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venerdì 10 maggio 2013

Sapore di topo. Di N.Desenzani

Oenococcus oeni
Non posso dirmi veterano dei vini naturali, ma è da qualche anno che li bevo. Il tema SO2 sì SO2 no mi appassiona fino a un certo punto, nel senso che non mi piace tanto l’aspetto ideologico che si tende ad attaccargli, mentre di certo gli aspetti più filosofici, antropologici, di storia dell’alimentazione e non ultimi quelli gustativi, mi hanno sempre incuriosito.
Qualcuno a volte accusa me, ma potrebbe essere un io generico, di non esser laico nelle mie bevute. Cioè di dare spazio nel mio stomaco solo a vini naturali, bioqualcosa. Dato per assodato che purtroppo il mio stomaco è limitato nello spazio e nella capacità digestiva, e il mio fegato anche ha di che lamentarsi, e quindi non posso bere tutto, ma devo scegliere certe tipologie piuttosto di altre, credo che la laicità sia un atteggiamento pratico: cercare di capire il vino che si sta bevendo.
Per esempio è da parecchio tempo che sto raccogliendo alcuni dati di esperienza su vini fatti con scarso o nessun utilizzo di solforosa aggiunta. Principalmente sono osservazioni sulla caratterizzazione del gusto rispetto a vini in cui se ne fa uso, comunque parsimonioso, con competenza e con conoscenze tecniche e tradizionali. Diciamo vini in cui o non se ne utilizza, o lo si fa in dosi omeopatiche, con risultati in bottiglia indicativamente al di sotto dei 20 mg/l di solforosa totale, rispetto a vini che possono arrivare anche oltre i 50.
Non voglio star qui a tracciare una grammatica della tipologia, ma render pubblico un certo disappunto che oramai è consolidato. Con frequenza molto alta, i vini che ho bevuto nella tipologia no SO2, con tempi diversi dall’apertura, sviluppano delle derive gustative che qualche volta ho segnalato come “gusto lievitoso”, “di pelliccia bagnata”.
In genere questi sapori fastidiosi emergono dopo l’apertura, quando va bene il giorno dopo, qualche volta dopo poche ore, qualche altra dopo una manciata di minuti e ahimè qualche volta da subito.
È giusto e sacrosanto dare voce alla propria personale percezione, ma altrettanto giusto è il confronto con gli altri. Purtroppo non bevo spesso in compagnia, e quindi molti dei casi di “malogusto” non li ho condivisi.  Mi sono reso però conto che probabilmente alcuni di questi li sento io e non altri.
Insomma ho girato intorno a questa questione, ho fatto un po’ di ricerche e ho scoperto che esiste un difetto del vino che in inglese si chiama mousiness.
Riporto integralmente la parte sugli aspetti sensoriali, tratta da uno dei principali articoli accademici che si sono occupati del sapore di topo:

Mousy off-flavor is usually perceived in a delayed fashion on the palate, generally after the wine has been swallowed or expectorated. Once detected, it can persist for more than 10 minutes. The off-flavor, however, cannot be perceived by sniffing the wine as the compounds responsible for mousy off-flavor  are not sufficiently volatile at wine pH, as described in detail below. An individual’s ability to discriminate mousy off-flavor in wine at low  concentrations is genetically predisposed, which results in variation in perception . There is a correlation between an individual’s mouth saliva and  tongue surface pH and their ability to detect the off-flavor, with some individuals extremely sensitive to the taste while others appear totally anosmic.  for this reason, we speculate that, for mousy off-flavor to be detected, an increase in pH is required to convert the causative compound into its more  basic form. The correlation between salivary pH and ease of detection may reflect the lack of mousy off-flavor reports in the past. Techniques have been  developed to detect mousy off-flavor in wine without actually tasting the wine itself due to its unpleasant taste. The first, the “palm and sniff” method,  involves rubbing the wine on the back of the hand and sniffing close to the skin. The other method is [...] Oxidation may also be used as a method of mousy taint detection,  as it has been shown that when wines are exposed to air or oxygen they can develop the off-flavor. The mechanism for this process is unknown

Da New York Times


Leggendo nell’articolo si potranno conoscere i nomi delle sostanze che danno origine a questo brutto sapore, ma per quanto riguarda l’origine, parrebbe trattarsi di prodotti del metabolismo di alcuni organismi, fra i quali i batteri acidolattici e i famosi lieviti Brettanomyces/Dekkera.
Per una strana anomalia della lingua italiana, mentre è facile parlare di cattivi odori, qualificandoli come puzze, non trovo l’equivalente per i cattivi sapori. E ho riscontrato che spesso in testi non specializzati  tendono a confondere le due cose: facilmente troverete descrizioni di odore di topo nel vino.
Ma come sappiamo questo topo compare solo in bocca!
Infine per chiudere il cerchio, una riflessione è dovuta. Vinificare senza so2 aggiunta è possibile, e ne possono sortire vini meravigliosi. Ma i rischi sono altissimi. In particolare sorge il dubbio che no so2 e distribuzione/conservazione non stiano sempre bene insieme.
Forse che avesse ragione il buon vecchio Josko Gravner?

Fonte: Snowdon EM, Bowyer MC, Grbin PR, Bowyer PK, Mousy off-flavor: a review. J Agric Food Chem. 2006 Sep 6;54(18):6465-74. http://www.aseanfood.info/Articles/11018301.pdf

PS Fatti e ipotesi
Che io senta questo off-flavor su vini dichiarati a bassissimo dosaggio di SO2 e non su altri è verificato in numerosi assaggi.
Che io non percepisca questo difetto al naso è un aspetto/indizio che mi ha colpito da subito.
Il fatto che si sviluppi in tempi diversi dopo l’apertura è corroborato da numerose esperienze gustative.
Che ciò che io percepisco sia effettivamente la mousiness è in parte opinabile. La mia identificazione si basa sulle anomalie di questo difetto: che si senta solo dopo la deglutizione o comunque non immediatamente, che non sia riconducibile a un odore e che in svariati testi ho visto indicata la SO2 come misura di prevenzione da questo tipo di difetto. Inoltre il fatto che qualche volta io lo percepissi e altri no, troverebbe spiegazione nell’articolo citato, viste le possibili diversità genetiche e/o di acidità della bocca delle persone.
Infine il fatto che sia un difetto poco noto potrebbe esser dovuto al fatto che per decine di anni l’uso della SO2 è stato praticamente universale e quindi come difetto la mousiness fosse praticamente scomparso.
Last but not least, penso che la mia esperienza possa essere al servizio di tutti coloro che fanno vino senza aggiunta di SO2 (magari se mi inviate i campioni vi faccio gratis un test ;-)). A parte gli scherzi non ho ancora verificato se la tecnica di spargere sul palmo funzioni e per ora mi resta solo il mio fido palato. 

18 commenti:

  1. Anche a me è capitato qualche volta di aver a che fare con difetti in alcuni vini senza SO2 (poi magari era una bottiglia sfigata...).
    Quello che ho percepito io, e non so se è la stessa tua sensazione Nic, è una specie di polverosità molto intensa sul finale del sorso. Come un incupimento del vino.
    Al naso anche per me tutto normale.

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    1. La polverosità di cui parli è un sapore che si sente spesso nei vini della tipologia, e spesso per me non è un difetto, anzi una caratteristica piacevole. Ma come spesso accade potrebbe esser questione di rarefazione: cioè lo stesso sapore con intensità basse è piacevole, mentre diventa intollerabile quando più concentrato.
      Il sapore di cui parlo talvolta ha un'effetto devastante sul sapore, al punto di dover rinunciare a bere.
      Comunque ho il sospetto di far parte di una piccola percentuale di persone ipersensibili.
      Ho scritto questo pezzo anche nella speranza di stanare palati affini al mio in questa percezione, ma forse è solo un problema mio!

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    2. Bell'articolo Niccolò, però dovresti condividere più spesso la degustazione non appena incappi nel problema, anche per ottenerne una descrizione da diverse angolazioni.

      Condivido la sensazione citata da Andrea di polverosità intensa alla quale aggiungerei uno sgradevole retrogusto come di latte di soia che ho ritrovato in bottiglie aperte da qualche giorno che però di solforosa ne avevano parecchia.

      Chiudo con un pensiero generale : forse aveva ragione il grande vecchio e forse no, tuttavia sappiamo oggi che la solforosa non è "Il problema". Il vino naturale (piaccia o no) è come hai detto tu filosofia, ideologia, ecologia, sostenibilità, politica, storia, buon senso, gusto e tante altre cose. L'equazione vino naturale = vino senza solfiti è non solo sbagliata ma anche estremamente pericolosa.

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    3. Vinificare senza l'aggiunta di solfiti , richiede competenza, un'ottimo stato di maturazione delle uve , igiene di cantina e controllo in tutte le fasi di processo.
      L'odore di topo, cane bagnato stalla , cerotto , medicinale, terra , sono le declinazioni olfattive chje si ritrovano nei vini se non lavori secondo i principi di cui sopra .
      Quindi tranquillo nn vivi in un universo olfattivo tutto tuo.
      claudia

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    4. Faccio mie parole di Nic Marsel, vino naturale=vino senza solfiti è riduttivo ed estremamente sbagliato.

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    5. @Nic Hai ragione, è un peccato che io non abbia potuto condividere la maggior parte se non quasi tutte le mie esperienze negative. Lo rilevo anche io, ma ero comunque arrivato a una tale massa di assaggi con queste caratteristiche, da decidere comunque di condividere l'argomento. Spero che si capisca che per una volta il tentativo è di parlare di difetti e problemi, ma dalla parte del vino naturale; non contro.
      Io stesso il confronto che faccio non è fra NOSO2 e vini convenzionali, ma tra NOSO2 e vini tradizionali, spesso bioqualcosa e comunque con uso parco di SO2.
      Però devo rilevare che da un certo punto di vista la solforosa è il problema. Non c'è una ragione ontologica per dire che SO2 sia l'unico additivo ammissibile nel vino naturale.
      E' una convenzione, il cui massimo livello di motivazione è che l'uso dello zolfo è antico. Al limite si può argomentare che è un elemento già presente nel vino, ma a quel punto si apre la porta a tutti gli additivi che chimicamente siano già presenti nel vino.
      Per me il problema della conservazione e della prevenzione igienica è complesso e una risposta di principio non l'ho ancora trovata.

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    6. @claudia i vini di cui parlo in questo post non sono vini difettosi nel senso che dici tu. Anzi sono tra i massimi rappresentanti qualitativi e spesso vinificati da mani espertissime. Non mi sto interrogando sui difetti di malavinificazione, ma mi sto chiedendo se togliere SO2 possa portare il vino fuori controllo, in particolare se si vogliono mantenere le condizioni di trasportabilità e conservazione integra.

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    7. Ah Claudia non sto parlando di difetti olfattivi, ma gustativi. Per fare un'analogia col latte, parlo di quello che può succedere a del latte fresco, proveniente da mucche sane, che mangiano sano e fanno latte che appena munto è buono ed equilibrato, ma che debba esser confezionato e trasportato. Che cosa è necessario fare?

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  2. Non ho mai avvertito questo sapore di topo ma ho aperto poco tempo fa una bottiglia di rosso brettato e ti posso dire che era avvertibile già al naso e in bocca veramente orribile.
    Non so se il responsabile anche nel tuo caso è il "brett".

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  3. Scusate ma qui si parla di sapori sgradevoli in assenza di difetti olfattivi. Altrimenti non ci si capisce più niente :-)

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  4. Parlando di SO2, ho avuto un piccolo riscontro a Villa Favorita.
    Riffault ha portato una serie di vini, di cui solo ad uno aveva aggiunto una piccola dose di solforosa all'imbottigliamento.
    I vini, del 2011, se non erro, erano tutti ossidati, a parte quello addizionato.
    Conoscendo da tempo i suoi vini, devo dire che la scelta di non usarla è quantomeno opinabile.
    Comunque si trattava solo di ossidazione e non di difetti gravi di vinificazione.
    Ma il gusto di topo lo senti solo nei rossi o anche nei bianchi ?

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    1. Mi è capitato anche su bianchi. Di recente su uno Chardonnay piemontese, che tra l'altro se non si fosse corrotto in men che non si dica, era davvero buonissimo. Posso dire che tra gli esempi ce n'è italiani e francesi. E che ci sono casi NOSO2, pochi, che hanno superato la prova giorno dopo (magari un cenno). Poi ci son casi in cui mi è successo, in modo non intenso e con un risultato interessante. http://gliamicidelbar.blogspot.it/2012/10/rosato-frizzante-2010-igt-toscana.html

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  5. Non nascondo un certo timore nell'affacciarmi a questo bar, ma tanta è l'onestà intellettuale contenuta nel post che ho preso coraggio, almeno per complimentarmene. Le deduzioni sono tutt'altro che banali. Il problema di fondo è che la vocazione dell'uva naturale non è far vino. Ci sono voluti oltre 150 anni, da Pasteur in qua, per comprendere le cause di determinate degradazioni naturali del vino. Quella in discussione riguarda la formazione di molecole chiamate tetra-idro-piridine a partire da amminoacidi. Ne sono responsabili alcuni lieviti e soprattutto alcuni batteri lattici spontanei. Con un meccanismo del tutto simile si producono naturalmente le famigerate ammine biogene, potenti allergeni e responsabili di odori estremamente sgradevoli.
    Il paradosso è che nelle annate migliori, in cui le uve maturano bene, nascono vini che sono più vulnerabili a questi fenomeni del tutto naturali. Senza o con poca SO2 le probabilità aumentano in modo esponenziale, a meno che non si adottino soluzioni tecnologiche che consentano di guidare i fenomeni biologici.
    Ma qui mi torna il timore di questo bar...

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    1. Grazie Marco. Mi hai fatto un complimento che lusinga proprio una delle cose cui tengo di più in assoluto. Mi spiace se incutiamo tanto timore ;-) Siamo persone di passione e la celebrazione dei vini con poco intervento nasce quasi sempre dal bicchiere. E i vignaioli che rinunciano a certe sicurezze spesso creano vini buoni. Talvolta davvero superlativi. Come dicevo sopra la solforosa sembra essere l'ultimo additivo quasi ineliminabile. D'altro canto il vino, anche senza solforosa aggiunta, sembra avere il potenziale per essere buono e non deperire. Ma è chiaro che si tratta di un equilibrio molto delicato.
      La complessità e la ricchezza che può esprimere l'uva fermentata laddove venga lasciata libera di esprimersi e non guidata troppo sembra ancora difficile da raggiungere attraverso procedure di controllo dei processi e dei fenomeni biologici. Questo secondo me uno dei grandi quid del vino.
      Ma d'altro canto è fondamentale la conoscenza dei fenomeni.
      E in realtà penso che le due cose non siano in contrasto.
      Comunque dal tono e dalla competenza che traspaiono dal tuo intervento, non posso che auspicare che tu passi più spesso da queste parti ad arricchire la discussione.
      A presto.

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    2. Niccolò, da frequentatore del bar, conosco il tuo pensiero e so dove vuoi arrivare. Bene. Però mi spaventano altre derive come "liberi dalla solforosa, liberi di metterci qualsiasi altra cosa" (come consente la legge). I solfiti sono soltanto una delle cento sostanze chimiche che posso essere aggiunte al mosto. Il tuo è un discorso tecnico-filosofico apprezzabilissimo, altri non vedono l'ora di farne il loro cavallo di battaglia per puro scopo di lucro. Ma l'ho già scritto, quindi mi scuso. Stop ;-)

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  6. Be', rinunciare a certe certezze in realtà credo sia un modo intelligente per giungere ad una conclusione attraverso un approccio empirico, che comunque fa parte del metodo scientifico, ovvero, se una cosa qualcuno non l'ha dimostrata con gli strumenti di laboratorio, l'annotazione dei risultati pratici nel tempo porta a conclusioni indiziarie che sono ben diverse da quelle "con prove", ma che sono sicuramente utili ad un processo di miglioramento. Per cui se partiamo dalle tue annotazioni organolettiche dobbiamo chiederci una cosa fondamentale: perchè il difetto si presenta con tempi così diversi dalla stappatura??? Evidentemente c'è un chimismo con l'aria che è fondamentale, e porta alla creazione della molecola/e "difettosa/e" con una cinetica di accumulo fino al raggiungimento della soglia di percezione. Ammettendo che le molecole che reagendo portano a quella "difettosa", siano comunque presenti nel vino, allora la SO2 come antiossidante potrebbe sopra un certo valore di soglia impedirne di fatto la formazione. Sinceramente di molecole con questa potenziale cinetica non ne conosco. Se invece si considera l'aria come uno strumento di veicolo di molecole come le amine biogene citate, allora il discorso cambia, la SO2 mi serve per impedire che queste si formino, alla stregua dell'igiene in cantina, un valore soglia del pH dei mosti, etc etc.
    Per la mia esperienza nella consulenza di produttori per autoconsumo (il 90% dei campioni che analizzo hanno solforose sotto i 20 mg/l dopo la fermentazione, questo comunque non significa che non ne sia stata aggiunta in pigiatura, perchè la fermentazione senza controllo di temperatura la "consuma" praticamente tutta) sarei più propenso per questa seconda ipotesi, per cui mi verrebbe da dire manteniamo un valore di sicurezza della SO2 in pigiatura, a meno che la cantina non abbia già "consolidato" negli anni (meglio sarebbero decenni) una microflora "stabile", stiamo comunque parlando di assumersi dei rischi alti.
    Ciao

    Mirco

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    1. Grazie Mirco per il commento articolato. In effetti sembra un bel rebus. Quindi secondo te potrei riscontrare il problema anche su vini solfitati, ma dove la solfitazione è avvenuta solo in fasi finali della vinificazione?

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  7. Se per fasi finali della vinificazione intendi l'imbottigliamento, secondo me sì!

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