Pagine

lunedì 3 settembre 2012

La critica enologica tra valutazione tecnica e giudizio di merito, di N. Desenzani

Nei commenti al post “Mulini a vento”, è emerso che per qualcuno è molto chiara la separazione fra giudizio tecnico di un vino e giudizio critico. Aldilà che in questa visione forse sarebbe più corretto usare il termine “valutazione” tecnica, credo che si intendesse sottolineare la differenza fra un’analisi delle proprietà di un vino in rapporto a un sistema di valutazione convenzionale da una parte, e un giudizio altamente soggettivo, in linguaggio anche non tecnico, con riferimento all’esperienza e alle emozioni, dall’altra.
Forse ingenuamente non ho mai colto così nettamente questa separazione. Infatti i sistemi di valutazione convenzionali tentano dichiaratamente di rispondere alla domanda se il vino sia buono e quanto, mentre un giudizio critico, per quanto soggettivo, acquisisce autorevolezza nel momento in cui sia ben argomentato e i ragionamenti e le osservazioni siano di una certa profondità e non di rado difficilmente contestabili, se non proprio dati di fatto.
  
Comunque visto che esiste questa visione dicotomica, ho deciso di cercare un po’ di definizioni. Perché spesso le cose che si danno per assodate, in realtà assodate non sono e ciascuno dà significati diversi dagli altri.
A un certo punto mi si è accesa una lampadina e ho capito come la penso e vi propongo quello che secondo me è un criterio per distinguere valutazione tecnica e, diciamo, giudizio di merito.
Soprattutto mi premeva rendere onore a chi del vino fa un oggetto di studio serio e approfondito e non a chi applica un “canovaccio tecnico” ripetutamente (potremmo dire acriticamente).

La valutazione tecnica dovrebbe avere come scopo quello di correlare le caratteristiche organolettiche e sensoriali del vino (variabili di fruizione), con le variabili di produzione, includendone quante più possibile.



Vuol dire che la geografia, la geologia, il sistema agricolo, il tipo di coltura, il varietale, la microbiologia, il clima, i processi di vinificazione, il vignaiolo, il periodo storico… tutto ciò che concorre in qualche misura al risultato, è utile a spiegare il liquido potabile nel bicchiere. Ma anche la percettologia, la psicologia, la biofisica e la biochimica dell’apparato sensoriale sono elementi da tenere in considerazione per descriverne l’interazione con il degustante.
Le correlazioni spesso non sono certe e precise, ma piuttosto ogni informazione è da leggere come indizio e le corrispondenze come verosimili e plausibili. E però il tentativo è di rendere le correlazioni sempre più pertinenti e stringenti. Ricco di spunti questo articolo.



In questo modo si dà un senso e si alimenta la ricerca sul vino e la critica ritrova un ruolo protagonista in quanto anello di congiunzione fra l’esperienza sensoriale e la complessità dell’oggetto percepito.  
Soprattutto un’analisi critica di questo tipo può non includere alcun giudizio di valore e purtuttavia essere altamente informativa e interessante.

Chi fa per mestiere critica enologica non dovrebbe preoccuparsi del fatto che i nuovi media diano possibilità di esprimere giudizi sul vino a chiunque*. Il loro mestiere di ricercatori seri li dota di conoscenze approfondite e spesso soltanto con la loro esperienza potranno spiegare come alcune caratteristiche di un vino siano correlate alle caratteristiche di produzione e magari anche attraverso testimonianze di tipo quasi filologico.


Così succede che si possa mappare l’espressione dei nebbiolo del nord Piemonte delle sette denominazioni in provincia di Vercelli e Novara in funzione dei terreni e delle caratteristiche di esposizione fino a distinguere nel bicchiere vigne che distano fra loro pochi metri.  E scoprire dai documenti dell'epoca che una grandinata epocale all'inizio del '900 è probabilmente la principale causa del fatto che “I quarantaduemila ettari vitati dell’Alto Piemonte della fine dell’Ottocento erano diventati meno di 700 ottant’anni dopo” (da una comunicazione personale con Luca De Marchi). 



Questo è un esempio di come io intenda la valutazione tecnica. Informazioni che spieghino un po’ il perché di un vino. Poi ben venga un giudizio che mi spieghi anche perché piace.

Credo altresì che il ruolo principale del critico enologico professionale non possa più essere quello di dare un giudizio di merito ai vini. A dar giudizi siamo in tanti qui sul web e una guida, con ambizioni enciclopediche come quelle a cui siamo abituati, non può più competere in modo autorevole alla definizione di ciò che è buono. Persino Fabio Rizzari, dall’Accademia degli Alterati, lancia il suo grido di fiero dolore sul costo, in termini di impegno fisico e mentale, che deve metter in campo un guidarolo professionale: “Ottanta vini al giorno, sei ore seduti davanti al computer per sei mesi” (che forse va scontato dell’iperbole umoristica, ma il senso è chiaro).
Pensate che ottanta blogger (scontato parimenti) possono fare gli stessi numeri concentrando la propria attenzione su un solo vino alla volta.
Chi ritenete possa esprimere un parere più lucido? 
La prima immagine è tratta da gureckislab.org/blog/?p=165 

8 commenti:

  1. Non vorrei essere nei panni di un "guidarolo professionista"; assaggiare e valutare coerentemente 14000 vini in 6 mesi è impresa impossibile a chiunque. L'unico modo per farsi un idea di un vino è assaggiarlo diverse volte; sia la stessa bottiglia assaggiata alla mattina, a pranzo e a cena per almeno 2 giorni consecutivi, sia diverse bottiglie assaggiate a distanza di qualche settimana l'una dall'altra. E' chiaro che un guidarolo professionista non ha il tempo fisico per fare questo. Detto questo per me i guidaroli sono eroici e danno un contributo importante alla diffusione della cultura del vino.

    RispondiElimina
  2. @Anonimo(!) Le guide non muoiono, cambiano obiettivi. E molti guidaroli ormai limitano il campo e assaggiano come tu scrivi si dovrebbe fare. Comunque non sono più detentori del Gusto, e i migliori, a mio avviso, raccontano il perché dei vini e del Vino ;-)

    RispondiElimina
  3. Io c'ho delle perplessità.
    La tecnica è la base della valutazione critica; mi sembrano due cose distinte. Poi ognuno se le gestisce secondo criteri propri.
    I due aspetti si combinano in misura percentuale differente, nel momento della comunicazione, ovviamente in relazione alla maggiore o minore preparazione tecnica del comunicatore; ma anche in relazione al target a cui s'intende comunicare. Questo secondo elemento mi sembra che non vada sottovalutato.
    Ad esempio per paradosso, una descrizione tecnica accurata e precisa nei minimi particolari, potrebbe non avere appeal sull'utente consumatore medio e quindi si rivelerebbe superflua.
    Cioè credo che un guidarolo professionista sia di fronte a difficoltà oggettive di ordine pratico per un'analisi tecnica meticolosa, come accennava Anonimo; ma del resto tenga anche conto del tipo di lettore a cui si rivolge.

    RispondiElimina
  4. @Rinaldo Certo che uno scrive ciò che gli pare e se comunica il vino per mestiere saprà usare la miglior modalità in funzione degli interlocutori.
    Quello che cerco di fare qui è delimitare due modalità (o momenti) di "analisi" del vino che spesso vengono confuse (i).

    RispondiElimina
  5. Come la intendi tu la valutazione tecnica non può, ma E', a mio parere, altamente interessante, molto di più di un giudizio di merito. Forse perchè nel giudizio di merito è insita quella soggettività che lo rende sempre confutabile, mentre la spiegazione del perchè di un vino gode di maggiori (non totali) certezze, e nel mio caso incurisisce davvero molto.

    RispondiElimina
  6. Servono entrambe le cose però forse nella valutazione tecnica come l'ho intesa in questo post, è insito, direi necessario, il desiderio di conoscere, di ricercare. E in questo senso è più facile trovare una bussola, che indichi correttamente una direzione. Mentre andando dietro al gusto la mia impressione è che non ci sia una bussola stabile. E credere che un sistema di valutazione sia la bussola è fallace. Poi io pratico molto di più il giudizio di merito, ma la mia ricerca sul gusto è figlia della curiosità e della ricerca delle corrispondenze e delle correlazioni che fanno la base della valutazione tecnica. E per formazione personale, anche gli aspetti più legati alla percezione entrano del mio orizzonte di interessi enoici. Ecco forse perchè finisco a scrivere postici!

    RispondiElimina
  7. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  8. Secondo me le classifiche, i punteggi, stelle, chiocciole e bicchieri non attengono al giudizio sulla qualità del vino.
    Credo fermamente che la prima categoria da scartare è quella dei vini con difetto, che non rientrano in nessuna classificazione.
    Poi io cerco in un vino la pulizia ed il frutto, il territorio, riconoscibile e distinguibile in ogni vino ben fatto.
    Tutto quello che viene prima, durante e dopo è strettamente persoanòe e soggettivo e non giudicabile.
    Forse sono stato troppo sintetico...
    Lucanico - the craft wine

    RispondiElimina