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lunedì 9 settembre 2013

Ristorante Biovey a Bardonecchia


Faccio sempre un po’ fatica a parlare di ristoranti, di menù, di entrate, di piatti di resistenza, di dolci.
Anche in questo caso il blocco da “ristorazione” mi irrigidisce le dita, mi svuota come tabula rasa i pensieri e fisso, stordito dal vento secco della montagna, lo schermo del portatile.
Ebbene vi parlerò di memorie del passato che del presente non riesco.
Biovey era un ristorante alla partenza della seggiovia dello Jafferau a Bardonecchia (TO) a due passi dall’imbocco del tunnel del Frejus, un po’ fuori dal centro abitato del paese.
Era in legno, come una Stube, piccolo con una cucina ancor più piccola ma la sala era molto accogliente e Paolo Romano (cuoco) e Iole Goria (in sala) erano anche loro molto ospitali e la sensazione era quella di una locanda aperta verso la finis terrae.
Si cenava ovattati col soffitto ligneo che gravava sulla testa, piccole tendine con ricami occitani alla finestre, si beveva bene (meglio che in tanti ristò torinesi) e si finiva a parlare amabilmente con Paolo e Iole di cucina e materie prime, è stato Paolo a segnalarci il mercato di Briancon e a parlarci di Marie eccelsa produttrice di caprini.
Una persona, Paolo, perennemente alla ricerca, sempre umilmente teso a migliorarsi mai contento dei risultati ottenuti.
Però come chi abita la Finis terrae deve sempre fare i conti con la marginalità e la difficoltà della propria condizione di chi abita il limite.
Infatti dopo alcuni anni arriva la decisione di trasferirsi a Bardonecchia, nel centro, di una periferia ma pur sempre più vicino a qualcosa che assomigli a un cuore pulsante.
Rilevano una pensione la Myosotis, meno affascinante del vecchio Biovey ma che dà qualche chance economica in più.

Alterne vicende (mie) mi hanno allontanato un po’ dal nuovo Biovey sino ad oggi, attirato dagli aperitivi gourmet che hanno organizzato (in realtà era un po’ di anni che li facevano, inizialmente con l’appoggio del Comune in luoghi storici del paese).
La prima cena è stata catartica e ne siamo usciti felici per il ritrovato amico e per le bontà che abbiamo mangiato.
amouse bouche: giardiniera
amouse bouche: sushi di cervo e uovo di quaglia
salmerino e code di scampi
lumache in casseruola
carpaccio di cervo con cavolo rosso


























Con la generosa curiosità di cui Paolo è portatore sano abbiamo anche collaborato a due aperitivi, io mescevo i vini e lui deliziava con ostriche, lumache, pizze e finger food, la gente mangiava, i bambini giocavano nel giardino.

Scene da un film di Scola.
lasagnetta di polenta e baccalà
cannelloni di ricotta e ortiche
Il vento freddo scendeva ruzzolando dalle vette di dolomia delle Tre Sorelle tinte di arancione.
In pace con il mondo rutilante che sembrava lontano anche se una coda del Leviatano cementoso e asfaltico raggiunge questi lariceti e buca le montagne per raggiungere più in fretta, sempre più in fretta Frejus e la Francia.
Abbiamo mangiato praticamente tutti i suoi piatti, alcuni molto buoni, altri un po’ meno (ma cosa sarebbe la luce senza il buio), abbiamo ben bevuto anche se la carta andrebbe rimpolpata con vini che interpretino meglio l’essenza di Biovey: disincato, umiltà, ricerca, silenzio, una leggera rassegnazione (che solo chi abita i confini può provare) e venti gelidi.
































Durante un aperitivo a base di pizza ho poi conosciuto Franco Ugetti, il quale ha collaborato con Paolo in queste occasioni, pasticcere storico di Bardonecchia estroverso, istrionico, ricercatore instancabile e con lui abbiamo parlato di pasta madre, di impasti, di farine di burri e di come abbiano sperimentato, liberi da preconcetti e pressioni, una via montana/piemontese alla pizza.

bagna cauda e peperoni
Carne salada e toma

















Il risultato è stato esaltante, piccole foglie morbide e burrose ricoperte di Bagna Cauda e peperoni, carne salada e toma d’alpeggio hanno allietato le nostre fauci fameliche mentre il Bramafam andava in ombra e ci ricordava i tempi eroici della montagna militarizzata e delle prime scalate degli Inglesi in terra Savoia.
L’ospitalità in terre aspre è sempre un dovere morale.



Luigi

2 commenti:

  1. Bel racconto montanaro: asciutto, aspro ed essenziale.. alla Rigoni Stern quando descrive i boschi, la frugalità del cibo di montagna. ..E fa davvero venire l'acqulina in bocca e la voglia di fare una gita verso Bardonecchia ..

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  2. Non registro nessun "bocco da ristorazione" ma un magnifico e curatissimo reportage, talmente vivido da suscitarmi la voglia di partire.
    Subisco il fascino della stube, ma credo che anche il centro di Bardonecchia regali scorci suggestivi...
    Già segnata la visita ad Ugetti!

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