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lunedì 4 luglio 2016

Vini ad alto contenuto di verità/bis


Luigi Fracchia

Il post di Niccolò Desenzani pone l’accento sulla verità espressa da alcuni vini.
Lui parla del concetto di verità nell’accezione derivante dal greco antico.
αλήϑεια
aletheia
a-lethe senza veli

Una verità di ragione che diventa tale solo grazie alla logica, a seguito della scoperta delle condizioni che permettono di definirla.
E di pensieri sul vino, Niccolò in questi anni ne ha fatti molti.
Un processo, il suo, di disvelamento, di conoscenza, di narrazione.
E’ un lavoro complesso perché cultura e sensi fanno fatica a comunicare nel nostro cervello, sapori e profumi sono allocati in parti antiche del cervello che non comunicano molto con la corteccia frontale, per cui ridurre a λόγος (logos) le sensazioni è operazione difficile, talvolta impossibile.
Niccolò ci riesce meglio di molti altri e spesso esprime in concetti, sensazioni che, sopite ed inespresse, sono già lì velate nel nostro cervello e Niccolò è artefice del loro disvelamento.
In realtà noi quando sentiamo parlare di verità (ed è qui il problema principale dei paladini della finta laicità) pensiamo alla
veritas latina
che non è una verità di ragionamento ma una verità di fatto che assumiamo senza nessuna riflessione critica, una fede.

Due diverse verità, l’una determinata dal discoprimento delle ragioni che la inverano, l’altra rigidamente fissa e incontestabile.
La verità che percepisce Niccolò è la prima, figlia del logos e quindi legata al divenire, alle inevitabili modificazioni a cui la cultura è sottoposta.
Questa ricerca di aletheia condotta, forse, in maniera empatica, meno cosciente ma non con minore coerenza è portata avanti da Lorenzo Corino, Hubert Hausherr, Cyril Le Moing, Enrico Cauda e altri, i cui vini credo potrebbero entrare nel novero di quelli con “contenuto di verità di un vino” come li definisce Niccolò.
Territorio, lavoro, tradizione, basso impatto ambientale, solido pragmatismo il tutto condotto con la leggerezza e l’incoscienza legata alla consapevolezza di non poter e non voler controllare tutto.
Anche loro come Niccolò si affidano alla volatilità degli eventi e alla soggettività del gusto e delle scelte.
Potrebbero sembrare dei nostalgici invece, credo, che stia segnando una via per uscire dall’eccesso di programmazione e normalizzazione dell’attuale cultura, non solo enologica.
La sensazione leggendo i post di Niccolò e bevendo i vini di Lorenzo, Hubert, Enrico, Cyril è che siano capaci di penetrare più in profondità e rendere visibili i legami labili, inafferabili che ci legano alla terra.


Luigi

1 commento:

  1. I can't read Italian but i feel that you understood my wines...and that's makes me happy.
    Cyril.

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