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lunedì 17 settembre 2012

Cinsault 2011, La Sorga di Antony Tortul. Di N. Desenzani


Ribaltare il concetto di gusto. Vini che sono fatti di fondo. Torbidi. La consistenza è ricercata. Eppure non sono vini vinosi. Forse grazie a fermentazioni senza so2 essi guadagnano in tempi relativamente brevi una grande profondità di gusto, rotondità. E aiuta certo la sostanza spessa che è come di frutto carnoso fermentato, torbido succo di uva alcoolico.
E poi c'è un descrittore comune a questi vini: la polverosità. Diversa da un tannino essa gioca un ruolo complementare, più sul fronte della consistenza che dell’astringenza. Sono vini con una certa rugosità. Freschi ma al contempo sostanziosi, evoluti ma dissetanti.
Se vogliamo mettere la granita di limone e quella di mandorle a degl'ipotetici antipodi della dissetanza, ecco che questi vini se la giocano nel mezzo allargandosi verso il terzo polo della granita al caffè.
Ma di beva dunque si tratta. Di dissetare con sostanza. E di inebriare. Con gioia e digeribilità.



Fra le bevute memorabili degli ultimi mesi, alla ricerca di questa espressione estrema della beva, trova un posto d’onore il vino di La Sorga di Antony Tortul, uno splendido Cinsault da vigne vecchissime (86 anni), vinificato con uve non diraspate, commercializzato in Francia a poco più di 10 europei, che mi ha letteralmente fulminato per l’eleganza, la forza e la beva trascinante.
Rileggendo le mie note scarne, cerco di riempire gli spazi vuoti, i suggerimenti, che sono proprio l’arricchimento che ho avuto da questo assaggio.

Frutto-fiore rosso compatto su nucleo acido, equilibrato, è l’idea che ti dà subito il vino. Se pensi poi all’aspetto più tattile del sorso ecco che ti arriva un’impressione di polverosità, quasi di rugosità, che probabilmente dà come suggerimento aromatico il tabacco (io sono un ex fumatore di tabacco e so quale sia il piacere tattile che può dare una fumata).
Poi ecco che rifletto e di queste sensazioni viene da immaginarsi la causa: l’estrazione. Chiaro che siamo al sud, chiaro che le vigne son vecchie e il vitigno aromaticamente robusto, ma qui c’è la scelta di non perdere niente.
Si aggiunge la qualità del tannino, che invita alla beva. E forse qui ci sta lo zampino dei raspi.
Ma la ricchezza aromatico-tattile non si ferma e le spezie giocano a punzecchiar la lingua e infine il residuo carbonico suggella, entusiasma.


Ritornando al generale, ecco che l’uva è meridionale e la scelta è di imbottigliare un vino giovanissimo, ma da viti vecchie. Perché la vite vecchia ti può dar profondità al sorso e forse dà un vino già più pronto, più immediato. Possiamo avere freschezza senza perdere profondità. Una scelta che affascina e nel bicchiere funziona.
Il vino vuole essere integrale. Si vuol mettere tutto il possibile nella bottiglia, non perdere niente.
Con queste scelte messe in atto si arriva al miracolo di spessore e leggerezza di spensieratezza e profondità, di franchezza, pur rimandando a numerosi descrittori: le erbe aromatiche, come il timo selvatico, e la frutta, come la gelatina di fragola fino agli agrumi e le spezie, come il pepe.
Per onestà devo dire che mi è capitato abbastanza spesso con questi vini praticamente senza solforosa di notare un deterioramento nel giro delle prime ore/primo giorno che io percepisco al palato come un sapore un po’ selvatico di pelliccia umida (è la miglior traduzione in parole che son riuscito a dare per quel tipo di sentore, in inglese avrei detto funky). Tuttavia non tutte le persone con cui ho potuto confrontarmi percepiscono quel sentore, o magari non lo percepiscono come un difetto/deterioramento.
Io, che professo la soggettività dell’assaggio, ritengo che siano questi effetti indesiderati che un poco di solforosa probabilmente correggerebbe. Ma tale è la forza che trasmettono questi vini che li bevo volentieri così come sono e difficilmente arrivano al giorno dopo. Quindi forse non c’è bisogno che durino di più di qualche ora!






21 commenti:

  1. Residuo di carbonica? D'accordo che in un vino così non si vuol "perdere niente", d'accordo la polverosità, la rugosità... mettici pure quel "deterioramento verso il selvatico" della non copertura con solforosa, ma la carbonica proprio non ce la vedo ad esser decantata in un vino fermo come "pregio" del sorso, come pure ( in altri casi, certo) l'acidità voltatile a mille. Elogio della diversità? Bene, ma non del difetto.

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    1. Grazie dell'intervento. In effetti quando si cominciano ad assaggiare i vini di quella che potremmo definire nouvelle vague naturista francese (anche se non è tanto nouvelle), è più probabile trovare carbonica che non trovarla nei rossi "fermi".
      Non è elogio del difetto, è scoperta di una tipologia di vini.
      Le uniche bussole sono la curiosità, la piacevolezza percepita, un pizzico di fascinazione, estremismi nella ricerca, attenzione al processo, ritorno alla tradizione, abbandono di sistemi di valutazione precostituiti...
      Io sto scoprendo un mondo che mi piace parecchio, più di quello che frequentavo prima con le sue regole ferree, ma del tutto arbitrarie. Godo nel confrontare la mia libertà di degustazione con la libertà di vinificazione. E posso assicurare a chi legge che è un viaggio che vale la pena fare e gli incontri sono emozionanti.
      E poi, non per tornare alla solita litania (leggi "per tornarci, eccome!"), ma il Barbacarlo di Lino Maga, vino rosso della tradizione, non disdegna la carbonica. E il Trebbiano di Valentini 2002? Veramente vogliamo ascrivergli la carbonica come difetto? Siamo sicuri che non siamo troppo rigidi? Lasciamoci andare, e vediamo come si beve. Se si beve bene forse non era un difetto.

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    2. Sono in linea con te Maria Grazia credo che ultimamente si ragioni troppo facendo pregi i difetti del vino.

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    3. @Niccolò in effetti il vino di Maga è decisamente sopravvalutato (soprattutto costa più di quel che vale), ma al di là di questo in quel vino la carbonica e il dolce sono cercati del produttore e quindi voluto tanto da far si che Maga consideri non riusciti i suoi vini che non hanno ne il dolce ne la carbonica. Oltretutto spesso la carbonica (in molti casi svanisce immediatamente) viene ammazzata dal grado alcolico (troppo) elevato del suo vino.

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    4. in questo senso, davi (e Maria Grazia), credo abbia ragione Niccolò. Possiamo senz'altro dire che la carbonica non ti piaccia, oppure che il vino filtrato a cartone non mi soddisfa e possiamo continuare così per mille esempi. Ma parlare di difetto fa parte di un approccio convenzionale che a me non è mai piaciuto, forse perchè abituato da sempre a bere vini poco tecnologici e quindi ricchi di co2. Altro paio di maniche, dove la convenzione serve eccome, è parlare di difetto/malattia del vino, cioè di vino difettato causa malattia o errore determinante in fase di vinificazione. Cioè per me la T.C.A. è una malattia, che causa un difetto. La carbonica che rimane nel vetro, causa mancanza di sbattimenti e filtrazioni o travasi esasperati, è natura, mica difetto.
      Nic parlava di Maga: bè, proprio lui raccontava come, nonostante i 7 travasi del 2009, il vino abbia una carica carbonica importante ... "che devo fare, è vino". ;))

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    5. Mi trovo d'accordo con Fabio. A parte certe cose sono difetto (malattia) a prescindere, quasi sempre a mio parere la distinzione tra cosa è o non è difetto è troppo soggettiva figlia del gusto di ciascuno di noi. Non credo quindi che si esaltino i difetti, ma penso più che altro che qui vengono esaltate le caratteristiche di un vino, originali, che si staccano da una omologazione spesso presente in troppi prodotti.
      @Robji_M In merito ai vini di Maga (che a me piacciono parecchio) credo che il grado alcolico oggettivamente elevato, si sposi alla perfezione con le altre componenti del vino, tant'è che non lo avverti pesante nè bruciante al sorso IMHO

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    6. @Andrea io il grado alcolico l'ho sentito eccome e non solo a naso oltre a sentire poi il vino sullo stomaco proprio perché troppo "spesso" IMHO

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    8. Purtroppo caro Fabio non la penso così. Non dico che un vino con residui di co2 non debba piacere ma (a mio parere ) qualcosa non è andata per il verso giusto. Poi se un produttore ricerca quello è magari lo dichiara anche...
      Sarò troppo tecnologico e contro corrente (ora) ma preferisco altri vini che nonostante subiscano attenzioni enologiche non sono omologati. Sia chiaro la curiosità per gli altri è sempre alta.

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    9. Davide, sarei curioso di sentire di vini che ti abbiano emozionato. Ci dai qualche nome? Se no così sembra sempre e solo polemica sterile. Anche sul tuo blog è difficile reperire vini del cuore!

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    10. Probabilmente o non sono riuscito a farlo trapelare dai miei post oppure non hai letto bene. Mi fermo qui per non andare avanti con polemiche a senso unico.

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    11. davi, ti prego, nessuna polemica, anzi ... :)) ma il "nodo", il bivio, la svolta, sta tutto in quel tuo "qualcosa non è andata per il verso giusto". In realtà, spesso, è andata come dovrebbe sempre andare per determinate tipologie di vini se si decidesse, perchè è sempre l'uomo che fa il vino, di non intervenire fisicamente con determinate pratiche enologiche (ad esempio sbattimenti e filtrazioni di vario genere). Altre volte invece potresti avere ragionissima: qualcosa, nonostante la volontà di chi quel vino lo ha fatto, non è accaduta e quello che doveva essere un vino pulito, fermo, dritto, si rivela disordinato e scompigliato, magari non gradevole.
      E poi c'è un altro fatto: non penso si debba fare di un difetto un pregio, sarebbe strada tortuosa e difficile, seppur possibile come ci insegna non solo la storia del gusto ma anche dell'arte o dell'architettura, quanto sarei davvero felice se si potesse non discutere di difetto, tutto qua. Appurato che, ad esempio, al produttore quel residuo carbonico sta bene, non verrà ascritto un difetto al vino, ma semplicemente, in caso di soggettiva insoddisfazione (sempre sacra e ci mancherebbe), un personale giudizio negativo. Ti porto l'esempio di un Sauvignon d'Adige fatto molto bene da una bellissima cantina che è St. Michael - Eppan, un loro Cru, il Lahn. Ora, era un 2010, l'alcol letteralmente esplodeva. Posso chiamarlo difetto? A mio parere no, quel vino, seppur pulito, splendido, profumatissimo, ecc ecc, è stato vinificato per sviluppare quel tenore che, al mio gusto, non è piaciuto. Ma come posso dire che è un difetto?

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    12. @davide Mi scuso perché sono stato un po' affrettato nel attribuirti scarso entusiasmo. Ho riletto metodicamente i tuoi post e comincia a farsi strada un'idea più precisa di cosa sia "nelle tue corde", come si suol dire. Mi ha colpito la tua descrizione della Malvasia di La Tosa (http://dmarone31.wordpress.com/2012/02/17/la-tosa-sorriso-di-cielo-cooli-piacentini-doc-malvasia-2009/) che in effetti racconta quello che anche secondo me dicono le migliori Malvasia. Poi c'è tanto altro.
      Tornando ai temi di cui sopra, che mi pare non fossero stati affrontati polemicamente, credo che ad esempio alcuni aromi provenienti dalla botte e tanto ben visti, siano più vicini a dei difetti di quanto possa esserlo un refolo di carbonica, che comunque tende sempre a svanire nel bicchiere dopo breve tempo e un paio di rotazioni.
      Non credo assolutamente che gli studi di enologia siano inutili, ma piuttosto possono essere utilizzati in tanti modi.
      Da enologo non ti pare comunque interessante un vino come questo, proveniente da viti vecchie, vinificato senza diraspatura, senza so2, messo in bottiglia così presto senza alcun intervento (un po' di so2 in imbottigliamento, credo la metta)? Non ti lascia comunque attonito come davanti a un funambolo che corre sul suo filo? Se Tortul o chi per esso volesse camminare tranquillamente, senza pericolo di caduta, potrebbe farlo.
      Ma io godo di questo gesto sublime che è la sfida equilibristica sul vuoto.

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  2. @Robji_M Al di là del sopravvalutato o troppo costoso, che è un altro discorso, i vini di Maga rientrano nella tipologia del territorio cui appartengono. Ma all'interno del territorio, la loro peculiarità è quella di esser figli di una scelta molto poco invasiva sul vino. Non credo che Maga usi delle forzature tecnologiche/chimico/fisiche per ottenere carbonica e residuo dolce nei suoi vini. E' quel che danno le sue uve, in quella cantina, nel momento in cui decide di non filtrare e di non mettere alcuna solforosa in più di quel che serve a mantenere il vino sano (secondo il concetto espresso da @fabio_duff). In questo senso la carbonica e il residuo sono proprio espressione di terroir. E anche il grado alcolico, che non ti piace, è quel che gli dà l'uva, con quel tipo di lavorazione e il clima dell'annata. Per capire l'eccezionalità di quei vini aiuterebbe assaggiarne di vecchi, e allora penso che anche tu resteresti molto sorpreso.

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    1. Il vino è sempre e solo espressione del vignaiolo perché è lui che decide come, dove e qunado vendemmiare, come, dove e quando vinificare, quando il vino è pronto etc etc.
      Anche Maga, che tanto viene portato ad esempio, di lavoro in cantina ne fa e scelte ne compie molte. Il fatto che non usi bentonite etc etc NON significa che non interviene sul processo di vinificazione.
      Ci si lascia forviare dall'aura bocolica del personaggio (da rispettare certamente) e si perde di vista molto altro. Non per niente "infinocchiare" deriva dal modo in cui i vignaioli francesi prendevano per il naso i compratori

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    2. Robi chettedevodire? Mi sarò lasciato infinocchiare da tutti. Dài, non siamo degli ingenui, se non quel tanto per fare i bambini nel paese dei balocchi! Lo sappiamo che i produttori non sono degli ingenui caduti dal pianeta del vino. Lo sappiamo quanto fare vino in modo non interventista richieda scelte drastiche e una linea tutt'altro che laissez faire!
      Ma non penso che si possa dire che Maga non sa fare il vino. Quindi venendo al nocciolo, che sia scelta o imprevisto atteso, la carbonica non indica un vino che gode di cattiva salute. E poi ti dico in Francia il residuo carbonico è completamente sdoganato. Vogliamo spiegare ai bevitori d'oltralpe che non hanno capito un belino (come direbbe Filippo Ronco)?

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    3. Nic, di solito chi dice che certi vignaioli il vino non lo fanno ma che si fa da se, siete voi :-) Io ritengo che soprattutto quelli come Maga il vino lo fanno e lo sanno fare per questo non accetto difetti nei loro vini anche visto il prezzo a cui li vendono e per difetti intendo caratteristiche che loro non hanno previsto.

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    4. E' un misunderstanding. Il problema è creare le condizioni per poter intervenire il meno possibile. E questo richiede molto lavoro in vigna. Poi c'è un momento in cui inizia il viaggio da uva a vino e lì la scelta è drastica. Lasciare che viaggi da solo o assistere. Poi dal momento in cui svini, puoi continuare a lasciare che tutto avvenga a questo punto spontaneamente o intervenire...
      Fino alla fine la vinificazione sarà sempre una dinamica nella quale o intervieni o non intervieni. E come intervieni: travasi o altro.
      Non è un concetto filosofico è un atteggiamento molto pratico.
      Marcel Lapierre scherzava dicendo che i suoi erano vini da fannulloni!
      Un produttore che conosco, l'anno scorso ha saputo a settembre che a metà ottobre lo avrebbero operato all'anca. Ha vendemmiato in modo da arrivare a svinare e mettere in botte il giorno prima di partire per l'ospedale.
      E' tornato dopo un mese e mezzo di riabilitazione e ha fatto il primo travaso.
      La tua definizione di difetto come tutto ciò che esce dal volere e dalle previsioni del vignaiolo francamente mi pare insostenibile. A meno di non tornare a parlare di vini industriali e deterministici.

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    5. Questa storia che esistono vini non deterministici è davvero (IMHO) una fesseria. Tutto è opera e decisione del vignaiolo e un vino non esiste se non intervieni. Fare, intervenire, decidere non sono sinonimo di utilizzare un prodotto sintetico. Inoltre un vino filtrato (al quale mediamente vien tolta al massimo il 15% della "materia") non è meno naturale di uno filtrato; ne è meno naturale se la fermentazione parte utilizzando lieviti non indigeni.
      Io trovo che molto di questo atteggiamento verso certi vini è ne più ne meno quello che c'era nei confronti dei barricati anni fa...
      non si abbattono preconcetti sostituendoli con altri preconcetti

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    6. Ok Robi, allora il Pan Bauletto è naturale tanto quanto il pane che fa Eugenio Pol a Fobello!
      Ma più che altro mi pare giusto metterli sullo stesso piano, senza preconcetti!
      Bye

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    7. E da dove lo hai estrapolato? Io scrivo cose ben diverse.

      Ti invidio. Deve essere davvero bello avere la verità in tasca.

      " Ci sedemmo dalla parte del torto visto che tutti gli altri posti erano occupati." B. Brecht

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