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lunedì 13 febbraio 2012

rairon 2006 uva rara podere il santo

Rairon 2006, Rosso Provincia di Pavia Igt, Podere il Santo di Eugenio Barbieri, Rivanazzano (PV).


Mi affascina l’estremismo produttivo di Eugenio Barbieri e il concetto olistico che lo permea.
Ha voluto ricostruire una cascina preindustriale a ciclo chiuso.
In cui il vigneto è uno dei componenti della gestione agricola a cui affianca l’allevamento di bovini e suini, i seminativi, le piante da frutta, l’orticoltura.
Per lo più per autoconsumo.
Il suo obiettivo è il mantenimento della fertilità del terreno con processi legati ai cicli naturali senza dipendere, per quanto possibile, da fonti esterne.
Il pensiero di Eugenio Barbieri è estremamente attuale, semplificando molto si può parlare di comportamento agroecologico.
Ossia un tentativo di spezzare il circolo vizioso che lega il contadino ai fornitori esterni di energie, servizi,materiali, credito ricercando metodi naturali, interni alla propria azienda per ovviare a questa dipendenza.
Non è un discorso naif.
Parrebbe essere il futuro dell’agricoltura.
Se vogliamo che esista ancora qualcuno da sfamare e dissetare.
Non credo che Eugenio Barbieri risolva i problemi del mondo.
Però alla base del suo pensiero c’è molto di più della sterile divisione fra bio e non bio.
Ma tra il sostenibile a lungo termine e l’insostenibile.
Un atto politico prima che un comportamento di tendenza o mera strategia di marketing.
Dei due vini ho provato il Rairon 2006 un blend di Uva rara al 90% e Croatina, Barbera al 10%.
Cupo nei colori, intenso di profumi di frutta matura e polposa.
Etereo, quasi smaltato.
Dolcezze di maturazioni spinte e virate tanniche.
Alterna suadenze a rasposità.
Concentrato.
Masticabile.
Mi è piaciuto ma è da riassaggiare.
Bonne degustation.




Luigi


7 commenti:

  1. L’estremismo produttivo di Eugenio Barbieri mi fa tanto pensare alla concezione steineriana di azienda agricola come vero e proprio organismo autosufficiente. Dove insomma tutte le parti e le attività all'interno dell'azienda (produzione delle piante, allevamento del bestiame ecc. ecc.) sono tra loro strettamente connesse.

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  2. La monocoltura in sè non è più sostenibile, chi oggi ha solo vigne, o solo grano, o solo mele, deve ripensare al suo modo di essere agricoltore se vuole proiettarsi nel futuro.
    La recente visione del documentario di Giuliano Girelli "The last farmer" e le tesi ivi sostenute mi hanno fatto riflettere su questo momento di cambiamento che si riflette non solo sull'agricoltura ma sul modello economico fin qui sostenuto.

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  3. Ho sentito parlare di questa cantina e mi interessa, spero di riuscire a visitarla. Io penso che l'ordinamento policolturale tipico dell'azienda contadina del passato sia difficilmente riproponibile oggi, soprattutto su piccola scala, prchè antieconomico; ma volendo la soluzione ci sarebbe, anche se se non è facile: realizzare questo ordinamento a livello di comprensorio anzichè di singola impresa, creando una rete di collaborazione tra imprese a diverso ordinamento. E' un'esperienza che peraltro molte aziende biologiche e biodinamiche stanno già facendo.

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  4. Ma sei stato a trovarlo?
    Mi permetto di farvi vedere questo (mio) video, dove Eugenio si esprime tra le sue vacche, ma di sicuro non dice vaccate!
    Anzi, è profondo più che mai!
    http://vininaturali.it/index.php?option=com_content&view=article&id=77:podere-il-santo&catid=3:blog&Itemid=69

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    1. Certo che ho visto il video.
      Quando dice che il suo obiettivo primario è il contenimento dei costi ecco, in quella affermazione ho letto la risposta ai mali dell'agricoltura.
      Unita alla policoltura e alla biodiversità e l'affrancamento dai fornitori di mangimi/sementi/pesticidi/energia di origine petrolchimica.

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    2. un po' tanto filosofico il ragazzo eh...
      la teoria dell'integrazione con cio' che mangiamo (e beviamo) per me e' davvero profonda ma anche concreta!
      ma sei stato a trovarlo?

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