Nutro grande stima per Angiolino Maule, fondatore di VinNatur e per tutti i soci aderenti. Un'associazione che ha lo scopo di promuovere il vino naturale, unica nel suo genere. Unica per la ricerca, per la sperimentazione, ed il controllo, che pone grande attenzione e rispetto verso le tradizioni territoriali. Sì perché per diventarne membri e per prendere parte a Villa Favorita, bisogna sottoporre i propri vini a degli assaggi ed a successive analisi volti a stabilire l'assenza di circa 120 tipi di pesticidi e prodotti di cantina. È forse per questo motivo che, di anno in anno, alcuni partecipanti spariscono e ne subentrano dei nuovi? E la domanda che allora sorge spontanea è: perché le altre fiere dei cosiddetti naturali, questi controlli non li fanno? Un progetto - quello di VinNatur - che non si limita solo a questo. Per chi non lo conoscesse, consiglio l'approfondimento qui.
Villa Favorita dicevo. Ormai per me è una certezza: la vista della maestosa villa all'arrivo, l'accoglienza, il ritrovarsi a casa tra i vari locali interni (forse la prima volta, è un poco più complicato), gli amici (di qua e di là dal banco), l'immenso giardino (che se c'è il sole, sdraiarsi è un vero spasso) e quell'atmosfera un po' naif, che tanto piace a noi #amicidelbar. Ecco, magari aggiungere uno spazio con dei tavolini dove sedersi comodamente e "spezzare" le degustazioni con un boccone, non sarebbero male. Cose forse banali, ormai lette e rilette, ma realmente vive, come il vino che si mesce e si assaggia.
- Le 6 fondamentali cose da sapere prima di entrare alle (ormai note) fiere satelliti -
1) Potrebbe sembrare che questa sia una festa, mentre in città, a Verona, ci siano i grandi a fare i numeri: sciocchezze. Così ci si collega al punto 2;
2) Perché oltre alle domande sui processi di vinificazione (ne ho sentite di veramente banali), ed affinamento, basterebbe chiedere ai produttori cosa ne pensano della fiera, se hanno un reale riscontro e quali siano i vantaggi nell'essere socio aderente di VinNatur, per capire che qui i numeri ci sono eccome e che gli affari si fanno alla grande;
3) Guardatevi attorno, probabilmente quello che si aggira con la camicia a scacchi, è un commerciante, un agente o un gestore di qualche locale che in questo ambiente naif, si sente a casa. E solo al pensiero che, il giorno successivo - quello in città - dovrà mettersi la cravatta e sentirsi "ingessato" per tutto il giorno, già si sente male. Benvenuti nell'età dei figuranti, disse un tale. Bene: usciamone!
4) Basta dire: "quest'anno si è bevuto meglio alla fiera X piuttosto che a quella Y". Qui ad esempio c'erano più di 140 produttori; calcolando una media di 3 etichette cadauno, siamo sulle 420 etichette. O sei SuperManWine, o stai semplicemente dicendo la solita frase di circostanza. Poi magari fai come me, che ho assaggiato il Magma di Cornelissen e, subito dopo il bianco rifermentato di Les Vignes de L'Ange, solo perché era il suo vicino di tavolo, trovando quest'ultimo sotto tono. Un vero professionista!
5) Basta dire: "quest'anno ci si muoveva meglio alla fiera X piuttosto che a quella Y o Z". Sono affermazioni soggettive. Certo che se parti dalle bollicine, per salire con una millimetrica scaletta di degustazione tra struttura, alcool e colore, allora non meravigliarti se hai trovato sempre confusione, fanno tutti così. Magari sei anche entrato in fiera alle 11:00 e te ne sei andato alle 15:00;
6) In queste occasioni, giudicare con fermezza organolettica il vino e battezzarlo definitivamente (nel bene o nel male), è da veri esperti mutanti dal gene X del settore. Io mi limito semplicemente a dare dei consigli, ma sono il primo a cercare successivamente il vino e risentirmelo attentamente in altre occasioni, prima di sparare sentenze.
- I miei foto-assaggi -
Quest'anno ho cercato di uscire (non al 100% devo ammettere) dalle strade ormai battute in altre occasioni (qui e qui), per conoscere nuove realtà e far scoppiare in me nuovi interessi. Certo, passare a salutare Frank Cornelissen, è ormai un obbligo. Uno, per assaggiare l'ultima annata uscita dei suoi vini a fascia accessibile, fantasticando di comprarne a cartoni. Due, per bere il Magma, ormai inarrivabile per le mie tasche.
Travolge di passione ascoltare la madrina di casa Tarlant, che con i suoi Champagne, mi convince e mi galvanizza sopra a tutti i suoi simili.
Le novità da seguire, ci sono state e si chiamano Carlo Tanganelli, con due bianchi a base trebbiano, macerati sulle bucce: l'Anatrino e l'Anatraso, veramente ben centrati sulla tipologia, ed il rosso Mammi, un sangiovese in purezza, da vigne giovani, che per la loro qualità, distacca gli altri fratelli e rientra come migliore assaggio. Ed il Monastero dei Frati Bianchi, con tre rossi da monovitigno, quali il Deir (syrah), il Tazzara (barsaglina), ed il Pollera, dall'omonimo vitigno, il quale mi ha persuaso e soddisfatto maggiormente per complessività e messa a fuoco.
I bianchi più spassosi, diretti e lineari, ma mai banali e le etichette più belle che abbia visto, provengono invece dall'Austria. Più precisamente da Andreas Tscheppe, con una batteria di vini da vitigni moscato, sauvignon e chardonnay, davvero commoventi.
Il colfondo di CasaBelfi, disseta e ci fa gioire di freschezza, mentre ci riposiamo sdraiati nel prato.
Invece Il sangiovese DoDo, di Taverna Pane e Vino, mi fa esultare per ampiezza e mostruosa tipicità gusto-olfattiva, un vero cavallo di razza, vinificato parzialmente sui raspi ed affinato in piccoli legni. Fortunatamente a Cortona ci sono spesso!
Lamoresca esce con un frappato in purezza, il Nerocapitano, tutto frutta e sorso killer che, bevuto fresco in una calda estate, probabilmente ricompensa qualsiasi impegno. Anche se il cavallo vincente, resta per me il Lamorescsa rosso.
Dai colli fiorentini, li Casale, esce con una gamma di vini che trasudano di territorio ed incredibilmente vivi; come il trebbiano 2004 ed il Chianti riserva 2005, veri e propri gioielli a prezzi estremamente onesti.
La Francia che mi piace, l'ho trovata invece in questi tre vini, che in futuro seguirò con attenzione: il Grolle Noir 2012, dall'omonimo vitigno, vinificato sui raspi, di Cyril Le Moing; il gamay Le Poquelin 2012 da macerazione semi-carbonica del Domain des Cotes de la Moliere di Isabelle e Bruno Perraud, e Les Mortiers 2010, pinot d'aunis, di Nathalie Gaubicher. Tutte bottiglie grintose, varietali e dal frutto godibilissimo.
- La cena con i produttori -
Quest'anno, assieme a Luigi e Daniele, ho partecipato alla cena dei produttori. Una bella occasione per conoscere e dialogare in maniera più distesa e conviviale, con loro. Oltre che ad assaggiare e discutere dei loro vini, ho avuto modo di toccare argomenti che solitamente ai banchi d'assaggio non si sfiorano: si è parlato di burocrazia e di quanto, a volte, sia inutile. Di severi controlli, effettuati anche due volte da diversi enti, i quali sembra non si parlino tra loro. E di tutti quei piccoli problemi gestionali, che quotidianamente si presentano. Insomma, ho avuto un quadro ben più ampio, che mi ha fatto capire quanto rispetto dobbiamo portare a queste persone ed a quel tanto amato calice di vino.
Ma tornando agli assaggi - se non fosse stata per questa cena, mi sarei perso tre validissime realtà - ho conosciuto Tenuta Terraviva (che in verità conoscevo marginalmente: il loro Trebbiano d'Abruzzo in una orizzontale alla cieca, arrivò secondo; non so se mi spiego), che in questa occasione ci ha sorpreso con il Solobianco, un mix di trebbiano, malvasia e chardonnay, per un vino gustoso, dinamico e dalla beva pazzesca, ed il Cerasuolo d'Abruzzo "Giusi", floreale e diretto come pochi.
Da Bratislava, Slovacchia, incredibilmente arrivano i ragazzi di Organic, con un Orange wine, la Cuvée Marie Vallis Albus di vero gusto, che rispecchia in pieno i parametri della tipologia, senza sfociare in nessuna banalità. Ed un rosso da uve pinot nero, forse più semplice, ma dal frutto intenso e vivo di sapore.
Per finire (questa volta davvero), il vino che mi ha colpito maggiormente, proviene da Montespertoli (Fi) - nella zona allargata del Chianti - da un antico vitigno toscano recentemente riscoperto, il Foglia Tonda 2010 di Guido Gualandi (persona schietta e beffarda); vinificato con i propri raspi ed affinato in botti, per un vino complesso, sorprendente e dalle grandi dinamiche gusto-olfattivi, nonché dalla lunga prospettiva di vita. Insomma, mi sono trovato di fronte ad un grande vino.
Quella di quest'anno, è stata una personale e completa esperienza, ricca di nuovi spunti sotto ogni profilo.
Ah! Tarlant Vigne d'antan!
RispondiEliminaAh! il trascinante eloquio di Filippo Rizzo alias Lamoresca!
Ah! la follia di Gualandi e la bontà dei suoi vini!
A proposito: nella prima foto, quella dell'ingresso della villa, si vede una ragazza che in modo aggraziato, scatta una foto con il telefono. Beh, quella è giovane Tarlant.
EliminaNon l'ho menzionato ma, de Lamoresca mi è piaciuto anche il nerello mascalese e frappato Mascalisi.
Gualandi lo voglio andare a trovare, quelle viti "striscianti" di Foglia tonda, le voglio proprio vederle. Grandi vini davvero.
Grazie per il commento sul Foglia Tonda, ci sono altri vini che meritano essere assaggiati/bevuti in cantina, quindi ti aspetto, Guido Gualandi
RispondiEliminaNel post ho menzionato il Foglia Tonda, ma ricordo bene anche il Chianti, che era squisitissimo e di gran beva, ed il sangiovese in purezza Gualandus. Vini che parlano toscano streto, proprio come quelli che piacciono a me.
EliminaVenirti a trovare, era già nelle mia intenzione, non mancherò.
Grazie per essere passato dal bar Guido, per noi dare spazio a chi il vino lo produce, è fondamentale.
A presto.