Fiano di Avellino docg 2008, 13,5%vol, Rocca del Principe, az.agr. Fabrizio Aurelia, Lapio (AV).
Ho una fascinazione per i vini bianchi e una attrazione per quelli della provincia di Avellino (senza mai esserci stato peraltro, anzi per dirla con Roger Scruton ho visitato i vigneti avellinesi solamente nel bicchiere).
Ho sempre aprioristicamente dato fiducia a Greco e Fiano, una romantica fiducia riposta nelle indiscusse capacità del meridione d’italia troppe volte trattato come comparsa della commedia dell’arte.
Però solo oggi ad anni dagli acquisti e dopo bottiglie sprecate per la loro immaturità comincio a percepire la potenzialità del territorio.
E del vitigno al quale io avevo sempre dato fiducia senza riserve.
Solo sei mesi fà il Rocca del Principe era un altro vino, tutto frutto-floreale e zucchero filato, intenso, buono e bevibilissimo però…
Adesso dopo due anni di cantina si è indurito come calcestruzzo.
Da bruco è diventato farfalla (e ad aspettare chissà cosa diventerebbe).
Naso minerale di pietra calda e leggere erbe officinali, fruttato di agrumi dal mandarino maturo al comquat amarognolo con sferzate citrine e fiori di zagare e dolcezze di pesche mature.
In bocca sferza con l’acidità e la mineralità di ciottolo bagnato e ci ripropone l’intero campionario di profumi con lunghezza e incisività e piccole morbidezze subito rimescolate dalle durezze.
Meno estremo del Cupo, meno verticale e duro, più leggiadro e floreale con note dolci più radicate nel corpo e non tenute a galleggiare nella soluzione acida.
Alcuni dicono che le morbidezze siano figlie del territorio di Lapio mentre Montefredane rappresenta la Mosella di Avellino.
Infatti questo è un vino alla francese più che tedesco, una francia mediterranea, intenso, minerale ma non troppo puntuto, rotondo, penetrante, lungo e saporito.
Mi dispero vedendo solo più un paio di bottiglie sullo scaffale.
Perché ha una vita ancora davanti.
Un quesito mi attanaglia da quando scrivo di vino e voi con indulgenza mi leggete:
ma chi recensisce i vini per le guide come può giudicare questo Fiano o il Cupo assaggiati a pochi giorni/settimane dall’imbottigliamento?
Soprattutto come si può parlare di mineralità, idrocarburi, sensazioni che vengono allo scoperto in maniera significativa dopo almeno due/tre anni di bottiglia?
Costoro hanno bevuto annate precedenti quindi scrivono per “fiducia” perché sanno che più o meno così evolveranno?
A me non sembra corretto.
Quanto meno un bel rischio.
Bonne degustation
Luigi
Bel post e ottima scelta, Luigi!
RispondiEliminaRocca del Principe è azienda "nuova" nel panorama irpino e ben rappresenta uno degli areali più vocati, quello di Lapio. Avevo proposto il loro fiano a #fianofordummies allo scorso Salone del Gusto e ci fu un riscontro positivo.
Spero di vederti a #ddb Fiano di Avellino a #Terroir Vino. Ti aspettiamo (giusto per continuare insieme il discorso degli anni che devono passare per regalare certe emozioni...)!
a.
Grazie per i complimenti che ti ricambio per la tua vittoria del miglior Wine Blog Squisito 2011.
RispondiEliminaHo avuto subito una fiducia irrazionale nel Fiano di Rocca del Principe e, visto che era irreperibile a Torino, ne ho acquistate direttamente dalla cantina 18 bottiglie, tutte prematuramente scomparse tranne due o tre.
Anche con Sabino Loffredo e con Torricino sono stato costretto all'acquisto diretto vista l'indisponibilità
presso le enoteche locali.
Questo per segnalare l'accanimento con cui mi dedico ai bianchi, di piccoli produttori, avellinesi.
Ora và un po' meglio, Vadiaperti si trova, Ciro Picariello e l'anomalo Don Chisciotte di Guido pure.
Sono più tranquillo di qualche anno fà.
Verrò di sicuro a #ddb a #terroirvino.
Luigi