Foto di Stefania Giardina |
“Les véritables Vins de Terroir permettent de rompre de manière symbolique avec les non-lieux de la mondialisation et de la standardisation.”
Mi ha fatto pensare molto ai non-luoghi in cui oggi, volenti o nolenti, siamo calati tutti.
Degustare un vino tecnico non è che un corollario indispensabile alla nostra integrazione in quello spazio senza luogo che dal mall di Pasadena, all’aeroporto di Dubai, dallo spizzico di Barberino del Mugello, all’Hilton di Mosca, dal Club vacanze di Heraklion, alla metropolitana di Singapore, dal treno a levitazione di Shangai, al Novotel di Dakar, ci riporta alla Rinascente di Piazza Duomo a Milano senza che in noi avvenga alcun shock da viaggio, un unicum addomesticato, comprensibile, tranquillizzante, amniotico e deterritorializzato.
Uno spazio in cui tutto è merce, si può acquistare in sicurezza protetti e accettati in qualità di homus economicus e senza la fatica di comprendere alcunchè degli altri.
Negli ultimi anni girando per l'Europa durante le vacanze, i miei figli mi facevano proprio notare, con fastidio sempre più grande, questo unicum deterritorializzato, con i negozi uguali ovunque, le stesse marche, gli stessi cibi da Londra a Istanbul.
RispondiEliminaPer contrastare i "non-luoghi" dobbiamo costruire dei "luoghi" nella vita di tutti i giorni ma anche qui sul web.
Great post!
l'ho sempre detto: io, gli architetti, non li capisco.
RispondiEliminafirmato uno che lavora 40 ore alla settimana in un non luogo
Hai letto Auge? E' il profeta dell'antropologia dei non luoghi
RispondiElimina@Lucia,
RispondiEliminaAugè era il mio pane quotidiano e fonte di ispirazione del post ovviamente, però per tenere toni più leggeri non vi ho ammorbato con citazioni.
@Fabio,
ho infatti pensato a te scrivendo il pezzo.
Perchè non capisci gli architetti?