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sabato 31 marzo 2012

blog social network informazione comunicazione: cultura?



Paul Virilio dice che “Internet è a un tempo la peggiore e la migliore delle cose. Vi può essere il progresso di una comunicazione pressochè senza limiti e il disastro, l’incontro, un giorno o l’altro, dell’iceberg per questo Titanic della navigazione virtuale.” Domande oziose, e un po’ fuori tema rispetto al Blog, da tempo albergano nelle mie sinapsi a riguardo delle potenzialità del web di generare cultura.
Io da sempre mi facevo bello nell’interpretare il flusso delle timeline e dei contenuti dei blog come forma alta, raffinata e brutale di oblio e (dis)informazione per mezzo della iper comunicazione compulsiva.
Una comunicazione così rapida, copiosa, centrifuga, delocalizzata, atemporale che il suo destino ultimo è e sarà la dimenticanza per eccesso di informazioni.
Come uno stream of consciousness da dormiveglia, in cui il risveglio ci coglie ignari delle informazioni che ci sono scivolate sopra (nulla succede, tutto passa).
Siamo addirittura confusi dai fiocchi di senso impigliati a caso nella nostra memoria.
La velocità assurta a modello, a estremo e performante obiettivo.
L’innaturale delocalizzazione e spersonalizzazione delle fonti  provoca la perdita del radicamento, del qui e ora.
Perché in rete non c’è più ne tempo ne luogo.
Il luogo è ovunque (trionfo della atopia), il tempo è un eterno istante (trionfo dell’atemporale) che non diventa mai storia, rimane sempre presente.
Il mondo si è rovesciato come un guanto, il centro è diventato periferia e viceversa.
Connessioni perpetue, visioni con web cam generano un flusso inarrestabile, un giorno innaturale in cui non tramonta mai il sole.
Il voyeurismo è diventata l’anima della comunicazione sul web, ridotta a chiacchiericcio, a sfogo interiore.
Ho poi letto di un altro punto di vista sul web al quale non pensavo, perché esattamente contrario al mio pensiero; ogni bit, ogni nostro intervento, ogni intemperanza, ogni sfogo personale, ogni giudizio pubblicato in rete, a differenza delle liti al bar rimane e le tracce sono recuperabili anche ad anni di distanza e danno uno spaccato della nostra intimità e del nostro carattere che valicano la stretta cerchia della comunità geografica e li proiettano nella sfera del pubblico dominio.
E quindi del pubblico giudizio.
Siamo sicuri di voler rendere tutti partecipi delle nostre patologie comportamentali? A cosa ci porta questa allegra perdita del recondito interiore, gettato in pasto alle masse, che noi non riteniamo tali perché nascoste nella rete atopica e immateriale. Anche noi, come il mondo virtuale che viviamo, abbiamo invertito il centro con la periferia, l’interiorità con l’esteriorità.
Una parziale verifica di questa inversione e dell’uso a scopi intimistico-privati di un mezzo a diffusione globale è la fascinazione del pubblico e il relativo traffico che generano i commenti in rete (sui sn in particolare) su questioni irrilevanti (piccoli torti o soprusi quotidiani di cui ci sentiamo vittime e che riversiamo immediatamente in rete) oppure i post gossip o le provocazioni di blogger perennemente in bilico fra scorrettezza e diffamazione.
L’estrema accessibilità del web e l’afflato democratico che lo pervade, ha portato, con la diffusione dei social network, ad una caduta (se mai c’è stata) della qualità dei contenuti e la sua  libertà ha fatto sì che si possano saccheggiare i contenuti, i pensieri, finanche le conversazioni degli altri senza che lo si percepisca come un comportamento di rapina.
Comunicazione senza limiti in una rete senza limiti, ne geografici, ne temporali, ne sociali ha generato un mondo di individui indistinti, atomizzati, spersonalizzati,  incapaci di relazioni mediate dall’affettività e dal rispetto verso gli altri.
“L’immaturità è la condizione più efficace per definire i nostri contemporanei (…) Uno stato immaturo suscitato e liberato in noi da una cultura divenuta inorganica.” W.Gombrowicz.
Interessante anche questo post di M.Serra.
C’è troppa velocità, troppo spazio, troppo narcisismo, troppo poco tempo per ragionare, quindi, per fare cultura?


13 commenti:

  1. C'è il senso di inadeguatezza ad affrontare la mole di informazioni che sono disponibili ma, almeno a parer mio, in un secondo tempo si sviluppa una capacità di filtrare l'immenso ricavandone un flusso più facilmente gestibile; per dire, è normale, inizialmente imbottire il feed reader di millemila feed, tutti ritenuti importanti e degni di lettura e invece, pian piano ci si accorge che i feed seguiti con effettiva attenzione sono pochi; in twitter, solo per fare un esempio, c'è un sacco di rumore di fondo (riducibile con la creazione delle liste) ma, in tutto questo bailamme, capita, come oggi, di trovare, per caso, un post interessante come questo

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  2. Tema decisivo, non solo per chi gestisce blog o quant'altro, ma per la vita. Perchè se ne voglia o no, il web ne fa parte. Diversamente non saremmo qui a parlarne. Accenno solo a due cose, sperando di proseguire la discussione in altri luoghi e di fronte ad altre cose tangibili e bevibili. La prima riguarda l'identità. Il web non fornisce identità, semmai la richiede per essere fruito e gestito. Amplifica questa presenza/assenza. E perchè non dovrebbe essere altrimenti? per caso la città come luogo si comporta diversamente? e potremmo estendere questo discorso a qualunque luogo/ambiente. La seconda riguarda la cultura. Sento sempre di più il bisogno di sapere cosa significa questa parola quando viene usata. Per me, tu come blogger, insieme ad altri, fai cultura perchè produci e contribuisci allo sviluppo della conoscenza di una certa realtà, al confronto, allo scambio e ad altre cose. E lo fai nel web. Dieci anni fa ve ne stavate a casa vostra e paravate ad un cerchia sicuramente più ristretta. Lo sguardo critico su una realtà é fondamentale (e sai chi te lo sta dicendo), ma credo sempre di più che vi sia bisogno di identità che si pongano il senso del loro essere non solo individuale, ma in relazione con gli altri, dovunque, in qualunque ambiente, web compreso. La sfida é più "spessa", ma la trovo più utile al mondo.

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  3. Luigi, certi post che ti fanno ragionare troppo andrebbero vietati di sabato mattina, almeno su internet. Li vedo più adatti a un quotidiano, e diciamo che già questa è una risposta. :D

    Internet è veloce, come giustamente dici, e a mio avviso vale più per fare informazione che cultura. La cultura ha bisogno di respiro, di vuoti e di silenzi. Sarò autoreferenziale ma mi vengono in mente quadri come questo di Marta Czok (sono autoreferenziale in modo filiale, ecco) http://www.martaczok.com/wp-content/gallery/2005-2010/1atank.jpg
    in cui si è scelto di abbinare il dettaglio a campi vuoti per un motivo semplice: dare all'interno della composizione stessa, la possibilità a chi guarda l'opera di riprendere fiato dopo tutto quello che ha assorbito attraverso i dettagli. Ecco, internet questi campi vuoti non te li offre. Ecco perché fare cultura su internet è difficile.

    D'altro canto internet può servire per comunicare quella cultura, per far sì che più persone vengano a sapere di iniziative culturali della cui esistenza prima scoprivi puntualmente quando l'evento era già bello e finito. Diciamo che ci può essere una certa interazione, ma se si pretende che su internet si faccia "cultura" si rischia di restare insoddisfatti e parecchio.

    Bella la scelta di un autore polacco :))))) l'ho molto apprezzata anche se mi fa sorridere che uno come Gombrowicz che, trovatosi in Argentina allo scoppio della guerra nel '39 perché era in viaggio stampa, abbia scelto di rimanere lì parli di immaturità come condizione più efficace per definire i nostri contemporanei... mi chiedo se non fosse stato un suo mea culpa. ;)

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  4. Vi ringrazio per essere scesi in campo con commenti stimolanti che aprono nuove strade per nuovi pensieri. Mi piacerebbe approfondire, scambiare parole, però di nuovo sconto un problema grave di medium, il dibattito sul web è un miraggio sia per la solitudine, il silenzio e il solipsismo in cui si aspetta una risposta sia per la difficoltà di parlare a più voci contemporaneamente, emozionalmente coinvolti dalla presenza dell'altro percependone le intonazioni della voce (sarcasmo, serietà, ironia, aggressività).
    Spesso i commenti non sono niente altro che tentativi di imporre il proprio pensiero, formulati per lo più per colpire e convincere il silenzioso pubblico dei lettori (che non intervengono direttamente nel dibattito) che la posizione dello scrivente è migliore di quella degli altri, un tentativo di autoaffermazione/celebrazione in cui pare assente ogni forma di dialettica.
    Non è questo il caso, i vostri commenti danno propellente al pensiero però è un problema serio e diffuso del dibattere ai tempi di Internet, tempi in cui paiono, ed è un controsenso per un medium considerato estremamente democratico, esaltate e amplificate le contrapposizioni dualiste e inconciliabili.

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  5. Aggiungo, al di la che si possa o meno continuare nel dibattito. Cosa ci si aspetta da Internet? Cosa può fare oltre a quello che le persone sanno, vogliono, possono fare? Trovo per alcuni aspetti curioso, anche solo in questi quattro interventi, alcune cose che si sono dette. Slawka pone una questione legata ai tempi e al respiro della cultura. Il bello è che lo dice postando un commento di tutto rispetto, e per leggerlo mi sono preso del tempo, così come per guardarmi l'opera di Czok e andarmi a leggere le note biografiche di Gombrowicz. Con Internet si può fare cultura, ma non si può fare tutto quello che la cultura richiede. E pretenderlo sarebbe inutile. L'architettura così come l'urbanistica costruiscono le città, ma il senso di uno spazio urbano dipende anche da molto altro. Soprattutto nella sua dinamicità ed evoluzione. L'atteggiamento critico deve accompagnarsi a "piani di azione" che colgono la direzione delle cose, perchè solo dando direzione si produce cambiamento e sviluppo. Anche nelle piccole cose.

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    1. "Dando direzione" però mi pare che il web sia restio (ed in parte mi vede d'accordo) a prendere una direzione, anzi ha come qualità la forza centrifuga e dispersiva del suo operare.
      Il parallelo con architettura e urbanicìstica mi intriga (a cui aggiungerei nell'alveo del nuovo corso della storia dell'architettura anche economia e dinamiche socio-culturali) ma bisogna studiare e vedere se ci sono vicinanze fra la regina della materia (l'architettura) e il re dell'immateriale (il Web).

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  6. Ho appena perso il commento lungo e articolato che avevo scritto. Riassumo. La cultura passa dai mezzi che sono a disposizione. In questo momento il web è uno strumento molto potente.
    Il mezzo è il messaggio, ok lo sappiamo.
    Dare degli immaturi al popolo degli utilizzatori del web è moralistico e la categoria non è petinente.
    Lo sfogo di Serra è secondo me reazionario e basta.
    La sua Amaca su Repubblica è un mezzo enormemente più vincolante dei tweet. Sono 1000 parole invece di 140, ma ci scrive solo lui, periodicamente, su un quotidiano statico, senza possibilità di scambio di idee, di commenti, di contraddittorio. Mentre di tweet ne possiamo scrivere quanti vogliamo, chi vuole può leggerli e commentarli e poi magari ci possiamo pure scambiare il numero di telefono e incontrarci a parlarne davanti a un caffè o un bicchier di vino.
    E continuare a far cultura come si è sempre fatto: con gli amici al bar.

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  7. Dimenticavo: grazie Luigi, bel post.

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  8. Luigi, una precisazione. Intendevo dire con "dando direzione" che è innanzi tutto il singolo soggetto (impresa, individuo...) ad imprimerla. In sostanza quello che voglio dire è che alla domanda come si può stare nel web, credo che ci si possa stare con una propria identità che necessariamente determina una direzione.
    E' altrettanto vero che dinamiche collettive sono poi cosa diversa, che le accelerazioni che il web nel suo insieme produce, enfatizzano e amplificano. Ma intervengono anche meccanismi e dinamiche di selezioni, di appartenenza tipiche dei processi sociali, che aiutano le persone a vivere nel web senza implodere per eccesso di stimoli/informazioni: E' a questo punto che si evidenziano identità e direzione.
    Poi continueremo...

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    1. Prepara calici e tempo, ne parliamo in compagnia di un buon vino.

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  9. Luigi, leggerti è davvero affascinante. Insieme a Niccolò state costruendo uno spazio di interesse che tracima dal semplice bicchiere. Sono felice di leggerti, di leggervi, di soffermarmi, di stancarmi, di ritornare sul post il giorno dopo, di ricominciare a leggerti, leggervi ....

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    1. Mai commento mi fu più gradito.
      Perchè ti stimo molto e i tuoi interventi, sempre lucidissimi, mi aiutano e mi pungolano a migliorare, limare i miei pensieri.

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