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giovedì 30 dicembre 2010

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Champagne Extra Brut Blanc de Blancs Grand Cru, J.L. Vergnon, Le Mesnil-sur-Oger cote de Blanc.



Riprendo indefesso l’alternanza fra Champagne e Metodo Classico italiano.
Oggi tocca ai cugini d’oltr’alpe.
Con lo Champagne, Extra Brut, Blanc de Blancs, Grand Cru, di J.L. Vergnon, Le Mesnil-sur-Oger cote de Blanc.
Incredibilmente comprato a 39,00 a Cesana Torinese (TO) all’enoteca Ferragut in via Roma.
E’ certo ormai i piccoli produttori vanno di moda e si trovano un po’ dappertuttto.
Incredibilmente ne sono felice, finalmente l’onnipotenza commerciale delle grandi Maison cede il passo ad un plotone di ottimi produttori che ci deliziano con vini veri e di terroir elaborati artigianalmente a prezzi da

Champagniucci da supermercato.
Il nostro è un gran cru proveniente da un’area vocatissima per lo Chardonnay in una versione con dosaggio di zuccheri riduttori molto bassa
100% chardonnay.
Non aspettatevi uno sciardonnè mediterraneo morbido e piacione, questo ha nelle vene l’antigelo e i minerali della champagne, brilla come la lama di una spada.
Vigneti con 30 anni d’età.
Dosaggio Extra brut.
Fermentazione e affinamento in cuvèe d’inox.
Niente malolattica, ciò non aiuta lo sprovveduto.
Presa di spuma di 30 mesi.
Perlage fine e consistente.
Profumi netti di Chardò del nord, tagliente, minerale, affilato, con la mandorla in primo piano, agrumi amari e citrini.
In bocca è al limite dell’asprezza con una mineralità tagliente e nessun indugio alle morbidezze.
Meriterebbe anzi dovrebbe essere dimenticato in cantina per un paio d’anni minimo.

Noi l’abbiamo bevuto con scagliette di parmigiano delle vacche rosse e poi su un salmone affumicato con scorzette di arancia e crema di finocchio.
Era in armonia con l’agrumato dell’arancia e sgrassante con il pesce.
Bonne degustation.













A Cesana Torinese (TO) alla Enoteca Ferragut a 39,00 euro circa.
A Torino all'Enoteca Bordò   su gentile segnalazione di Chiara Bordonaro.
Luigi




martedì 28 dicembre 2010

porta del vento maquè perricone 2009 campo reale sicilia

Porta del vento Maquè perricone 2009



Antefatto:
mercoledì 22 dicembre c.a.
durante le mie innumeri peregrinazioni dall’ufficio al bar, spunta dalla porta del negozio Sapori d’Italia Rosario Levatino, trafelato e leggermente su di giri che mi dice: “ passa che ti devo parlare”.
“Minchia! eppure i debiti li ho saldati” ho pensato andando non ricordo più dove e a fare cosa.
Col capo chino sono ritornato dopo poco, apro la porta e Rosario ancora più confuso mi dice “te che sei somegliè”.
Pausa.
“Saggiami sto’ vino che una mia cliente mi ha riportato indietro dicendo che è imbevibile”.

Smetto di sudare e inconsciamente mi tocco il portafoglio, l’ho scampata.
Però la pressione di dover sgamare un difetto nel vino oltretutto acquistato da una che ha fatto un paio di corsi di somegliè mi fa riniziare a sudare, sbuffare e scarrocciare come vecchio gozzo investito dal maestrale.
Il produttore poi mi aveva lasciato perplesso precedentemente e ne avevo parlato così.
Mi avvicino in stato confusionale al retro bottega dove campeggia pressochè piena la bottiglia di Maquè un Perricone 2009 di Porta del Vento di Camporeale (PA).
La signora ha sì e no avvinato un bicchiere e ha subitaneamente deciso che fosse imbevibile, senza dargli il tempo di ossigenarsi, sgranchirsi all’aria umida del nord.
Voilà ritappato in men che non si dica senza appello.
Rosario le ha cambiato subito la bottiglia con un’altra ma quella incriminata è ritornata in bottega solo dopo due settimane.
Saputa la storia comincio a schernirmi dicendo che magari si è ossidata, è cambiata, si è stressata e altre balle del genere.
Lui ormai più alterato di me versa in due calici, io sotto pressione come ad un esame roteo, osservo, annuso il liquido, riannuso e assaggio.
Minchia è buonissimo, altrochè imbevibile!
Riannuso, riassaggio sempre meglio.
Insomma ce ne beviamo con gusto e godimento due bicchieri, per pudore non accetto il terzo e barcollante riguadagno casa.
A parziale discolpa dell’incauta acquirente i vini di Porta del Vento fermentati con lieviti spontanei senza controllo delle temperature e poca solforosa potrebbero avere note di riduzione un po’ sopra la media.
Bastava aspettare, noi dopo quindici  o più giorni abbiamo bevuto un vino fresco e gioioso, frutttato con mineralità che premeva da ogni dove, buonissimo.
Il 23 passo da Rosario per fotografare la bottiglia ma era rimasto ancora un po’ di vino, beh l’abbiamo finito (è stato un lavoro sporco ma qualcuno lo doveva fare).
Minchia! Meglio  del giorno prima, ora in bocca sembrava di spremere fragoline di bosco.
Ho raccattato la mia spesa e sono tornato a casa ancora più convinto che ne avrei scritto e che ne vorrei una cassa da sei in cantina e che il prossimo anno, se torno in Sicilia, Porta del Vento sarà un mio obiettivo.
Maquè 2009 perricone in purezza di Porta del Vento, Camporeale (PA).
Colore brillante che invoglia, rubino intenso ma non inpenetrabile.
Naso fruttato di ciliegia, prugne, frutta mai toni surmaturi e un chè di viola liquiriziata, spezie e poi mineralità prorompente con toni ferrosi ed ematici che evolvono e si sorpassano con la frutta e i fiori.
Fresco dannatamente fresco per un siculo, acidità presente che allegerisce la glicerina  e l’alcool e ne rende calda, armoniosa la beva.
Terroso ricorda gli strati di terra rosso sangue della trinacria.
Ottimo, il problema è smettere.
Grazie incauta acquirente per avermi permesso un tale godimento.
Aridità dalla cantina :
Il perricone è vitigno a bacca nera, autoctono siciliano che alla Porta del Vento stanno recuparando per la sua capacità di preservare l’acidità e la freschezza a fronte delle temperature e irraggiamento a cui è sottoposto, questo è per mè il valore vero degli autoctoni quello di fotografare l’ambiente ottenendo qualità senza forzare la pianta o senza espedienti agronomici.
Fermentazione, con lieviti di cantina, spontanea in piccoli tini di rovere con follature manuali.
Affinamento in botti di rovere francese da 2.500 litri.


A Torino da Sapori d’Italia a 13,00 euro circa.

luigi



domenica 26 dicembre 2010

anteopinotnero100%natureecruoltrepopavesemillesimato

Anteo Nature Ecrù Millesimo 2001.
Antefatto:
non so per quale oscuro motivo da sempre l’Oltrepo’ Pavese mi ha attratto, forse per le mie estati passate nel monferrato che è parte di un sistema collinare preapenninico che ingloba il basso monferrato, il tortonese, il gavese, la liguria, l’oltrepo’ e l’emilia.


Questa continuità percettiva delle colline e le struggenti canzoni di Paolo Conte (le fisarmoniche di Stradella) mi hanno sempre legato ad un mondo così vicino e così lontano.
La parlata dell’oltrepo’ è piemontese, la cantina è la crota e il crutin (luogo più defilato destinato all’affinamento e la conservazione dei vini).
In realtà io d’estate andavo a Viarigi  lì la cantina è la canva (dal frances cave) e fare in fretta si dice fuma d’sgagià (credo da degage francese) un mondo quello del monferrato, dell’oltrepo, dei colli piacentini costituito da piccole enclave embricate tra loro, con il territorio, con le tradizioni, storicamente lontane e dimenticate dal potere e dall’economia.
Stessa maledetta storia di cantine sociali elefantiache che poco pagavano e poco stimolavano un territorio fortemente vocato, producendo una involuzione tecnica e la fuga dei giovani dalle campagne
Si coltivano più o meno le stesse uve, barbera su tutte con un distinguo importante l’oltrepo’ nel tempo ha sviluppato una specializzazione verso alcune varietà internazionali anche a bacca bianca che si sono ben ambientate.
Pinot nero e riesling sono i vitigni simbolo dell’attuale oltrepo’.
Una particolare interpretazione italiana dei due vitigni, inutile cercare la francia e la germania, qui c’è più calore più morbidezze forse più sensualità, quella che ricorda certi pomeriggi d’estate con l’aria immota un caldo umido amniotico e il frinire ossesivo dei grilli.
Per anni i vignaioli vendevano il loro pinot agli spumantieri d’italia forti del fatto che il suolo patrio è molto ostico per il pinot.
Se non fosse per l’oltrepo’ saremo terra di Blanc de Blanc.
Dopo anni di iniezioni di struttura agli chardonnay forestieri si è iniziato a imbottigliare e spumantizzare in loco e hanno richiesto ed ottenuto la DOCG sui vini spumanti a rifermentazione naturale in bottiglia.


L’oltrepo’ è terra di Blanc de Noir.
E’ l’alter ego della Franciacorta anche dal punto di vista socio-economico una è figlia del miracolo economico l’altra è frutto della atavica resistenza alla miseria e sopraffazione con puntate di genialità tipiche della civiltà contadina.
Io in maniera del tutto “simpatethic” preferisco la seconda.
I vini sono tutti buoni ma una storia di sofferenza e fatica li rende più sapidi.
Io non amo i vini figli di piazza affari è un mio limite.
In realtà l’oltrepo’ è il figlio minore della spumantistica lombarda.
Questo per noi consumatori è una opportunità infatti meno fama più qualità a minor costo.
Cambiate l’olio alla macchina, fate il pieno e prua verso Casteggio.
Per deliziarmi ho bevuto dell’ Az. Agr. Anteo  il Nature Ecrù Millesimo 2001 in magnum.
Un Blanc de Noir 100% Pinot nero.
Spuma, perlage tutto bene (mi annoio un po’ a scrivere banalità).
Colore intenso con riflessi ramati e vivaci.
Bello a vedersi.
Profumi da Blanc de Noir intensi, di pane nero, di pasta madre acida, di scatola di sigari con gocce di distillato e scorzette di arance.
In bocca morbido e avvolgente malgrado i soli 2,5 gr/l di zuccheri riduttori e una acidità fissa importante.
Il corpo (un residuo secco notevole) bilancia e sostiene le durezze e ci regala uno dei vini che più mi piacciono.
Un Blanc de Noir che viene dal caldo, dalla maturazione zuccherina delle uve au point che lascia intatta l’acidità ma ne lima la verticalità.
Senza spocchia lo definirei un vino di terroir.
Che terroir.
Lo berrei su tutto, ottimo sul pollo al latte di cocco e spezie del sud est asiatico.
Un’altra di quelle bottiglie che finiscono troppo in fretta.
Aridità dalla cantina
100% Pinot Noir allevato a guyot e cordone speronato densità d’impianti 3.000/5.000 ceppi ha.
Fermentazione in acciaio.
2/3 gr/l di zuccheri riduttori (Brut Nature).
Presa di spuma minimo 30 mesi.
Malolattica non pervenuta.
Buona degustazione

luigi



PS
Non pago ho aperto anche un Anteo Brut Riserva del Poeta Pinot Nero 2001.
Ancora più fresco del primo, asciutto, sapido e affilato anche in bocca pronto a sfidare gli anni.
85% Pinot Noir allevato a guyot e cordone speronato densità d’impianti 3.000/5.000 ceppi ha.
15% Chardonnay allevato a guyot e cordone speronato densità d’impianti 3.000/5.000 ceppi ha.
Fermentazione in acciaio. Parziale affinamento in barrique delle basi.
Degorgément 10/08.
8 gr/l di zuccheri riduttori (Brut).
Presa di spuma minimo 30 mesi.
Malolattica non pervenuta.

sabato 25 dicembre 2010

buonnatalebonnenoelmerrycristmasfeliznavidadfeliznatal

buon natale a tutti quelli che con me hanno iniziato un nuovo cammino.



buon natale a tutti quelli che pensano che le parole uniscano.
buon natale a chi mi ha letto e sopratutto a chi si è preso la briga di scrivermi, ogni commento mi emoziona.
buon natale a tutti quelli che fanno di tutto affinchè sia pessimo.

mercoledì 22 dicembre 2010

champagnelesmurgiersbrutnaturefrancisboulardmeunier

Champagne Francis Boulard “Les Murgiers” Brut Nature.



Dopo una cena francofila con persone francofile ho ripensato alla mia deriva campanilista e alcuni giorni dopo mentre sceglievo la  birra da Stato Liquido (in realtà la birra sceglieva me, perché ero completamente in balia di Fabrizio Sillano e delle sue creature) da uno scaffaluccio defilato, austero nella sua veste grafica ho visto uno Champagne di Francis Boulard il Les Murgiers un Brut Nature che alla cena era stato più volte citato.



Apro il portafoglio, due rapidi calcoli, lo compro.
Ieri sera lo bevo.

Sono un fautore del first in first out.
Mi era stato dipinto come vino rasoio (brut nature vuol dire che non si aggiunge zucchero prima dell'imbottigliamento finale), invece ho trovato un vino deciso ma gentile, profumato di pane di segale, verticale mai aspro con memorie agrumate, morbido come un sasso liscio (d’aspetto ma non di fatto), minerale e profondo: un vino in levare.
Ottimo e nobile.
Soave e citrino.
In bocca morbido e abrasivo al contempo.

Un  ossimoro liquido.
Come moltissimi vini d’oltralpe.
Sono quelli che poi ci si ricorda (maledetti francesi).
Finiscono sempre in fretta, ottimo parametro di valutazione.
Spuma abbondantissima e quasi birrosa, spuma fine e persistente.
Perfetto con il branzino in salsa di latte di cocco al curry di singapore e broccoli al sesamo.
Vino da abbinamento quelli che non capisci se mangi per berne ancora o viceversa.
Aride notizie di cantina :
Champagne Les Murgiers Brut Nature di Francis Boulard prodotto a Cauroy-les-Hermonville ne La Montagne de Reims.
Azienda in conversione al Biodinamico.
Blanc de Noir a base di Pinot Meunier 70% Pinot Noir 30%  vendemmia del 2007 più il 30% di vini di riserva del 2005/2006 affinati in botte di legno.
Il Pinot Meunier, che vuol dire mugnaio perchè si ricopre di pruina biancastra, è l’unico vitigno della Champagne che non è stato acclimatato al di fuori del suo areale di evoluzione e solo qui dà vini tanto buoni quanto scorbutici, un vino unico.

Malolattica effettuata.
Brut Nature (senza dosaggio di zuccheri riduttori), degorgément 21/06/10.
Bonne degustation


A Torino da Stato Liquido a 37,90 euro

luigi



lunedì 20 dicembre 2010

c'è fermento a torino

Seconda parte, la rinascita piccola piccola di Torino.

STATO LIQUIDO birre e in sub ordine olio e vino in Via Accademia Albertina 36 Torino.
C’è molto fermento.



Saccaromices cerevisiae, Saccaromices carlsbergensis.
Poi malto d’orzo, di frumento, di mais.
Luppolo.
Zucchero di canna, mosti d’uva, spezie più o meno esotiche.
Il tutto cotto ricotto fermentato e rifermentato poi imbottigliato.
Il tutto da Birrai artigianali o poco più.

birre a fermentazione spontanea belghe


Forse una incoscienza sovraumana ha spinto Walter Lo Iacono e Fabrizio Sillano ad aprire un negozio di Birra in una città ostica che preferisce osservare i suoi figli emigrare e poi rimpiangerne la dipartita.
Comunque sia, travolti da una insana passione, hanno aperto esattamente un’anno fa e si sono farciti di decine di birre ai più sconosciute che occhieggiano ammiccanti dagli scaffali.

Con slancio si sono proposti a ristoratori ed enoteche come consulenti e fornitori (chiunque affronti il mondo della birra artigianale da neofita deve assolutamente avere un tutore, i birrai sono dei pazzi e le tecniche migliaia).
E’ in una di queste occasioni, al Bordò che li ho conosciuti.
Poi sono andato da loro per comprare una birra.
Che errore!
Ti distillano la loro passione e competenza facendoti un corso di accelerato per birrai, sono uscito due ore dopo con il cervello fuso e decine di nomi e nozioni che galleggiavano (a stento) nella tempesta cerebrale.
Porter, Stout, Barley Wine, Weiss, Gueze, Kriek, Lambic.
Fermentazione  spontanea, bassa fermentazione, alta fermentazione.
Weiss, Blanche, Trappisti, Birra di Natale, Pils.
Malto, tostatura, luppolo, prima cotta, seconda cotta.
Sono tornato a casa ondeggiante, aggrappato a due bottiglie di Tipo Pils del Birrificio Italiano come un naufrago ad un salvagente (ottime con la trota affumicata, crema di finocchi, trucioli di scorza di arancia e pane di segale).
Bello il negozio minimal trendy chic (anche l’occhio vuole il suo nutrimento), belle le grafiche,  preparatissimi Walter e Fabrizio possono passare ore a elencarti le variabili produttive, gli stili più innovativi del mondo birrario e le chicche dei produttori.
Gli scaffali sono variopinti e affollati di birrre italiane (loverbeer, birrificio italiano, barley, baladin etc.), americane, belghe, inglesi e a differenza di una enoteca la diversità della forma delle bottiglie e i colori delle grafiche fanno sembrare il negozio un paradiso dei folletti in cui la tensione vitale è trattenuta a stento dai tappi.



Non ho ancora avuto il coraggio di provare il Lambic o le Gueze o le Kriek Belghe, birre a fermentazione spontanea di antichissima tradizione (pressochè introvabili fuori dal paese di origine) Birre estreme e complesse.
Mi hanno incuriosito molto i Barley wine (vino d’orzo) birre da meditazione.
Adoro da sempre le tostatissime birre scure che i due prodi hanno abbinato con successo alle ostriche.
Adoro la grafica della birra di Natale della Anchor Brewing Company.



Come ho consigliato per i vini bianchi anche alcune birre (fatevi consigliare quali) dimenticatele in cantina e bevetele fra un po' di tempo.
Organizzano mini corsi di degustazione (io mi sono già iscritto per non ripetere la figuraccia del primo incontro).
Passate a trovarli c’è di sicuro una birra che placherà la vostra sete.
Tenete sotto osservazione il loro sito, organizzano cene e eventi mai banali.
Versate la birra sempre con abbondante schiuma.
Ricordate che se il vino è Territorio la birra è Sogno.
Buona bevuta

luigi




venerdì 17 dicembre 2010

c'è fermento a torino

Leggevo tempo fa un’intervista di Giorgia Fiorio, Torinese Doc (forse Dop sono un po’ confuso), la quale sostiene che non vive più a Torino perché la città ha perso quel trash degli anni settanta ottanta.


il pane di Andrea Perino

Io che sono costretto a viverci mio malgrado sono invece felice che i tempi del sindaco Novelli siano finiti.
Finalmente sento parlare qualche sporadica lingua straniera.
Esercito il mio scarno inglese per dare indicazioni viarie.
Via Lagrange è ritornata di proprietà della cittadinanza.
Il centro “Romano” non è più Hic Sunt Leones.
Qualcuno timidamente ha ripulito un po’ (sempre meglio essere under statement, su questo concordo con Giorgia Fiorio) le facciate ma non troppo.
La puzza venefica degli altiforni è scemata (al posto dei quali come in un sottile gioco esoterico e vagamente satanico ci abbiamo messo l’arcidiocesi, non capisco se a spegnere i fuochi o ad arderne per l’eternità).
Insomma c’è fermento a Torino.
Anche nel settore gastro.



Dopo i disastri dei novanta che hanno praticamente azzerato i ristoranti, gli artigiani e i negozi di alimentari qualcuno spinto da non so che molla e da che volontà autolesionistica ha proposto alla cittadinanza, sempre schiva, distratta e ostile, la propria visione di un nuovo, seppur piccolo piccolo, rinascimento gastronomico.
Da sei sette anni un paladino della rinascita del pane fa di nome Andrea Perino.
E’ diventato il mio pusher di prodotti da forno da ormai quattro anni sia perché il pane è ottimo sia perché la prima volta che ci sono andato, nel trambusto natalizio, sua moglie Chiara per darmi un quarto di pane a cassetta, si è fermata nel vociare e spintonare beluino delle madame, ha contato e ricontato gli ordini e ha sentenziato con sicurezza: torni tra mezzora.
Sono tornato e il mio pane era lì già incartato che mi aspettava.
Da allora sono sempre ritornato.
La gentilezza va premiata.
Ieri sono ritornato per parlare con Andrea Perino il braccio operativo della panetteria con licenza di scorribande nella pasticceria.

Andrea Perino all'opera

Espressione della vitalità e della ars mecanica, mai fermo saltava da un impasto a un altro, da una macchina all’altra in un movimento continuo che esprimeva concentrazione (con un piccolo fastidio nei confronti del sottoscritto), determinazione e mestiere.


impastatrice a braccia tuffanti al lavoro sull'impasto del pandoro


“Il Pane deve tornare ad essere centrale nelle nostre tavole”.
Ha sentenziato come una Sibilla.
“L’industria ha rovinato il nostro mestiere e le vostre membra, affamando noi e ingrassando voi.”
Io tiravo indietro la pancia, cominciavo a sudare e mi girava un po’ la testa per quel profumo acido della pasta madre.
Ero finito nel regno torinese di un novello Vulcano.
Poi incalzato da me ha aggiunto che il Pane è figlio di quattro fattori importanti (sempre scrivendo, camminando e scansando teglie lunghe due metri):
Lievito
Farina
Impasto
Forno
Il lievito è madre (sia pasta madre sia genitrice portatrice di vita) e genera da un prodotto polveroso il  Pane simbolo della vita.
Ma affinchè la transunstazione si compia la farina deve apportare la sua forza vitale e non limitarsi a rimanere incoerente agglomerato sabbioso (usa principalmente farine bio di Sobrino che hanno una quantità di glutine incredibile e elasticità nella lievitazione).
L’impasto deve essere carezza continua, lunga e delicata che coccoli e porti a piano piano a conoscenza intima  gli elementi.
Il fuoco poi deve blandire, accarezzare, vivificare il prodotto e portarlo ad un superiore livello di esistenza.



Andrea Perino ogni giorno inforna una pletora di pani di forme, dimensioni, farine diverse.
Tutti buonissimi, quasi tutti lievitati con lievito di pasta madre acida.
Per il Foie Gras natalizio consiglio il Pan brioche, per il salmone i braetzel, per i panini al cotto il pane alla zucca, per il languore pomeridiano la spianata romana (una focaccia bianca profumatissima e sapida).
A me piace molto anche il Panettone Classico.
A mia figlia il Pandoro e i Frollini.
Niente male i croissant.
Bon appetit.
Beveteci sopra cosa volete.
Dopo un giro da Stato Liquido proverei a bere sul panettone una Birra di Natale della Anchor Brewing Company.



ANDREA PERINO pane di qualità, VIA CAVOUR 10 TORINO n°tel 011 0686056


Luigi

P.S
Il forno che occhieggia dalle vetrine è un forno a refrattari alimentato a legna.
Ditemi che non è il regno di Vulcano.


domenica 12 dicembre 2010

franciacortaextrabrutdocgfaccolinondosècoccagliobrescia

Ho preso una deriva conformista.
Di quella sciovinista vi avevo già detto.



Sono l’unico che parla di ostriche e sciampagn a Natale.
Quindi vi parlerò ancora di Metodo Classico (perché la gente beve con le bolle solo dal 24 dicembre al primo gennaio? e poi perché diavolo solo secco e solo sul dolce? Pensavo di rispolverare la pena di morte).
Bresciano questa volta, un Franciacorta DOCG Extra Brut elaborato dai Fratelli Faccoli a Coccaglio (BS).
Cuvèe di Chardonnay 65%, Pinot Bianco 25% e Pinot Nero 5%.
Degorgément (dire sboccatura mi fa impressione) 1° sem 10.
Giovanissimo.
21 mesi di presa di spuma.
Dosaggio minimo come nella tradizione di famiglia intorno ai 2,5 gr/l di zuccheri riduttori.
Secco da paura.


Per non dire caustico (questo blog è vietato a chi non ha il sense of humor).
Spuma intensa e perlage fino e fitto naso pizzicante e nervoso quasi aspro e citrino con una mandorla amara molto presente anche in bocca, tagliente come promette al naso e forse di più con lieve amarognolo finale, vino difficile, per me of course.
Forse bisognava aspettare un  po’ prima di berlo che le asperità si mitigassero e l’ammandorlato (che io non amo molto) del Pinot Bianco si stemperasse.
Comunque insisterò a berne perché bisogna dare fiducia a chi vinifica in controcorrente e in aree difficili.
Le sorprese arrivano dagli artigiani appassionati che si dannano e non sono mai contenti dei loro prodotti.
I Fratelli Faccoli hanno una azienda piccola in quel della Franciacorta che ormai è in mano al capitale o all’industria (non è un male ma il marketing, il brain storming raramente fanno rima con sogno).
Il territorio stesso, sub pianeggiante, forse era bello cent’anni fa, ora è pesantemente antropizzato e pure malamente (capannoni, discoteche, ipermercati, rottamazioni, capannoni industriali).
I Faccoli hanno solo 7 ha alle pendici di una vera zona collinare il Monte Orfano che raggiunge i 450 m slm con pendenze anche molto forti (40-80%) e ha la forma di chiglia rovesciata nel mezzo della pianura al confine  sud est della Franciacorta.



Il versante sud mediamente ripido è zona classica per la vite.
Calcareo (ghiaie cementate da sabbie quarzifere) con rocce affioranti, suolo povero con profondità variabile con presenza di scheletro (terreno molto drenato).
Insomma un postaccio per le viti.
Ma la vite si esalta e tira fuori tutto il minerale che incontra facendo affiorare le ruvidità più che le morbidezze.
I Faccoli poi non guardano il consumatore come un riferimento semidivino da lusingare anzi lo frustano esaltando le freschezze dosando molto poco ed evitando con cura il legno.
Nessuna morbidezza e lunghe prese di spuma.
Il risultato sono il Brut per la massa l’unico ammicamento al gusto imperante, l’ Extrabrut (21 mesi di presa di spuma e 2,5 gr/l di zuccheri), il Dosage zero (48 mesi di presa di spuma e 1,8 gr/l di zuccheri) e il 10 anni (106 mesi di presa di spuma e 2,5 gr/l di zuccheri) per chi vuole farsi male..
Anche i costi sono molto poco Franciacorta (che ormai mediamente costano assai più dello Champagne di piccoli/medi produttori, con lo stesso valore ?).
Mettetene una cassetta da sei in fondo alla cantina, quando fra due o tre anni la ritroverete, mi sà che saranno perfette e vi pentirete di non averne comprate dodici.

Costo in enoteca 18,00 euro
A Torino all’Enoteca Bordo’

Luigi