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martedì 22 aprile 2014

5 motivi per andare alle fiere dei naturali

di Niccolò Desenzani


Credits to AVN


Mi accodo alla tendenza del momento, che è di parlare delle fiere del vino naturale con massima generalità dando giudizi tanto arguti quanto vacui (vado meglio in quest’ultima, ma mi sforzerò di prender la sufficienza nella prima).
Non si è mai registrata una frequenza di fiere ed eventi così alta come in questo autunno/inverno.
E la cosa continua e sconfiniamo in primavera.


1) Dicono che siamo sempre gli stessi, noi e i produttori. Ma è un fatto che nessuna di queste fiere abbia registrato poca affluenza.
L’accesso al vino naturale è
democratico ed esclusivo allo stesso tempo, com’è tipico delle mode.
Cioè fa figo parlare dell’ultimo MC di tizio e del noso2 di caio, esibire un curriculum da veterani, criticare il vino naturale “da dentro” e celebrare i vini buoni e sparare a zero su altri “ché di vini naturali ce ne sono di entrambe le tipologie” incredibile
dictuvisuque.

2) Ma è tutto facile, si prende la macchina, si paga il biglietto e si può anche comprare a un prezzo che non è il Prezzo Sorgente (argh! cazz! è una cosa indegna!), ma non è nemmeno quello degli enotecari di città. E poi rompono i c… a Filippo Ronco per il suo Grassroots Market!
Roba da matti.

3) Comunque sia, anche se il temibile TOPOCOTICA è sempre in agguato, alle fiere del vino naturale si consuma un rapporto fra enostrippati e produttori che è bello, amorevole, pacifico e, credo, di mutua soddisfazione. Si veicolano idee forti, visioni di decrescita felice, di alto artigianato, di recupero di un rapporto colla natura un po’ meno schizoide e si definisce un po’ alla volta il vino naturalartigianalbio… italiano (esisteva anche prima, ma la comunicazione, si sa, è tutto ;-)). 

4) Credo inoltre che queste fiere creino delle
opportunità di scambio di esperienza fra produttori e questo è sempre e comunque un dato positivo.


E a chi pronostica la fine della “moda dei vini naturali” rispondo: è solo l’inizio. Qualità, eticità, accessibilità,
divertimento… continueranno a far girare questo piccolo enomondo.
Che poi tanto piccolo forse non è più.

Stay thirsty, stay natural e occhio al brettanomyces!

Nota. Chi ha letto in anteprima questo post un po' cretino ha sofferto che, denunciando la genericità di altri sullo stesso argomento, io abbia poi adottato lo stesso schema e che passi l'idea che "a parte qualche vino puzzone, e qualche truffaldino, i vini naturali sono buoni e giusti". Difficile non dire banalità, ma non commetterei l'errore di svuotare di senso il termine "vini cosiddetti naturali" o "vini naturali". Si tratta di un fenomeno, ed è qui che spero il post sia centrato, che parte sì dal vino, ma va ben oltre in termini di comunità sociale. Che significa condivisione, apprendimento, confronto, divertimento, emozioni et cetera. Inoltre non commetterei l'errore di sottovalutare questo submondo enoico arguendo dal suo peso percentuale nel mercato, perché io credo che la "leva" sia molto vantaggiosa e quel poco percento influisca non poco nei trend.


4 commenti:

  1. Un bel risveglio dopo i bagordi pasquali e che ne interpreta alla perfezione il senso di rinascita!

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  2. Le fiere dei vini naturali sono molto più naturali delle altre, perché lo sono i partecipanti di qui e di là dei banchi di degustazione. Ben scritto!

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