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lunedì 4 giugno 2012

south of nowhere








Torino.
Metti una sera nella sede di una blasonata associazione enoica, una degustazione, un relatore, un’affermazione perentoria che mi ha lasciato senza fiato.Tema della serata gli (la) Champagne raccontata ad un uditorio di neofiti.
Banalità assortite e alcune imprecisioni sciorinate con molta non chalance, sino al momento in cui compare una cartina dell’Europa con le temperature medie.


Il relatore a quel punto dice con grande prosopopea che secondo gli estensori della cartina e lui medesimo il vino nei territori in giallo (tutto il Portogallo, Spagna, il sud della Francia, l’Italia del centro sud) non sono veri Vini, perché, a suo dire, solo il freddo e la conseguente maggior difficoltà di maturazione influenza in maniera  decisiva la composizione chimico-qualitativa dei mosti.
Così al volo, con il cervello in stand by e con un rigurgito campanilista, si potrebbe essere tentati di dargli ragione.


Però ripensando che il parallelo freddo e vite è una semplificazione che rasenta l’idiozia, è montato in me un profondo risentimento e fastidio nei confronti di chi per statuto dovrebbe promuovere la conoscenza, il consumo del vino e delle pratiche agricole ad esso legate lavorando sulla formazione di nuovi appassionati e professionisti.
Ignorare che nell’equazione pedologia-altimetria-esposizione-vitigno-uomo-clima le variabili sono tantissime e banalizzare con clima-vitigno è un comportamento altezzoso e criminale.
Sentire sempre il mesto rintocco delle proprie campane di paese e guardarsi l’ombelico come fosse il centro del creato, poi, è segno di un pensiero meschino, chiuso e reazionario.


Il relatore avrà voluto arringare le folle impreparate con facili battute ad effetto però l’amaro in bocca mi è rimasto.
Il mio pensiero è andato alla cristallina espressione di certi Verdicchio, al Vermentino Toscano, Ligure e Sardo, al Fiano d’Avellino, al Greco di Tufo, all’Aglianico, al Cirò, ai Nerelli Etnei e di Faro, ai Cannonau e la lista potrebbe continuare molto più lunga.
Ignorare l’adattamento delle cultivar autoctone al calore, alla luce, all’aridità combinata con altimetrie, esposizioni e l’influenza di climi molto variabili nel nostro paese lo trovo prossimo al delirio e molto poco pedagogico.


Per risciacquarmi la bocca dall’amaro ho preso dalla cantina un vino della Sicilia insulare, vigneti di Malvasia delle Lipari, Rucignola, Minnilottina su basalti vulcanici sferzati dai venti salmastri e asfissiati dal volano termico del mare.
Léne 2009 Igt Salina Bianco di Salvatore d’Amico.
Bevuto come contrappasso alle sciocchezze poco prima sentite e che come lama mi erano penetrate in profondità.
Alcool 12,5% Vol (così per sfatare i miti dei vinoni alcoolici).
Colore vivace e tutt’altro che decadente.
Con profumi sulfurei e affumicati e minerali.
Vino marino e orizzontale con puntate saline e lieve rasposità.
Non cercate il varietale.
Cercate la terra, il mare, l’uomo.
Figlio del salmastro.
In bocca è snello con amandorlato.
Vino esile ed elegante.
Glu glu è andato giù
Per ricordare che ci sono molti vini  “a sud di nessun nord” (cit Jacopo Cossater)


Luigi


Da bere ascoltando:


Vinicio Capossela “le Sirene” dall’album “Marinai Profeti e Balene”

8 commenti:

  1. hai pienamente ragione Luigi. Questa della vite che dà i migliori risultati nelle zone climatiche limite è la teoria di chi vuole promuovere quelle zone. Contiene un elemento di verità legato al clima della fase di maturazione, ma detta così è una banalità. Ho trattato questo argomento anni fa in questo articolo su Slow Food.
    http://www.gily.it/articoli/vinicaldivinifreddi.htm

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    1. Maurizio è illuminante nel tuo articolo il paragone climatico fra Valtellina e Salento, consiglio a tutti di leggerlo, non solo tu tocchi anche un aspetto che io ho tralasciato ed è la forma di allevamento (pergola, alberello etc) che è un altra variabile importante della viticoltura.

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  2. bravo luis, bravo. la diffusione delle sciocchezze, il non sapere che diviene certezza didattica, il continuare a sbagliare nel consenso generale e diffuso, l'opinione che si manifesta come regola: questo è quello che abbiamo, questo è quello che ci rimane.

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  3. E' vero, è proprio triste quando chi dovrebbe divulgare il sapere lo storpia e preclude ai neofiti la vera verità. Anocr peggio poi quando queste cose vengono fatte appositamente

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  4. Come spesso accade nei ragionamenti di tipo razzistico si creano artificiosamente dei gruppi contrapposti. Ma poi si scopre che la variabilità all'interno dei gruppi supera di gran lunga le differenze medie fra i due gruppi. In questo caso addirittura non è improbabile trovare vigne nordiche meglio esposte in assoluto di vigne meridionali (vedi l'articolo sopracit. di Maurizio Gily).
    E mentre a sud di nessun nord si ricorrerà ad accorgimenti tecnici per evitare di subire gli effetti nocivi del caldo, a partire dal tipo di allevamento, così a nord di nessun sud ci si attrezzerà per ricercare la radiazione e il calore. E mi vengono in mente le colonne di pietra nei vigneti di Carema che come Soldati raccontava non erano mero sostegno agli eroici allevamenti, ma avevano la funzione di immagazzinare il calore diurno per poi rilasciarlo nelle notti glaciali...

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    1. ottimo spunto la citazione di Soldati sulle vigne di Carema, thanks

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  5. E' capitato anche a me Luigi, dal basso della mia ignoranza in materia, di sentire un ipotetico "docente" sparare talmente tante cazzate da farmi sentire un pozzo di scienza.
    L'amico Fabio ne è testimone, potrebbe un domani scriverne un libro, con gli appunti che prese.

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  6. Ovviamente sono d'accordo con te Luigi e grazie Maurizio per il tuo articolo dovrebbero leggerlo e memorizzarlo chi parla di vino dimenticando di spiegare il territorio. I 'Professori' avrebbero bisogno di più blind Tasting è li che si capisce cosa significa territorio e clima fondamentali per 'scoprire' cosa si sta bevendo!
    Grazie
    F

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