Inseguendo a Torino l'Ognostro e Marco Tinessa fra un tavolo del Consorzio, il bancone di Vinolento e i tavolini all'aperto di Scannabue, può succedere di innamorarsi di un vino che ha un'anima di Aglianico che sa di Borgogna, della migliore Borgogna come dice Gianluigi Desana, uno che i vini di Francia li conosce davvero, mica come me che faccio confusione fra Cote de Beaune e Cotes du Rhone.
L'Ognostro è fatto da uve selezionate e raccolte a mano nel Sannio e vinificate in modo naturale con la collaborazione del grande Frank Cornelissen.
Tre annate degustate, seduti nel dehor di Scanna, 2009, 2010 e 2011, accompagnando la bevuta con grissini, acciughe al verde e pezzi enormi di cheddar inglese. Io sono riuscito anche nell'impresa di rubare a chef Paolo Fantini qualche forchettata di macco di fave.
Ognostro 2009: grande freschezza, speziato assai, beva immediata
Ognostro 2010: "tanta materia, inchiostro di china, terra, liquirizia, viole" dice Luigi Fracchia e io confermo.
Ognostro 2011: residuo zuccherino che conferisce al vino una aurea alla Dettori, a me piace assai, perfetto con il formaggio.
Fra ricordi di salsicce e friarielli, di partite al pallone, descrizioni di vigne e interruzioni a guardare bellissime donne che passano di fronte a noi, in mezzo a passanti di ogni nazionalità e credo, il tempo vola, la gente va via e io resto lì ad osservare le bottiglie vuote, innamorato.