di Vittorio Rusinà
Il caffè è un grande business nelle mani delle multinazionali, queste guadagnano somme considerevoli che in gran parte riversano in pubblicità, sponsorizzazione e comunicazione, controllando quasi totalmente i media. Grandi chef invece di dare lustro agli artigiani e maestri del caffè (ne esistono ancora grazie al cielo) vendono la propria immagine alle grandi industrie. E' così che va il mondo, ok ma qualcosa si muove all'orizzonte, e non è solo il mio orizzonte.
Così ad occhio penso che in Italia si beva più caffè che vino, ma se ne parla molto meno, sui social è raro imbattersi in discussioni e confronti sul caffè tipo questo di Paolo Beccuti che qui al bar teniamo in gran considerazione.
Ma gli amici del bar, che bevono "quasi" solo vini naturali, da coltivazioni bio, non filtrati, non chiarificati, con lieviti indigeni, con poca solforosa aggiunta come si comportano con il caffè?
C'è chi usa il nemico numero uno degli ecologisti, quello delle capsule dai nomi di fantasia, che tappezza le piazze più belle d'Italia con algide pubblicità. C'è chi usa il caffè che sponsorizza il gusto e al tempo stesso fa lobby a Bruxelles con colossi dai nomi imbarazzanti. C'è chi usa il caffè equo-solidale che garantisce ai coltivatori locali prezzi equi. C'è chi usa il caffè da coltivazioni biologiche essendo il caffè quasi sempre una monocoltura che richiede un gran uso di pesticidi. C'è chi usa il caffè pregiato e selezionato dai diversi cru del mondo dei grandi artigiani e torrefattori italiani. C'è chi si lamenta del fatto che il caffè buono, equo e bio costi caro. C'è chi lo beve quasi solo al bar. C'è chi usa solo la moka. C'è chi beve 5 caffè al giorno, chi alla settimana. C'è chi lo beve anche prima di andare a dormire (ma non tiene svegli?). C'è chi utilizza il presso-filtro, un arnese da maestri.
Io sono un pochino tutto quello che ho descritto sopra, incarno un pochino tutti gli amici del bar e ho deciso di viaggiare alla scoperta del mondo del caffè, per giungere un giorno a bere il caffè più naturale e buono che ci sia. Follow me alla ricerca del ki del caffè.
Kofetarica (la bevitrice di caffè) di Ivana Kobilka (1888)
Gran bel post!
RispondiEliminaIn effetti non è facile trovare del buon caffè, con adeguata tostatura e a prezzi pseudo-accessibili.
Se possibile preferisco quello in grani da macinare che dà un caffè meno concentrato ma allunga notevolmente i tempi di preparazione (eh già perché col macinino da caffè arrivare a 250gr. di polvere non è così immediato).
Mi ha sempre intrigato anche provare la vecchia moka napoletano, di cui però ignoro l'esatto funzionamento.
Una giusta panoramica del mondo del Caffè. L'industria ed il profitto ahimè la fanno da padrone, anche se per fortuna chi va controcorrente esiste.
RispondiEliminaIl vero problema della faccenda è che globalizzando il palato con pubblicità ossessiva e ridondante, molte persone credono che il gusto del Caffè sia quello.
Parliamone.
Bisognerebbe farsi delle domande, bisognerebbe diffidare delle super offerte al ribasso, guardare di più i prezzi delle capsule al kg. (al supermarket, in piccolo, ci sono), e farsi due conti in tasca.
Valutare se i bisogni che hanno creato al consumatore tipo -per loro- sono effettivamente imprescindibili a mente lucida, o se la ragione, il cui sonno genera mostri, non vada utilizzata per difendersi.
Se a molti vengono bruciore di stomaco e/o insonnia, magari stanno usando un prodotto con alto contenuto di caffeina, che dev'essere tostato di più per nascondere difetti qualitativi e perché la struttura fisica del chicco lo impone. Ma non c'è scritto da nessuna parte, ovviamente.
E, per rispondere ad Andrea, oltre a suggerirti di macinare solo la quantità necessaria per ogni uso così hai sempre Caffè freschissimo, posso dirti che talvolta i prezzi del Caffè artigianale, quello vero, non sono così astrusi. Dipende dalla tipologia che scegli, prevalentemente. Ma posso assicurarti che chi compra cialde e capsule paga cifre anche doppie per un prodotto industriale. Ed è pure contento.
Un bel paradosso, non credete?
Siamo ciò che mangiamo, ma anche il Caffè che beviamo.
Ciao Alberto, prima o poi riuscirò a passare da Bologna e assaggiare i tuo caffè. ;)
EliminaPare paradossale, ma pur abitando a pochi km non ci vado praticamente mai.
Sul fatto di macinarsi solo la quantità desiderata da utilizzare al momento sono concorde con te, il problema è che al mattino presto le sinapsi non sono ancora ad un livello tale da permettermi azioni così elaborate. ;)
Ciao Andrea, io sono nato e vissuto a Bologna fino a dieci anni fa, ma vivo e lavoro a Ferrara... :) Tu dove abiti?
EliminaGrazie tantissime Alberto per questo tuo intervento preziosissimo, ne farò tesoro per sviluppare il tema delle cialde e capsule (e relativi costi). Ho appena comprato un macinino a mano per macinarmi di volta in volta il caffè che mi serve e ho ripreso a comprare caffè in chicchi, era da mille anni che non lo facevo più. Usciranno altri post sul caffè è un tema che voglio sviscerare e qui al bar degli amici vorremmo dare più voce a chi fa caffè artigianale e di qualità.
EliminaSi ricordo, ci siamo scambiati qualche mess via twitter. Io sto in provincia di Modena...
EliminaGià! E' vero, scusami ma sono solo al secondo Caffè stamattina, devo carburare...ma mi sa che ci vedremo prima a Modena...
RispondiEliminaNel percorso di consapevolezza su ciò che ingurgitiamo in effetti ho pensato poco al caffé. E invece dopo aver letto questo post mi chiedo perché io fossi così sonnecchiante sul tema.
RispondiEliminaBelle le parole di Andrea Trabatti "Siamo ciò che mangiamo, ma anche il Caffè che beviamo". Io ho scoperto la necessità del caffé a 15-16 anni quando dovevo preparare le interrogazioni latino e greco e scoprii che si poteva stare concentrati su un libro per più di mezz'ora :-)
Per quasi tutti gli italiani il caffé è un gesto quotidiano, ma leggendo in giro al massimo si sente parlare del "caffé più buono" e tutti a dire la propria opinione (spesso inconsapevolmente premiando il "gusto" imposto dalle major). Un po' come col gelato e tanti altri prodotti in cui ognuno crede di conoscere che cosa sia meglio. Ma come dici tu Vittorio, si tratta di riscoprire il caffé come prodotto di alto artigianato e chiedersi come sia stato lavorato, che cosa contenga, da dove arrivi, con che mezzi sia stato raccolto e a che prezzo (umano e monetario).
Bellissimo argomento Vittorio, se ne parla troppo poco del caffè.
RispondiEliminaRingrazio Alberto Trabatti per essere intervenuto e per averci aperto una fessura su un mondo che, nel mio caso, è ancora molto buio.
Leggendo il post ed i commenti, mi è venuta la voglia di cercare il caffè che più si addice alle mie esigenze ed a quelle di casa: rivolgendomi esclusivamente agli artigiani del settore, cercando la miscela giusta, provando di capire se è meglio macinarlo in casa o prenderlo già in polvere e, non di minore importanza, scegliendo la macchina ideale. Io uso la moka, ma sono molto curioso di provare quella napoletana.
Ora che ci penso, in cucina da mia madre, c'è quel vecchio macinino che è troppo tempo che prende polvere...
Rispolveriamo i macinini!!!
EliminaPreziosi commenti e la mia incessante ricerca della miscela perfetta continua...
Per chi non è di Verona, il mio adorato si trova anche on line
RispondiEliminahttp://www.surbir.it/Caffè-Chickmagalùr-Karnataka-India-P305C129.aspx
Fu per me una sorpresa scoprire attraverso Lelli e Giamaica Caffè che in India esistono grandi cru di caffè, c'è addirittura un cru in Nepal ma questa è un'altra storia a breve su amicidelbar
EliminaLa cru Nepal potrebbe diventare la mia nuova ossessione delight!
EliminaCiao Riccardo,
RispondiEliminaindubbiamente il modo migliore è quello di acquistarlo in grani e macinarlo al momento secondo la bisogna. La polvere tende ad ossidarsi velocemente, se esposta all'aria=ossigeno, complici il caldo (anche temperatura ambiente normale) e la luce si crea la reazione che lo impoverisce in breve tempo. Per quello nei bar dove la sera si lascia il dosatore della polvere con sei/sette espressi da preparare, i primi sventurati sorbiranno un ciofecone. Alla sera andrebbe vuotato e pulito. Poi a volte le cose vanno diversamente.
Per la moka e la napoletana, nonché il Filter Coffee il pacchetto di Caffè macinato, una volta aperto, va conservato in frigo in un barattolo ermetico di vetro. Al buio, a 4° C e ben chiuso, si conserva per qualche giorno in più. Ma se si può macinarlo di volta in volta hai raggiunto l'optimum.
A casa uso un macinino giapponese, manuale, con le macine coniche in ceramica, e mi trovo molto bene. Non scrivo altro per non farmi autopromozione. Però se volete saperne di più contattatemi in privato.
Alberto anche il caffè in grani che ho comprato in confezione sottovuoto una volta aperto lo conservo in frigo?
EliminaSarebbe meglio. Nel sacchetto ben chiuso, comunque, o addirittura nel barattolo di vetro. Il Caffè assorbe gli odori dei cibi vicini, salvo non voler sperimentare è meglio isolarlo...
EliminaGrazie mille per le preziose informazioni, Alberto.
EliminaSiccome cono originario di Altedo, in provincia di Bologna, alla prossima occasione che vengo a Ferrara, mi faccio sentire e ti vengo a trovare, così facciamo una bella chiacchierata.
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RispondiEliminaHei si parla di caffè allora mi sveglio il mio che uso a casa e in tutti i locali che ho gestito è di una piccola torrefazione che essendo un amico terrò la sua ricetta segreta perché mi ha onorato di dirmela e farmi vedere e aiutarlo in tutte le fasi, acquisto (con i suoi trucchi) ritiro prodotto a Gorizia (con le sue malizie e furbate) miscelanza delle tipologie in diverse quantità che danno corposità, aromaticità e cremosità, tostatura, raffreddato e messo in sacchi di juta a trama larga riempimento pacchi da 0,500 1/2/3kg a freddo cosa che le grandi marche fanno a tiepido per sfruttare l'aroma che si può sentire ma che può creare piccola condensa all'interno del pacco, poi per un buon caffè si deve fare attenzione alle 3 M Miscela-Macchina-Mano PS: il caffe non ama l'umidità, ma nella filtrazione adora il repentino sbalzo termico e risalta tutte le sue peculiarità
RispondiEliminaLe M, Graziano, col tempo sono diventate 5... alle tre da te citate si sono aggiunte Macinatura, e Manutenzione delle attrezzature. E' inutile avere prodotti eccellenti se non si curano gli strumenti atti a prepararli, e se la regolazione della macinatura del Caffè si regola e si adatta nei momenti in cui durante la giornata lavorativa l'umidità varia, allargando o restringendo il chicco, che è igroscopico.
RispondiEliminaE poi la pulizia delle macchine va fatta ogni giorno, il macinadosatore deve essere vuotato dalla poca polvere che residua alla chiusura serale, perché quella che resta, la mattina dopo, sarà una cosa oscena. L'ho citato già prima, ma desidero ripeterlo perché sembra che tanti baristi non curino la qualità dell'offerta, anche scegliendo in partenza prodotti mediocri, ed uccidendoli con incuria.
Cosa intendi per "trucchi", "malizie e furbate"? Nel Caffè bisogna essere molto semplici e lineari, oltre che corretti.
Il Caffè si sceglie, si lavora a modo, si assaggia dopo la tostatura per controllo, ma per la percezione completa degli aromi si lascia degasare almeno quattro/cinque giorni, prima di confezionarlo nei sacchetti in triplice accoppiato da chiudere sottovuoto e spedire ai Clienti.
Il metodo usato - a base di correttezza - è giusto che rimanga tra i segreti di ciascun Torrefattore, perché alla fine il risultato è quello che conta. E quello che dovrebbe essere per tutti è la dignità del Caffè.
Dovrebbe
buon giorno ho svegliato finalmente un " barista" di professione e non di cassetto Alberto Trabatti le M sono raggruppate in 3 perché se ci pensi molte sono in se stesse altrimenti dovrebbero essere 10 es. macine-meteo-miscela ecc. e in sostanza non fai che confermare ciò che in RISTRETTO ho inteso senza scriverlo altrimenti avrei scritto per ore segreti e trucchi sono legati alla Mano alla Miscela e Macchina (doccette-filtri e gruppo) che comprende macinino (macine-giri motore) addolcitore PS il mio locale era una enotecaffetteria per salvaguardare i prodotti e le persone il deumidificatore funzionava giorno e notte con sensore di temperature e umidità, ma nello specifico la mia parola non fa fede puoi chiamare la Giovanna o Leonardo alla Mokamarin di Cusano Milanino e gli chiedi come trattavo tutto il sistema " la macchina era una Spaziale due gruppi perché a tre in alcune ore uno sarebbe diventato inattivo " grazie quando vuoi puoi su SKYPE le foto sono su FB grazie di nuovo
RispondiEliminaCiao Graziano, se il "barista di professione" è rivolto a me, ti preciso che non lo sono... Io sono un torrefattore, un artigiano, e basta. Certamente, avendo gestito per otto anni direttamente la mia Bottega a Ferrara, era più che necessario saper preparare espressi e cappuccini a regola d'arte, come ora è necessario che curi i miei Clienti nella loro operatività, istruendoli da zero, o integrando le loro conoscenze con le mie. Tutto qui.
RispondiEliminaIl percorso lavorativo e formativo che seguo apporta buoni risultati, ma sono sicuro che non sia così perché mi chiamo Alberto Trabatti: mi chiamassi anche Mario Rossi o Tizio Caio, ritengo sia la strada giusta da seguire per fare la differenza con l'industria e tanti millantatori che si spacciano per artigiani, a volte addirittura per torrefattori quando invece delegano questa delicata operazione ad altri, apponendovi solo un marchio. E queste sono onte ai clienti, nonché a coloro che veramente lo fanno.
Il Caffè non finisce d'intimorirmi, da delicato e mutevole prodotto agricolo che è, soggetto a cambiamenti da raccolto a raccolto, e bisognoso di attenzioni diverse quando lo tosto, secondo la giornata, la temperatura e l'umidità. Non si otterrà mai pertanto un Caffè esattamente uguale, non ci riesce nessuno sebbene spesso per volersi attribuire valore aggiunto svariate aziende affermino sulla carta il contrario, perché le variabili in giuoco sono tali da non poterlo garantire per la natura stessa della materia prima.
L'impegno che un un torrefattore degno di tale nome si assume è renderlo il più simile possibile a se stesso per le caratteristiche aromatiche possedute, e di esaltarle. E, credimi, non è poca cosa, a volerlo mantenere