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mercoledì 7 dicembre 2011

_anidride solforosa SO2 biossido di zolfo_

Chi è l’amico della solforosa?

Non mi importa che faccia o no male.
Gli effetti che ha sul mio corpo li scopriranno molto dopo la mia dipartita.
Mi chiedo solo perché la si usi, da quanto e con quali risultati organolettici?
In realtà se lo è chiesto molto prima di me Michel Le Gris ed è dal suo libro che ho rubato a mano bassa questi pensierini che ho il piacere di sottoporvi.
Da quando si usa?
Con certezza dal settecento o giù di lì e si usavano micce di zolfo con cui si fumigavano le botti prima dei travasi.
Non si aggiungeva direttamente nel mosto o nel vino.
Si è cominciato ad aggiungere acido solforoso ai mosti ai primi del novecento.
Subito i vignaioli cominciarono ad accusare problemi nel far partire la malolattica.
Nei vini rossi penserete.
No! Nei bianchi,  Alsaziani per giunta.
Quelli che ora sono vinificati con generosi zuccheri residui e profumi fruttati, senza malolattica, imbottiti di solforosa.
Quindi prima dell’uso dell’acido solforoso i bianchi Alsaziani venivano stabilizzati con la malolattica e il frutto era preservato facendo affinamenti corti in botti grandi e poi subito bottiglia.
E comunque si aprivano Riesling del 1843 in ottime condizioni.
Ops.
Allora spiegatemi e convincetemi perché oggi, per bere un bianco devo anche ingurgitare 100/120 mg/l di solforosa.
E’ una tassa sulla modernità sensoriale?
Siamo sicuri che i bianchi debbano essere fruttati e floreali e freschi.
Oppure, visto che sono tutti così, non abbiamo possibilità di scelta?
Antisettica e antiossidante l’anidride solforosa ha modificato il profilo organolettico dei vini negli ultimi ottanta anni.
Eppure anche prima si facevano grandi vini.
Siamo figli della solforosa e dell’errore concettuale che sottende all’intervento sanitario preventivo.
Il suo effetto sui vini è di amplificare certi profumi primari semplificando molto il corredo olfattivo, esclude le ossidazioni, brillanta e vivifica i colori.
L’uso preventivo è stato esteso a molte tappe del processo produttivo.
Ammostatura in primis e qui viene usata per una pratica che io non riesco ad accettare concettualmente.
La sanificazione del mosto che poi deve essere inoculato con i lieviti selezionati per fermentare.
Insomma neutralizzo i microorganismi  già presenti nel mosto per poi metterne altri provenienti da selezione genetica (per maggiore chiarezza, i microrganismi nel mosto all'inizio sono non saccaromices provenienti dalle bucce, i saccaromices, principali responsabili della fermentazione, sono pochissimi numericamente e l'inoculo avviene attraverso le attrezzature e gli ambienti di cantina, quindi i saccaromices sono lieviti di cantina.)
I lieviti selezionati sono resistenti alla solforosa, alcool alto produttori, glicerina alto produttori, composti aromatici alto produttori, acido acetico basso produttori, composti solforati basso produttori etc. tutto tabellato nelle schede tecniche delle ditte produttrici.
Territorio, entità tanto invocata dove sei finita?
(Mi è stato detto più volte da illustri produttori: ”per me i lieviti non sono territorio, perché sono in  cantina e non in campo!” Si vede che hanno i vigneti a Treviso e le cantine in Svezia).
Svinatura.
Travasi.
Imbottigliamento.
Nei vini bianchi inibisce la malolattica e sbianca il colore.
Nei rossi favorisce l’estrazione dei coloranti dalle bucce, però magari, poi non parte la malolattica e allora bisogna inoculare i vini con i batteri lattici selezionati (e questi sono carogne inaffidabili, perché la solforosa proprio non la sopportano, neanche i ceppi selezionati).

Non farà male, non sono certo io a dirlo, non ne ho titolo, però:
E proprio questo ciò che vogliamo?
Un vino costruito pezzo a pezzo come un prodotto industriale secondo i gusti del marketing?


Libro consigliatomi da Lucia Galasso alla quale devo anche molti spunti di riflessione e furtarelli intellettuali.
M.Le Gris, “Dioniso crocifisso. Saggio sul vino nell’era della sua produzione industriale”, DeriveApprodi, Roma, 2010

22 commenti:

  1. ho comprato il libro al Leoncavallo durante La Terra Trema, ancora non ho finito di leggerlo. Al di la degli aspetti tecnici quello che più mi sta interessando sono le riflessioni sulla manipolazione del gusto e quanto possano incidere sulla nostra capacità critica

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  2. certo quello sarà sul prossimo post, comunque anche la solforosa ha imposto un modello di vini che adesso è egemone e non lascia spazio ad altri tipi che sono additati come "sbagliati" o al più naif.

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  3. Grazie della citazione Luigi, ho dei dubbi e inviterò qualcuno a discutere qui un pò da te... al bar :)

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  4. Secondo me sbagli a buttare la croce addosso alla solforosa. E' opinione ormai comune che si puo' vinificare usandono quantita' basse, e anche molti produttori di vini "naturali" sono venuti a patti con essa, ammettendone l'uso in alcuni momenti (specialmente all'imbottigliamento).

    Si puo' vinificare in assenza completa di essa, ma il vino sara sicuramente meno longevo, a meno che uno non voglia sostenere che si debba passare dallo stile "tutto fruttato e floreale" allo stile "tutto ossidato".

    Gli effetti sulla salute sono noti, e il vino e' solo uno dei tanti alimenti che contiene solforosa: puo' dare reazioni allergiche in alcune persone sensibili (mediamente 1% della popolazione). Nei limiti di legge, o ampiamente al di sotto come in molti dei vini che ci piace bere, gli effetti sono trascurabili.

    Questo te lo dice uno che sta lavorando in vinificazione senza solforosa, fino a malolattica finita, per la maggior parte delle uve. Io sostengo che l'abuso di solforosa, causato da una cultura della prevenzione e di processo industriale, piu' che alla salute faccia male al vino. Vini dove la solforosa e' usata a calendario, indiscriminatamente, pur rimanendo nei limiti di legge, tendono ad essere meno espressivi, piu' duri. Questo e' il motivo per il quale stiamo usandone meno possibile e solo quando serve a seguito di assaggi delle varie vasche.
    Gli effetti della solforosa, da un punto di vista antiossidante, variano grandemente al variare del pH. pH piu' bassi, ovvero vini piu' acidi, moltiplicano l'effetto della SO2, consentendone un uso inferiore, mentre l'opposto avviene in vini dal pH piu' alto. Il suo uso e' quindi anche in funzione del terroir e del clima dove le uve vengono coltivate, per cui mentre in zone fredde, es Alsazia, si puo' usare meno, in altre zone, es. Mediterraneo, si deve usare di piu' per avere lo stesso effetto.

    Lieviti selezionati vs lieviti indigeni. Il saccharomices cerevisiae e' piu' resistente alla solforosa e all'alcol, indipendentemente che sia selezionato o meno, mentre gli altri lieviti (apiculati, ellittici, ecc., sono tanti) no e quindi ad un certo punto subentra in azione il S. cerevisiae, indipendentemente dal fatto che sia selezionato o meno, perche' si e' creato una nicchia ecologica dove prosperare. Ora, se si isolano i grappoli d'uva in campo, e si insacchettano e si fanno fermentare, si vede che il S. cerevisiae e' completamente assente, non si trova sulle bucce in campo. Si puo' dire che il S. Cerevisiae si sia evoluto all'interno dei posti dove si fa il vino, piuttosto che in campagna. Il problema con gli inoculi commerciali e' che, finora, si trattava solo di S. cerevisiae che portava a fondo la fermentazione, fin dall'inzio. In questo modo secondo me si perde la potenziale complessita (ma anche i potenziali problemi) che gli altri lieviti apportano. Per questo motivo noi non usiamo i selezionati. Resta da vedere pero' quale sia la situazione in cantina a pochi giorni dall'inizio delle fermentazioni, dove io sospetto che la popolazione di lieviti si selezioni piu' verso il S. cerevisiae escludendo quelli che erano presenti all'inizio.
    Insomma, bisognerebbe fare piu' studi, e se permetti, meno filosofia, per capire questi fenomeni. Possibilmente con animo laico, senza battaglie frontali contro molecole o microrganismi buoni contro quelli cattivi. Sfuggiamo da una visione disneyiana della natura.

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  5. Bel commento Giampaolo, anche io sapevo quello che scrivi tu del Cerevisiae (è attestata tra l'altro la sua coevoluzione con la cultura umana). Specialmente in epoca antica (Neolitico) sapevo che la sua sola presenza sugli acini bastava a dare inzio alla fermentazione (l'uva era infatti usata come inoculo per la creazione di altre bevande fermentate, grog e birra). Oggi si usano solo 8 ceppi di lievito per vinificare, 2 per la panificazione, risultato di una standardizzazione di un prodotto. Quindi penso che molto abbiamo perso a causa dei cambiamenti a cui è andato incontro il nostro pianeta con la sempre crescente antropizzazione (inquinamento, cambiamento climatico ecc. ecc.) e poi per la selezione anche genetica dei lieviti, situazione che non ci permette di sapere che cosa abbiamo perduto in termini di diversità microbica. In fin dei conti i microbiologi stanno studiando ancora oggi cosa c'è nel vino e nella birra non filtrati a livello di mucroorganismi e batteri.. E' tutto in fase di studio...
    Riguardo la solforosa essa è ammessa in vini pastorizzati come quelli Kosher... un ulteriore aiuto alla loro stabilizzazione??

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  6. Carissimo Gianpaolo,
    ti ringrazio per il tuo intervento e inaspettatamente, credo, ti dico che io la penso come te.
    Dici cose sacrosante e ampiamente condivisibili ma talvolta misconosciute ai più.
    Vini senza solforosa aggiunta ne esistono molti, la tenuta nel tempo è un non problema, molti vini sono consumati entro 18 mesi dall'imbottigliamento, il problema è piuttosto nella filiera distributiva e di vendita che può esporre a stress termici il prodotto, ovviamente meno resisitente dei vini con la solforosa.
    Non sono d'accordo per nulla e lo ribadisco con forza quando dici che bisogna fare meno filosofia.
    La scienza (sempre che non sia mera tecnica) non è buona in sè ma necessita di un processo continuo di verifica delle sue finalità e questo processo è da demandare ai filosofi della scienza e al comune consumatore.
    Inutile che i tecnici continuino a dire che una cosa o un'altra non fà male, se il comune sentire è contrario a certe prassi e non le accetta, anche solo empaticamente, è dovere degli "scienziati" accettare il responso e rivalutare alla luce delle indicazioni del "popolo bue" le loro ricerche.
    Più filosofia e controllo dei fini ultimi della ricerca!

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  7. @Lucia gli studi sui lieviti sono molto avanzati, essendo il lievito un modello biologico e genetico tra i piu' usati nella ricerca scientifica, completamente sequenziato il DNA, ecc.
    A quanto ne so, una delle cose che stanno studiando e' anche quella di riprodurre la complessita naturale di mix di lieviti di diversa natura e comportamento, proprio per ovviare all'appiattimento potenzialmente causato dagli inoculi selezionati attualmente disponibili. Ovviamente limitando i problemi che possono avvenire nelle fermentazioni spontanee. Io credo nella ricerca e credo che ci siano molti ricercatori sensibili alle tematiche che stiamo affrontando e che capiscono benissimo il valore della diversita' dei vini.

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  8. Interessante post di @Luigi e il punto di vista di @Giampaolo: proprio ieri sera ho aperto un vino bianco Igt a base di Chardonnay e Garganega dichiarato " senza solforosa aggiunta". IL produttore dichiara di pressare in ambiente inerte (presumo azoto). Domanda da inesperta: è questa la sola possibilità (o anche la Co2 ) per "coprire il vino" all' inizio, senza nulla aggiungere? E come la si mette con la solforosa "endogena" prodotta da lieviti? Sarà certo in minime quantità. Ma possiamo veramente parlare di vini "Senza solforosa"? Grazie a tutti e due.
    MG

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  9. Illuminante è l'intervista su Porthos 36 a M.Vincenzini e il suo libro Microbiologia dei vini.
    Però io avevo parlato di so2.

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  10. @Luigi. Io sono stato un ricercatore. Chi crede che i ricercatori siano persone avulse dalla realta', solo prese nei confini del campo visivo del loro microscopio, spesso si sbaglia. Si fa ricerca per curuiosita' verso il mondo che ci circonda, e chi ha chiusura mentale non e' un buon ricercatore. Mi fa un po ridere, e un po mi rende triste, quando vedo dipingere i ricercatori come algide figure che provano a giocare a Dio, ecc. Ti assicuro che nella realta', nella stragrande maggioranza dei casi, e' proprio il contrario.
    Quando dico che bisogna fare meno filosofia e piu' ricerca, mi riferisco alla cattiva abitudine di montare argomenti e creare polemiche da notizie riportate spesso di seconda mano, da fonti poco autorevoli, non verificate, mentre invece certe cose potrebbero essere semplicemente studiate, spesso senza neanche grosso sforzo, per poter poi parlare sulla base di fatti.
    Prendiamo tutto il discorso sui lieviti naturali. Si discute molto spesso senza avere nessuna cognizione di causa, ne' su quello che realmente avviene nelle fermentazioni condotte senza inoculo, ne' con quelle condotte con inoculo. Si parte da posizioni precostituite, dove il punto di vantaggio inziale riguarda solo l'uso dell'aggettivo "naturale", dando per scontato che sia il punto piu' importante a prescindere. Questo e' frutto di una visione della vita tanto poetica quanto, come dicevo, disneyana, dove la natura e' sempre buona e l'intervento umano e' sempre sbagliato (ovviamente chiudendo un occhio o due su alcuni dettagli come per es. il fatto che stiamo scrivendo su un computer all'interno di una casa ben riscaldata).
    A me interessa ragionare con i fatti, scegliendo poi come agire sulla base di essi, e certamente, anche di una mia filosofia produttiva. Ma senza scienza, la filosofia della scienza non esiste, o sbaglio?

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  11. @Luigi. Si trova quella intervista su Porthos online?

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  12. @M.Grazia,
    l'anidride solforosa è un naturale metabolita dei cerevisae, quindi modeste quantità di so2 prodotta in fermentazione sono inevitabili credo entro 8/9 mg/l.

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  13. @gianpaolo,
    non ho mai cercato, Vincenzini per altro collabora da anni con Soldera per la ricerca sui lieviti e la comprensione delle dinamiche fermentative.

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  14. @Luigi, appunto. E quindi non è possibile parlare di vino senza solforosa in assoluto, ma soltanto di vino senza solforosa aggiunta. Insomma, non esistono "vini senza solfiti".

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  15. @Luigi @Gianpaolo per carcare di capire mi sono messa in contatto con il Prof. Duccio Cavalieri che da anni studia i lieviti e il loro effetto sulla nostra dieta. L'ho intervistato e lui stesso ha affermato che gli studi sono in corso, il chè è un bene...ma mi sembra che come al solito gli studiosi non si confrontano tra di loro..e questo è un peccato...

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  16. Luigi, dopo aver letto i commenti di Gianpaolo rimane poco da dire se non che sono pienamente d'accordo con lui.
    Vorrei quindi portarti la mia esperienza per buttare ulteriore carne al fuoco.
    Il prosecco si tiene in piedi per errore, vino fragile, basta poco per buttare il lavoro di un anno, non ha tannini nè acidità elevate, per lo charmat non può permettersi di fare malolattica, una piccola deviazione della fermentazione crea piccoli disastri. Per tanti anni mio padre ha provato gli indigeni ed ha sempre trovato poco interessante il risultato, noi ricerchiamo finezza ed eleganza e questo limita di molto l'utilizzo degli indigeni. Idem sulla solforosa, dopo tanti anni siamo riusciti a fare vinificazione senza utilizzarne, e lo facciamo solo perchè quest'anno abbiamo il controllo temperature automatico, serve molta tecnica e tecnologia in queste cose. Come saprai senza l'utilizzo della solforosa la FML parte in tempi brevissimi e noi non possiamo permetterci che accada. prosecco charmat arriva in genere a 120/130 di totale ni siamo arrivati ad 80 e la strada è ancora lunga e tutta in salita.
    Altro discorso per il Colfóndo, li probabilmente non useremo so2 fino alla fine, rimarrà sulle fecce fini, farà la FML e poi la fermentazione in bottiglia.
    Come vedi ogni vino ha la sua storia e a parer mio non dobbiamo generalizzare nè puntare il dito contro chi la pensa diversamente da noi. A parlare deve essere sempre il bicchiere e su questo so che sei d'accordo con me.
    Un ultimo esempio che vorrei portare è quello di un amico che su prosecco ha usato indigeni ritrovandosi con sentori riconducibili all'acido acetico pur non avendo la volatile alta (analiticamente).
    Tu avresti il coraggio di rischiare decine di hl ottenendo questi risultati? Io non mi sento ancora pronto
    Luca

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  17. @M.Grazia,
    non si può parlare di totale asssenza di solfiti, alcuni produttori che non usano solforosa aggiunta dichiarano quantomeno 2/3 mg/l derivanti dai processi fermentativi.
    Per legge la soglia è 9 o 10 mg/l sotto puoi non scrivere la formuletta "solfiti aggiunti"

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  18. @Lucia,
    dell'aspetto nutrizionale dei lieviti saccaromices cerevisia non so nulla ma nei vini dopo la fermentazione non ne rimangono di vivi, ce ne fossero in concomitanza con residui zuccherini sarebbe un problema.

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  19. @Gianpaolo,
    non credo di aver mai dato l'idea di interpretare la natura come un fumetto disneyano.
    La natura ha le sue logiche molto complesse che malgrado i nostri sforzi di comprensione tendono a invalidare i nostri assunti, una sorta di opacità insondabile.
    Quello che sostengo, nella produzione di vini di qualità, è che si debba "essere natura" più che affrontare la complessità con la semplificazione tecnica, sviluppare una empatia prima che ridurci ad applicare dei protocolli.
    Fermo restando l'importanza della scienza e delle sue ricerche come dice Vincenzini: "La conoscenza non può spaventare nessuno. Solo l'ignoranza deve farci paura."

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  20. @Luigi Duccio Cavalieri mi faceva notare che alcuni ceppi di cerevisiae indocono risposte immunotollerogeniche, altri infiammatorie, quindi probabilmente si dovrebbe capire meglio che c'è nella pasta madre e nelle bevande fermentate non filtrate. I microorganismi che introduciamo con il cibo sono importanti per allenare correttamente il nostro sistema immunitario. Visti gli studi come questo http://www.repubblica.it/salute/alimentazione/2010/08/06/news/dieta_burkina_faso-6122594/ mi fanno pensare che un'esposizione a questo ceppo di lieviti tardiva o meno spieghi molte cose su alcuni tipi di intolleranze anche nel vino... ma qui è speculazione pura, eh?

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  21. L'aspetto nutrizionale del Saccaromyces? C'e' qualche dubbio che faccia male? Non e' che ci scordiamo che il pane viene fatto lievitare col Saccharomyces e che viene consumato, insieme alla birra e al vino, da migliaia di anni?
    Luigi, non e' particolarmente diretto a te, ma avrai notato come si tende a dare una concezione positiva a tutto cio' che e' "naturale", salvo dimenticarci che anche la peste bubbonica e' naturale. Un po' meno ideologia e un po' piu' di ragionamento quando si parla di queste cose forse riesce a mantenere un livello di conversazione piu' aperto, piu' permeabile e meno muro contro muro.

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  22. @gianpaolo dalla rivoluzione neolitica... ma prima no, la dieta dei cacciatori-raccoglitori non contemplava i lieviti. Sono teorie che sposano gli studi di Loren Cordain sulla paleodieta...

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