Pagine

mercoledì 12 novembre 2014

Cascina Boccia, piccola perla nell'ovadese.....

di Andrea Della Casa


Sono circa 10 anni che Anna si è trasferita da Genova a Tagliolo nella vecchia Cascina del nonno per ripercorrere le sue orme e prendersi cura delle sue vigne: un ettaro e mezzo circa da cui ricava 5-6000 bottiglie. Tra questi filari quasi centenari, bassi e contorti, maturano i vitigni tipici della zona, barbera e dolcetto di Ovada.
Anna fa della schiettezza e della sincerità i suoi cavalli di battaglia. Non cerca di cavalcare le mode del momento quando ti racconta del suo vino e preferisce un confronto vis-a-vis piuttosto che rifugiarsi dietro  pubblicità seducenti e artificiose.


L’azienda non ha ancora la certificazione biologica, ma il lavoro in vigna e in cantina è tutt’altro che interventista. La concimazione avviene grazie al letame dei cavalli e della mucca presenti in cascina.
Le basse rese di uva (40-50 q/ha) vengono pigiate con torchio verticale e  vinificate in tini di cemento per poi passare a botti d’acciaio per l’affinamento.




Il barbera del Monferrato 2011 è vino ancora giovane ma già godibile, di buona complessità e struttura, corredato da quella fresca acidità tipica del vitigno.
Il dolcetto di Ovada 2011 è gusto per me nuovo, maggiormente abituato ai suoi cugini d’Alba e di Dogliani che si presentano più immediati e levigati. Questo dolcetto ha maggior corpo con elevato potenziale di longevità e finale di bocca leggermente amarognolo.
Il bisboccia 2013 ha una bevibilità davvero elevata, scorrevole, slanciato e di bella freschezza. 


Realtà in progressiva crescita quella di Cascina Boccia, ne risentiremo parlare parecchio in un futuro molto prossimo.


8 commenti:

  1. Sono molto curioso di assaggiare i loro vini.
    Una cosa sola mi colpisce: vinificano in cemento e affinano in acciaio!
    esattamente l'opposto della norma, l'acciaio è meglio abbandonarlo per gli affinamenti ora che si sa per certe che correnti galvaniche, riduzione, colpi di freddo fanno evolvere con più difficoltà i vini.
    Mi piacerebbe capire perchè fanno così.
    Luigi

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non saprei risponderti Luigi, qui bisognerebbe chiamare in causa direttamente Anna....

      Elimina
    2. Però mi dai atto che è strano vinificare con un materiale poroso e poi rinchiudere per l'affinamento in un materiale senza scambio gassoso, senza microssigenazione.

      Elimina
    3. Sì, in effetti è una procedura "a rovescio" rispetto ai normali canoni

      Elimina
    4. E' incredibile come il territorio ovadese sia al contempo uno degli ombelichi della viticoltura italiana per tradizione e vocazione, e nello stesso tempo sia anche una tomba; nel senso che è periodicamente dimenticato, e qualche volta riscoperto. Questo si riflette anche nelle cantine, dove spessissimo si trovano botti in muratura che testimoniano un momento del passato recente in cui tantissimi vinificavano sistematicamente ed era apprezzato quel tipo di vaso. Più di recente molti hanno abbandonato, probabilmente per motivi economici e di gestione igienica, essendo la manutenzione delle vasche più onerosa dell'acquisto di una botte metallica. Sono mie ipotesi. Comunque credo moltissimo nel Dolcetto e nell'Ovada in particolare, ma mi rendo conto che c'è bisogno di interpreti coraggiosi e anche di una critica coraggiosa, che capisca e valorizzi. Gira e rigira forse il legno, "scarico", esausto come ci teneva a dire Pino Ratto resta il futuro per il dolcetto dell'ovadese, che è spesso fresco e con un qualità bella dei tannini, ma con tempi di maturazione per dare il meglio, molto lunghi. Son tutte ipotesi le mie, ma vedo con interesse positivo anche le vinificazioni in rosa, che potrebbero permettere di avere insieme vini profondi e rientrare delle spese. Per poi potersi dedicare su uve scelte a lunghi affinamenti.

      Elimina
    5. Aggiungo che le vasche in muratura probabilmente non sono il vaso adatto per gli affinamenti e la stabilizzazione del vino, se non si hanno le masse sufficienti a riempirli bene. Potrebbe essere quindi una questione di volumi.

      Elimina
    6. La difficoltà del Dolcetto è una difficoltà derivante dal poco appeal commerciale e/o dall'essere fuori moda, infatti nel tortonese, territorio baciato dalla rinascita del Timorasso, è stato ampiamente espiantato a favore della bacca bianca.
      E questo discorso vale per tutti i Dolcetto "importanti" comprso Ovada.

      Elimina
  2. Complimenti Andrea! Ci hai fatto conoscere un nuovo produttore da scoprire, uno di quei pochi produttori che credo riescano a trasmettere qualcosa in più sia dai prodotti che fanno che dalle loro storie... Merita sicuramente una visita... anche perchè ora la curiosità di assaggiarli è veramente tanta ora!

    RispondiElimina