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giovedì 27 giugno 2013

La rivincita del signor Martinotti. Bollicine, caprini e sottoli

























Ho quasi pudore nello scoprire che una tecnologia ultimamente un po’ bistrattata come quella delle autoclavi (perché è energivora e poi perché il must è la rifermentazione in bottiglia), possa, se ben gestita, dar vita a vini decisamente interessanti.
In alcuni testi di enologia (un po’ agè) avevo letto del metodo Martinotti lungo ma non avevo mai assaggiato niente che avesse subito una lavorazione del genere (permanenza in autoclave per più mesi al fine di rendere la presa di spuma più fine e far maturare il vino sulle fecce).
Il metodo Martinotti lungo è una follia economico gestionale perché tiene occupate per mesi delle autoclavi costose che possono essere utilizzate a forte rotazione (venti/trenta giorni) per produrre vini frizzanti.
Ebbene in un sol colpo a Vinissage ne ho assaggiati due, questa è fortuna non pensate?
In verità conoscevo entrambe i vini e entrambe i produttori ma mi era sfuggita la tecnica di produzione e il rapporto che essa ha con i risultati organolettici.
Il primo è un Durello l’”Omomorto” (non toccatevi mentre leggete) di Stefano Menti in quel di Gambellara (VI) che sta dodici mesi  in autoclave con batonage.
Il secondo è un frizzante di uve Timorasso il “Chiaror sul masso” di Cascina Carpini alias Paolo Carlo Ghislandi. In quel di Pozzol Groppo (AL) che passa dieci mesi in autoclave.
I vini sono esattamente come chi li produce verticale, fresco, sapidissimo, timido direi, il Durello.
Aperto, cremoso e leggermente opulento il Timorasso che ricorda certi Cremant du Jura.
Per entrambe è encomiabile la finezza delle bollicine e l’equilibrio generale della presa di spuma che esalta questi vini tutto sommato semplici ma non banali.


Entrambe sono ciò che io intendo per vini gastronomici, si esaltano con i cibi, prova ne è stata la colazione annaffiata dal Durello a base di pane, sottoli, olive e pollo organizzata da Marco de La Baita e l’aperitivo a casa con il “primo amore” formaggio caprino fresco di Patrizia Vannelli*
Kampai

Luigi

*una porzione residua di quel caprino, dopo due settimane di affinamento in frigorifero ha sviluppato sotto la crosta una proteolisi da manuale ed io ho aperto un altro Omomorto!

Ps
Vini da berne a secchi! Dite loro che li imbottiglino almeno in Magnum.

15 commenti:

  1. Visto un intervento non proprio positivo sul concetto di vino gastronomico mi preme sottolineare che il vino gourmet non è un vino "così sbilanciato" che riesce solamente ad essere bevuto in comunione con il cibo ma anzi un vino così aperto e disponibile che si sublima con l'assunzione del cibo.

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  2. vino gastronomico è un concetto bellissimo

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  3. Luigi, credo ti riferisca al mio commento che in realtà non era negativo sul concetto di vino che dà il suo meglio se accostato al cibo. Volevo solo mettere in guardia dall'ennesima moda (anche se di nicchia) che può essere presa a pretesto da chi vuole nascondere i difetti del proprio vino (eccessivamente esile, acido, duro) con la "vocazione gastronomica". A me l'idea di Vittorio piace, però mi piace anche scolarmi un bicchiere senza necessariamente mangiare un bue e senza che mi venga automaticamente l'ulcera :-)

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    1. Nic,
      sembrava un tentativo di restaurazione ;), comunque ci sono vini che quando sono perfetti hanno il gene della masticazione insito in loro e non compiono il loro mandato in Terra senza unirsi al cibo ad es. il grignolino, la Freisa, il durello di cui parlo oggi, vini che raramente penserei di bermi chiacchierando in terrazza (come nei film 'merricani).
      E la caduta dell'abbinamento vino cibo nel comune desinare ha segnato anche la contemporanea caduta di questi vini minori.

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  4. Vino gastronomico non mi dispiace per nulla, bel post caro Luigi.
    Ho particolarmente apprezzato quella giusta osservazione sull'uso dell'autoclave in maniera corretta, seppur diseconomica, secondo il metodo Martinotti lungo.
    La metodologia consente di mantenere integre le qualità organolettiche varietali del vitigno lasciando poi al tempo, il compito di procedere verso l'evoluzione del vino in bottiglia.
    Mi è venuta sete !
    Ciao, Paolo

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  5. E poi voi parlate di "stuzzicare" più che "mangiare", e poi accostare, degustare. Un approccio che mi piace particolarmente con certi vini quasi dimenticati che rivivono grazie a tutto questo. Ed è innegabile che in giro per banchi d'assaggio si percepisca in modo inequivocabile quanto certi vini siano penalizzati sul povero palato lasciato solo a soffrire di salivazioni. E ti trovi a pensare : "non mi piace ma è colpa della mia bocca non del vino...se ci fosse in giro un pezzetto di raschera d'alpeggio ...". Però certi osannati valtellina (giusto per dare un esempio) e certe barbere continuano a risultare brusche anche nel contesto della tavola. Alcuni la chiamano eleganza e finezza, a me a volte pare di passarmi una lama in bocca manco fossi un fachiro. Non è che qualcuno comincia ad acidificare di nascosto (più che tornare a fare il vino come una volta) giusto per compiacere il critico?

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    1. Oppure magari aggiungere una bella manciata si sale in botte così che poi il critico commenti e chieda : "che bella sapidità! sembra un salmastro marino, ma voi siete lontani dal mare" e il produttore di rimando " Il mare l'abbiamo avuto anche a noi a Milano, poi sono arrivati i tedeschi e han spaccato su tutto..." (cit.) :-) la butto lì per sdrammatizzare un po' ma davvero certe cose mi lascian perplesso.

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    2. Sono sulla stessa lunghezza d'onda. Le "sciabolate" o "cannonate" in bocca non è che, di primo acchito, evochino esperienze meravigliose. Esistono indubbiamente vini gastronomici, ma il passo successivo è il ritorno alle tristezze stampo AIS che a volte parevano (paiono) "Mettiamo insieme due cose poco buone, uniamo gli squilibri perché si annullino", acidità che spaccano devono sgrassare un cibo troppo (appunto) grasso, tannini cartavetrata su qualcosa che ce li faccia dimenticare etc.
      E si, qualcuno acidifica e per mia esperienza neanche tanto per il critico di turno ma per un presunto "mercato" e per me liberissimo di farlo, mica ci avvelena, il problema è però che spesso le acidificazioni risultano come slegate, innaturali, il vino e la sua acidità paiono viaggiare su due binari diversi.

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    3. Eugenio mi diludi di diludendo con questo intervento, quello che io intendo sono vini di grande materia ma con delle durezze (tannini o acidità o sapidità) che ne rendano agevole la bevuta e su tutti i miei assaggi recenti un esempio di questa concetto è Chimbanta di Dettori alcol e estratti e glicerina a palla e acidità intorno ai 7 g/l un vino corpulento ma bevibile, se mi accomuni ancora una volta a quelli dell'Ais ti mando mio cane a pisciarti nel tergicristalli...

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    4. Luigi, mi dispiace davvero di essere stato poco chiaro e di aver saltato dei passaggi nella dialettica di un commento che era legato più al commento stesso che al post di cui condivido tutto (il vino di Menti è una bomba). I passaggi che ho dato per scontato sono: tu e l'Ais siete due universi talmente distanti che anche solo paragonarvi è talmente risibile da non passarmi per l'anticamera del cervello; il vino gastronomico esiste, c'è, e noi siamo qui per raccontarlo come concetto e come realtà nelle bottiglie che beviamo, siamo qui raccontarlo in tutti i suoi pregi e i suoi meccanismi, non ultimo il comparto acido/tannico che è un importante per raggiungere la beva (Chimbanta, certo, o anche il monolite Kurni che nelle migliori espressioni si allunga e rinfresca grazie ad un'acidità vibrante).
      Per il resto era solo un contrappunto al commento di Nic che ho colto come un "Attenzione a non andare oltre o esaltare prodotti poco piacevoli" e io mi sono agganciato a questo e a tutto ciò che è stato (ed è tuttora in larga parte) il mondo del vino/abbinamenti e le sue derive "giustificazioniste".
      E il cane no, ti prego, ho già i gatti del vicino che mi riempiono il parabrezza di Sauvignon/pipì-di-gatto :-)

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  6. Tornando al post, conosco soltanto l'Omomorto. Sono stato anche da Stefani Menti che mi ha spiegato n volte lo charmat lungo, ma ogni volta mi dimentico di chiedere se sia frutto di un'unica fermentazione in autoclave oppure se si tratta solo della seconda, per la presa di spuma. Chiedo perchè ho assaggiato un paio di esempi notevoli di unica fermentazione in autoclave, dal mosto al vino spumante finito, ma non ho idea di quanti utilizzino questo metodo. Ricordo di sicuro un'ottima ribolla di Mario Zanusso de I Clivi che però non ho mai trovato in commercio.

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  7. Dei prodotti La Baita Gazzo mi avete fatto innamorare...
    Ora approfondirò il tema Patrizia Vannelli!
    Grazie ;D

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    1. Patrizia produce alcuni fra i migliori formaggi di capra di Italia, unico neo: i suoi assaggi alle fiere sono microscopici :)

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  8. Vittorio...così mi fai impazzire!
    Ho controllato e non l'ho trovata tra gli espositori di Cheese a Bra, e poi devo rimediare mooolto prima di settembre!

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