfissiante anche di notte (effetto volano del mare) portano a maturazione pochi etti di grenache per pianta.
Il mosto in fermentazione viene alcolizzato quando raggiunge i 6/7% vol e si ferma l’attività microbica, segue l’affinamento in legno e poi vetro. Un vino capace di tenere nel tempo.
Mallo di noce quasi masticabile poi agrumi canditi, cioccolato, ciliegie sottospirito, garrigue,  in bocca caldo multiforme, avvolgente, di personalità.



Tutti i vini assaggiati sono risultati vini gastronomici, da abbinamento, godibilissimi e succosi, capaci di evolvere nel bicchiere per tutta la durata della degustazione.
Tranne l’Ermita  a 350,00 euro e il Clavin a 13,00 euro il prezzo medio dei vini è 45/55 euro.

luigi



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