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lunedì 19 novembre 2012

Tarra d’Orasi, vin de france, Clos Canarelli, Figari, Corse

foto N.Desenzani
l’altra sera con uomini di grande passione e umiltà
ho assaggiato un vino
ricco ma
di rara eleganza
che si è concesso con parsimonia
nell’arco del tempo
anche se gliene abbiamo concesso troppo poco
mutava ogni minuto
fissa restava una levità di rosmarino e di timo
come quando si cammina fra le sterpaglie e le si calpesta o urta
o un refolo d’aria le scuote appena
e si spande un profumo delicato
appena intelleggibile
che rimane impresso per ore
dalle terre aspre da cui nasce ha distillato e rarefatto gli eccessi
senza ostentazione
senza volgarità
lasciando come in un dagherrotipo una sfumata ma decisa sensazione di macchia, frutta, sale, roccia


Poscritto
Mi piacerebbe sostenere (ma non posso, non ho dati scientifici per avvalorare la mia tesi e, forse, non me ne frega niente di avvalorare alcunchè) che essendo vino di piante prefillosseriche, la loro integrità fisica e la loro variabilità genetica e loro veneranda vecchiezza sono la spiegazione della incredibile capacità di questo vino di fare luogo.
imho direbbero gli amanti degli acronimi e degli anglismi.

9 commenti:

  1. Penso anch'io che una vigna siffatta abbia più chances di esprimere un luogo, soprattutto se non è stata costretta a produrre troppo o a subire trattamenti fitoiatrici pesanti. Detto questo mi viene da pensare, perché mai uno dovrebbe aspettarsi aromi di timo e rosmarino da un vino della costa ? non metto in dubbio che il Tarra d'Orasi ce li abbia tutti, ovviamente...ma perchè si usa un linguaggio "mediterraneo" quando si parla di un vino "mediterraneo" . Perché i bianchi della costa sono quasi tutti invariabilmente "salmastri" soprattutto se vinificati sulle bucce ? Anche i vini bianchi di Franco Terpin - vinificati sulle bucce - sono salmastri, ma non sono proprio vicino al mare. Insomma non sarà che il cervello - ricevuta l'informazione sulla provenienza del vino - stabilisca già che linguaggio usare ? soprattutto nel caso in cui il cervello in questione sia quello di un degustatore esperto ? Certo, poi quello che conta è ciò che si sente nel bicchiere, e se questo sia il frutto di uno scherzo del cervello, poco ne cale. Ma la domanda continua a rimbalzarmi nella scatola cranica; non mi aspetto risposte, ma altre domande. A bientot.

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    1. Ciao Fabio,
      Anch'io non penso che il salmastro del mare penetri nelle uve costiere, anche se sicuramente il tasso di salinita dei terreni costieri sara piu elevata. Poi che questa riesca ad arrivare sino all'acino é tutto da provare.
      Comunque il Tarra d'Orasi non é propriamente salmastro ma ha una mineralita delicatamente sapida, come molti bianchi anche non costieri.

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    2. Il tuo commento Fabio è per me un invito a nozze. Non v'è dubbio che entri prepotente la fascinazione dei luoghi, se uno c'è stato, in un vino come questo. Che entri il fatto che è un vino molto costoso. Che Canarelli sia uno dei baluardi dell'avanguardia enologica corsa. Che il fascino prefilosserico ammali chi è già preso dal fuoco sacro del vino. Che se penso alla Corsica, penso subito a mare, montagna, macchia (anzi maquis) e roccia. Non ultimo un nome, Tarra d'Orasi, che pare venire da una lingua antica e inclassificata, e un'etichetta che è insieme rustica ed elegante. Non stento a credere che ci sia tutto ciò e molto altro nell'assaggio di questo vino.
      Eppur quel liquido è stato nei bicchieri per tutta una serata e lentamente ha continuato a mostrarsi sempre appena diverso e uno dei commensali, a un certo punto, ha detto: "c'è un'anima selvatica in questo vino".
      A a saluta!

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  2. beh caro luis.... tutto da provare "un par de ciufoli" (termine tecnico caro agli amici dell'AIS). le particelle "leggere" di cloruro di sodio che s'alzano dal mare, soprattutto nelle zone costiere sottoposte a forte escursione termica e ventosità fresca, sono tante, fitte e solide. Viaggiano fino a 600 metri di distanza quasi senza perdere peso e diametro, e si appoggiano (sul terreno, sui piccioli, sulle infiorescenze, sui rachidi, sul grappolo, sugli infissi, sui finestrini delle auto, ... ) e si sciolgono, facendo del bene e (vedi infissi e finestrini) del male :))
    la suggestione degustativa esiste, ma che si debba dimostrare che il sale si ritrovi, trasformato ma neanche troppo, nelle uve costiere, mi pare quantomeno esagerato. Poi bisogna capire quelle uve come vengono lavorate in vigna ed in cantina, ma quello è un altro capitolo, anzi libro. Se c'è il mare .. c'è il mare, suvvia.
    Fabio parlava di Terpin: ad esempio non trovo i suoi vini salati ne tantomeno salmastri, li trovo carichi di estratto saporito, sapido, di concentrazione, di (non mi piace ma ci sta per spiegare meglio il pensiero) minerale, bianco e gessoso. Per me il salmastro è altro, è un Nasco secco del Sulcis, è un Catarratto marsalese (pensa a quello di Nino ad esempio), è un Vermentino corso, come Tarra d'Orasi, anche se meno spinto.
    ecco. ;)

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    1. Carissimo Fabio,
      bell'intervento,
      io pensavo, dimenticandomi della "salatura" superficiale, alla capacità, questa sì tutta da verificare, di assorbire attraverso l'apparato radicale i sali di cloruro di sodio contenuti nei terreni prossimi al mare.
      Che succeda o meno, poco importa, la cosa fondamentale è che i terreni siano dotati di una grande presenza quali-quantitativa di microbi che hanno la possibilità di chelare i minerali e renderli disponibili alla pianta.
      Solo terreni vitali e vigne vecchie possono rendere grazie alla nostra passione.

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  3. Caro Luigi,
    Mi hai dato voglia di bere. Di bere e di mischiare la tua poesia. lasciarla prende vita (o vite).
    Non posso bere, ahime (essendo al lavoro).
    La miscela rimane:

    un refolo d’aria le scuote appena
    si è concesso con parsimonia
    appena intellegibile ma ricco
    ma di grande passione e umiltà
    una sfumata sensazione di macchia
    nell’arco del tempo senza volgarità
    roccia che rimane impressa per ore
    lasciando come in un dagherrotipo
    rarefatto gli eccessi della sera

    Grazie.
    N.

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    1. Bello!
      Sono felice ti sia piaciuto il post e il tuo intervento mi è di immenso conforto.
      Luigi

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  4. Grazie Fabio_Duff per il tuo commento, ma ancora non mi convince. E' troppo complicato il processo che porta alla formazione degli aromi nel vino...il fatto che un acino sappia di mirtillo non porta a un vino che sa di mirtillo; e il cervello è troppo complicato per non subire la suggestione dei luoghi, dell'esperienze passate, delle persone che mi circondano, dei libri e dei giornali che ho letto. Mi hai invece convinto sul fatto che i bianchi di Franco Terpin non sono salmastri come lo può essere un Nasco o un Catarratto, tuttavia credo ancora che la vinificazione dei bianchi sulle bucce sia il primo portatore di salmastro - anche se non certamente l'unico, a qualunque latitudine....per questo non la amo molto. Niccolò la tua risposta mi mostra che non sono l'unico a farsi ammaliare da ciò che sta fuori dal bicchiere, e questo mi soddisfa molto perché il piacere del vino è fatto anche di tutte le suggestioni che il vino sa portare. E non ho dubbi che il Tarra d'Orasi abbia continuato a parlare di se e di ciò da cui è nato per tutto il tempo della vostra degustazione. Per cui lo assaggerò.

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    1. Prego Fabio, ma la mia intenzione non è mai stata quella di convincerti.

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